Tra automobilisti scoppia una lite in strada e, uno di questi, colpisce con l’ombrello l’avversario. Riconosciuta l’aggravante prevista per l’utilizzo di un’arma (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 19 novembre 2020, n. 32525).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente –

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere –

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere –

Dott. ROMANO Michele – Rel. Consigliere –

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere  –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Minutoli Rocco, nato a Messina il 16/11/1942;

avverso la sentenza del 14/10/2019 della Corte di appello di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Michele Romano;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola Filippi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore della parte civile Francesco Micalizzi, avv. Loredana Tulino, in sostituzione dell’avv. Fulvio Sammartano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Messina ha parzialmente riformato la sentenza del 13 novembre 2017 del Tribunale di Messina che ha condannato Rocco Minutoli per il delitto di lesione personale aggravata a danni di Francesco Micalizzi e quest’ultimo per il delitto di minaccia ai danni del primo.

In particolare, secondo la ricostruzione del fatto operata dai due giudici del merito, tra i due sarebbe nato un alterco per motivi inerenti alla circolazione stradale, nel corso del quale il Micalizzi ha minacciato il Minutoli avvalendosi a tal fine di un ombrello, mentre il Minutoli ha utilizzato il proprio ombrello per colpire al volto il Micalizzi, cagionandogli lesioni personali.

In particolare, la Corte di appello ha ridotto la pena inflitta al Minutoli e ha condannato il Micalizzi al risarcimento del danno in favore del Minutoli, per il delitto di minaccia commesso ai danni di quest’ultimo, statuizione che era stata omessa dal Tribunale; infine ha compensato le spese tra le due parti private.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso Rocco Minutoli, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed affidandosi a cinque motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 192 e 530 cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avendo la Corte territoriale affermato che è verosimile che entrambi gli imputati abbiano impugnato i loro ombrelli per scendere dalle rispettive vetture mentre stava piovendo, sebbene nessuno dei testi abbia affermato tale circostanza, negata dallo stesso Minutoli, le cui dichiarazioni, essendosi egli costituito parte civile, hanno il valore di una testimonianza.

In particolare la deposizione del teste Santino Cannavò, che ha escluso che il Minutoli impugnasse un ombrello, è stata del tutto trascurata. Inoltre la Corte di appello ha affermato che il Micalizzi era stato colpito non solo dalla mano nuda del Minutoli, ma anche con un corpo contundente, mentre tale circostanza non emergeva da alcuna prova, atteso che i numerosi testi, tra i quali vi era anche la moglie del Micalizzi, non avevano riferito di aver visto il Minutoli colpire più volte il suo antagonista.

In realtà, il Minutoli era stato aggredito dal Micalizzi che aveva cercato di colpirlo con l’ombrello; il Minutoli aveva utilizzato un braccio per parare il colpo e con l’altro aveva sferrato un pugno al volto del Micalizzi.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 52 cod. pen..

Essendo i fatti avvenuti come sopra descritto, doveva ritenersi applicabile la scriminante della legittima difesa, mentre la Corte di appello ha affermato che questa non operava, non essendo la reazione del Minutoli assolutamente necessaria ed indispensabile per difendersi dall’azione minacciosa del Micalizzi.

In realtà, tutti i testi hanno confermato la dinamica sopra descritta, cosicché è evidente l’operatività della scriminante, essendo il Minutoli stato costretto a reagire per difendere la propria incolumità personale e sussistendo proporzione tra la offesa e la difesa.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 585 cod. pen. e la mancanza di motivazione in ordine al motivo di appello con il quale è stata chiesta l’esclusione dell’aggravante dell’arma.

Non solo non è dimostrato che il Minutoli impugnasse un ombrello, ma quest’oggetto neppure può essere considerato quale oggetto idoneo ad offendere il cui porto sia vietato dalla legge.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 62, n. 2, cod. pen. e vizio di motivazione, per non avere la Corte di appello applicato l’attenuante della provocazione.

Il Minutoli, secondo la Corte territoriale, aveva colpito il Micalizzi perché questo l’aveva minacciato tentando di colpirlo con il proprio ombrello.

2.5. Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 541 cod. proc. pen..

In appello il Minutoli era risultato integralmente vittorioso, essendo stata ridotta la pena a lui inflitta ed avendo ottenuto la condanna del Micalizzi al risarcimento del danno in suo favore e la revoca della provvisoria esecutività della propria condanna al risarcimento del danno in favore del Micalizzi, mentre quest’ultimo aveva visto rigettare integralmente il proprio gravame.

