Trova dei documenti smarriti e non li restituisce: accusato di furto (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 29 novembre 2021, n. 43887).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IMPERIALI Luciano – Presidente –

Dott. SARACO Antonio – Rel. Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere –

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) FABRIZIO nato a ROMA il 22/05/19xx;

avverso la sentenza dell’11/11/2019 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio SARACO;

sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Felicetta MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

sentito l’Avvocato EUGENIO MARIA (OMISSIS) che, nell’interesse di (OMISSIS), ha illustrato i motivo di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) Fabrizio impugna la sentenza in data 11/11/2019 della Corte di appello di Roma che ha confermato la sentenza in data 01/03/2019 del Tribunale di Roma, che lo aveva condannato -per quel che qui interessa- per il reato di ricettazione.

Deduce:

1.1. “Violazione degli artt. 648 e 2, cod.pen. in relazione alla ricettazione della carta d’identità, della patente di guida e della tessera sanitaria di (OMISSIS) Francesca; documenti denunciati smarriti e dunque non provenienti da delitto a seguito dell’abrogazione dell’art. 647, cod.pen.”.

Con il primo motivo si sostiene che l’abrogazione dell’art. 647, cod.pen., rendeva impossibile qualificare i documenti indicati nell’intitolazione come provenienti da delitto, con la conseguente mancanza di un elemento-costitutivo del reato di ricettazione.

Il ricorrente precisa che la condotta appropriativa si era realizzata nel 2019, quando il delitto di appropriazione di cose smarrite era stato abrogato da tempo, così che risultava inconferente il principio di diritto richiamato dalla Corte di appello, relativo alla abrogazione medio tempore, di un elemento esterno alla fattispecie delittuosa.

1.2. Si sostiene, inoltre, che l’errore di diritto in cui è incorso il giudice si è riverberato sulla configurabilità dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, comma secondo, cod.pen., motivato principalmente proprio sulla pluralità dei documenti ricettati, «essendo invece gli ulteriori richiami “soggettivi” alla sottoposizione a misura di prevenzione e alla personalità dell’imputato secondari […]».

1.3. Si denuncia, ancora, l’apoditticità della motivazione con cui la Corte di appello ha escluso l’attenuante di cui all’art. 62, n.4, cod.pen. in ragione della indeterminabilità del valore dei documenti, così affermando un principio in contrasto con l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Rv. 236914).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Va premesso che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il delitto presupposto alla ricettazione in giudizio è il furto e non l’appropriazione di cose smarrite, dovendosi ribadire il principio di diritto secondo cui «nell’ipotesi di smarrimento di cose che, come gli assegni, le carte di credito o le carte postepay, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne impossessa senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e che l’ulteriore circolazione del bene mediante il trasferimento a terzi comporta l’integrazione del reato di ricettazione da parte dei successivi possessori» (Sez. 2 – , Sentenza n. 4132 del 18/10/2019, Slavov, Rv. 278225 – 01).

Il principio -pur affermato per assegni, carte di credito e carte bancomat, ben si attaglia al caso concreto, discriminandosi il furto dall’appropriazione di cose smarrite sulla base della identificabilità del proprietario e/o del titolare della cosa mobile.

Infatti, quando quest’ultimo sia ben identificato, il ritrovatore -ai sensi dell’art. 627, cod.civ.- ha l’obbligo di restituirlo al proprietario che -proprio in ragione della sua certa identificabilità- conserva il pieno dominio sulla cosa mobile; dominio che viene meno solo in ragione della mancata restituzione, che viene ad atteggiarsi alla stregua di uno spossessamento e, dunque, di un furto consapevole.

Difatti, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art.647 cod. pen. è richiesta la sussistenza di tre presupposti: che la cosa rinvenuta sia uscita dalla sfera di sorveglianza del detentore; che sia impossibile per il legittimo detentore ricostruire sulla cosa il primitivo potere di fatto per ignoranza del luogo ove la stessa si trovi; che siano assenti segni esteriori pubblicitari tali da consentire di identificare il legittimo possessore (Sez. 5, n. 11860 del 22/09/1998, Rv. 211920).

E nel caso in esame invece i segni esteriori del bene erano certi ed evidenti, tali da attestare nei confronti di chiunque la sua appartenenza ad un preciso legittimo titolare.

Da ciò discende che del tutto correttamente l’imputazione indica quale reato presupposto il furto ovvero la ricettazione, atteso che il possesso della cosa consapevolmente altrui si spiega soltanto con il furto o con la ricezione da parte del ladro o da precedente ricettatore.

Il motivo è, dunque, infondato e va rigettato.

1.2. Si mostrano del pari infondati i motivi esposti con riguardo all’ipotesi di cui all’art. 648, comma secondo, cod.pen. e all’art. 62, n. 4, cod.pen., alla luce di un unico, comune, principio di diritto, in forza del quale «Nel caso di ricettazione avente ad oggetto moduli in bianco relativi a carte di identità, non è configurabile la circostanza attenuante di cui all’art. 648 cod. pen., nè quella di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen., poiché il valore da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità», (Sez. 2 – , Sentenza n. 14895 del 18/12/2019 Ud., dep. 13/05/2020, Mahmoud, Rv. 279194 – 01).

Il principio è ulteriormente specificato sia con riguardo all’ipotesi di cui all’art. 648, comma secondo, cod.pen., in relazione al quale si è affermato che «non è configurabile la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità con riferimento al delitto di ricettazione avente ad oggetto assegni in bianco e documenti, poiché il valore da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità», (Sez. 2, Sentenza n. 24075 del 04/02/2015, Dimanna, Rv. 264115 – 01″); sia con riguardo all’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod.pen., al cui proposito si è affermato che «la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità non è applicabile in caso di ricettazione di patente di guida, poiché in tale ipotesi il valore da tener presente per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, certamente non determinabile o comunque di non speciale tenuità, del documento che lo stampato ha consentito di formare» (Sez. 2, Sentenza n. 39825 del 22/05/2009, Di Popolo, Rv. 245235 – 01).

3. Quanto esposto comporta il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 15/10/2021.

Depositato in Cancelleria, addì 29 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.