Non ricorrevano, quindi, quei «giusti motivi» che la Corte aveva addotto per giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali; al massimo la Corte di appello avrebbe potuto disporre la compensazione parziale e non integrale delle spese processuali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

2.1. Deve innanzitutto osservarsi, in linea generale, che, poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M, Rv. 274191).

Identiche considerazioni valgono in relazione alla violazione dell’art. 530 cod. proc. pen.. La regola di giudizio compendiata nella formula «al di là di ogni ragionevole dubbio» rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, D’Urso, Rv. 270108).

2.2. Quanto alla lamentata illogicità o contraddittorietà della sentenza, il motivo di ricorso è inammissibile laddove si lamenta che il Tribunale, prima, e la Corte di appello, poi, abbiano trascurato la deposizione di Santino Cannavò, che avrebbe carattere decisivo al fine di escludere che l’odierno ricorrente impugnasse un ombrello. Il ricorrente lamenta, in sostanza, il travisamento per omissione di detta prova.

Deve, allora, osservarsi, in tema di ricorso per cassazione, che sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071).

In particolare, in forza della regola della autosufficienza del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova dichiarativa ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l’effettivo apprezzamento del vizio dedotto (Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. F, n. 32362 del 19/08/2010, Scuto, Rv. 248141; Sez. 1, n. 6112 del 22/01/2009, Bouyahia, Rv. 243225; Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008, Buzi, Rv. 241023).

La condizione della specifica indicazione degli «altri atti del processo», con riferimento ai quali, l’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità, può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. c), e 591 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994; Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta, Rv. 263601).

Nel caso di specie il ricorrente, pur lamentando il travisamento della deposizione del teste Cannavò, ha omesso di adempiere all’onere sopra indicato, non avendo allegato il verbale integrale della deposizione del teste, ma solo una pagina del verbale, o indicato la posizione dell’atto nel fascicolo processuale di merito.

2.3. Il motivo è poi inammissibile anche laddove il ricorrente sostiene che la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria in quanto contrastante con le altre prove assunte, atteso che in tale parti il motivo mira ad ottenere una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede di legittimità.

3. Dalla inammissibilità del primo motivo di ricorso discende la inammissibilità del secondo, che poggia su una ricostruzione del fatto diversa da quella operata dai due giudici del merito. In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).

4. Anche il terzo motivo di ricorso risulta inammissibile.

Quanto alla mancanza di prova che il Minutoli impugnasse l’ombrello, vale quanto si è già sopra esposto.

Quanto all’impossibilità di considerare un ombrello quale «arma» ai sensi dell’art. 585, secondo comma, cod. pen., il motivo è manifestamente infondato.

In tema di lesioni personali volontarie, ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi un manico di scopa ed un ombrello, trattandosi di armi improprie, ai sensi dell’art. 4, secondo comma, legge n. 110 del 1975, per il quale rientra in questa categoria, oltre agli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati, anche qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l’offesa della persona (Sez. 5, n. 27768 del 15/04/2010, Casco, Rv. 247888).

In particolare, per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all’offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacché il porto dell’oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma (Sez. 5, n. 46482 del 20/06/2014, A, Rv. 261017; Sez. 5, n. 49517 del 21/11/2013, R, Rv. 257758).

5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta per la prima volta la violazione dell’art. 62 n. 2 cod. pen., cosicché, trattandosi di motivo nuovo, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., anch’esso non sfugge alla sanzione dell’inammissibilità.

6. Anche l’ultimo motivo del ricorso è manifestamente infondato. Il ricorso del Minutoli era innanzitutto volto ad ottenere la propria assoluzione e quindi l’annullamento della propria condanna al risarcimento del danno in favore del Micalizzi e, in ordine a tale capo, l’odierno ricorrente è risultato soccombente nei confronti del Micalizzi.

Quest’ultimo, tuttavia, è risultato soccombente laddove in secondo grado ha visto rigettare la sua impugnazione ed accogliere la domanda del Minutoli che chiedeva la sua condanna al risarcimento del danno in proprio favore. Sostanzialmente, il Micalizzi ed il Minutoli sono reciprocamente soccombenti, cosicché risulta ampiamente giustificata la scelta della Corte di appello di compensare le spese processuali.

7. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00.

Ai sensi dell’art. 541 cod. proc. pen., il ricorrente, risultato soccombente, deve pure essere condannato alla rifusione in favore di Francesco Micalizzi delle spese processuali, che si liquidano in euro 3000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della parte civile Micalizzi Francesco che liquida in complessivi euro 3000,00 oltre accessori di legge.

Così deciso il 19/10/2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.