Uccide pedone sulle strisce: l’abbagliamento provocato da un altro veicolo non è sempre una giustificazione (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 8 novembre 2022, n. 42019).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente –

Dott. NARDIN Maura – Consigliere –

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) MARIA ELISA nata a CASERTA il 09/10/19xx;

avverso la sentenza del 27/10/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FABIO ANTEZZA;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa SABRINA PASSAFIUME, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni della difesa dell’imputato che ha insistito nell’accoglimento delle doglianze.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Napoli, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Caserta nei confronti di Maria Elisa (OMISSIS) per il reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen.

Nel dettaglio l’imputata è stata ritenuta responsabile dell’omicidio di Angelina (OMISSIS) per colpa non solo generica ma anche specifica, consistita nella violazione degli artt. 140 e 141 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (c.d. «cod. strada»).

E’ stato difatti ritenuto accertato che Maria Elisa (OMISSIS), alla guida di una vettura, nel percorrere in orario serale un tratto rettilineo di una strada statale fiancheggiata da abitazioni e caratterizzata da attraversamenti pedonali e segnalazioni di pericolo per il possibile attraversamento di bambini, in condizioni di visibilità non ottimale ma sufficiente ha investito (causandone la morte) la persona offesa intenta ad attraversare la carreggiata, da sinistra verso destra rispetto al senso di marcia della vettura e previo utilizzo delle apposite strisce.

2. Avverso la sentenza d’appello l’imputata, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolando quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.)

2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione di legge per aver la Corte territoriale argomentato la responsabilità dell’imputata senza un giudizio in merito all’evitabilità dell’evento nel caso di condotta alternativa lecita, con conseguente mancato giudizio in ordine all’accertamento della c.d. «causalità della colpa».

2.2. Con gli altri tre motivi di ricorso si deducono vizi motivazionali, anche in termini di travisamento della prova.

Il giudice di merito, in particolare, nel ritenere la condotta di guida dell’imputata non adeguata alle condizioni spazio-temporali ed alla presenza dell’attraversamento pedonale, non si sarebbe confrontato con la velocità accertata dal consulente della difesa, indicata in 58,22 km/h con riferimento a tratto di strada con limite di 60 km/h (sempre indicato dal consulente), oltre che con le deduzioni del tecnico per le quali l’impatto sarebbe avvenuto a distanza di circa dodici metri dalla strisce pedonali, comunque risultate usurate.

Da ciò sarebbe altresì derivata, quale conseguenza, l’omessa considerazione dell’incidenza della condotta colposa della persona offesa nella seriazione causale dell’evento.

Il travisamento, sempre in termini di omesso confronto con dati probatori, si sarebbe sostanziato anche con riferimento alla scarsa illuminazione pubblica presente in zona, a causa del non funzionamento di alcuni lampioni, come evidenziata da alcuni testimoni ed emergente da atti acquisiti al processo, ed in merito alla circostanza, riferita dalla stessa (OMISSIS), dell’abbagliamento subito dall’imputata ad opera di una vettura procedente nel senso opposto di marcia. Causa, quest’ultimo, dell’investimento della persona offesa.

3. Hanno depositato conclusioni, ex art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, la Procura generale della Repubblica presso la Suprema Corte, in persona del Sostituto procuratore, Dott.ssa Sabrina Passafiume, nel senso dell’inammissibilità dei motivi di ricorso, e la difesa dell’imputata che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, i cui quattro motivi sono suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle relative questioni, è inammissibile, anche al netto del reiterato tentativo della ricorrente di sostituire proprie valutazioni di merito, finanche di natura probatoria, a quelle del giudicante.

2. In linea generale, va ricordato che, in caso, come quello di specie, di doppia sentenza conforme, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice e operando frequenti riferimenti ai passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; Sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993, del. 1994, Rv. 197250).

Ciò a maggior ragione allorché i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi ma, come nella specie, si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella decisione impugnata (Sez. 3 n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; per l’operatività del principio si vedano altresì, tra le recenti ex plurimis: Sez. 4, n. 13218 del 24/03/2022, Cerbai, in motivazione, e Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, in motivazione).

3. Orbene, le censure non colgono il fondamento dell’accertata responsabilità dell’imputata da parte dei giudici di merito.

Esso è stato difatti ravvisato nel non aver accordato al pedone attraversante sulle apposite strisce, come dichiarato in dibattimento da un testimone oculare, la dovuta precedenza, a cagione di una condotta di guida caratterizzata da una velocità, indicata dallo stesso consulente della difesa in 58,22 km/h (ai limiti di quella consentita), non consona alle condizioni della circolazione che, come detto, imponeva di arrestarsi e concedere la precedenza. Condotta che, se attuata nel rispetto della sottostante regola cautelare, avrebbe evitato l’evento.

Si è trattato peraltro, come evidenziato dal giudice di merito, di percorrenza, in ora serale, di una strada rettilinea con illuminazione non perfettamente efficiente in tutti i tratti, costeggiata da abitazioni e caratterizzata da attraversamenti pedonali, compreso quello utilizzato da Angelina (OMISSIS), composto da strisce visibili ancorché usurate. Circostanze che avrebbero quindi dovuto esortare la conducente ad una maggiore cautela.

La condotta di guida di Maria Elisa (OMISSIS) è stata infine ritenuta non influenzata da abbagliamento ad opera di altra vettura, escluso dal conducente di quest’ultima e solo dichiarato dall’imputata.

3.1. Ne consegue l’inammissibilità delle censure non essendosi la ricorrente confrontata con la ratio decidendi sottesa all’accertata responsabilità.

Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), difatti, la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata, avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza attraverso la presentazione di motivi i quali, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.

Ne consegue che, se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.

3.2. Se rapportato all’apparato motivazionale di cui innanzi, poi, si mostra inconferente il profilo inerente al mancato superamento del limite di velocità.

Deve difatti ribadirsi che il rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell’evento, come nella specie, sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall’art. 141 cod. strada (ex plurimis, Sez. 4, n. 7093 del 27/01/2021, Di Liberto, Rv. 280549, che ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo, ai danni di un pedone, del conducente che, pur viaggiando a velocità moderata, aveva omesso, attese le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo).

3.3. Parimenti inconferente si mostra altresì l’evocato principio sancito dalla Suprema Corte con riferimento alla peculiare ipotesi dell’abbagliamento (come detto, comunque escluso in fatto dal giudice di merito), in ragione dell’accertata condotta di guida pericolosa tenuta dall’imputata.

La stessa Sez. 4, n. 3240 del 12/12/1990, dep. 1991, Chiappello, Rv. 186733, richiamata dalla ricorrente ha difatti chiarito che l’abbagliamento da parte di un veicolo incrociante può discriminare la condotta del conducente che, in conseguenza di quella circostanza, abbia determinato l’incidente, soltanto quando questi abbia proceduto con una condotta di guida che non costituisca pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose e allorché l’abbagliamento si sia verificato in modo del tutto imprevisto ed imprevedibile.

Il conducente di un veicolo che venga abbagliato dai fari di un altro veicolo procedente in senso inverso è, pertanto, tenuto a rallentare la velocità al massimo e, occorrendo, anche a fermarsi al fine di evitare l’insorgenza di una situazione di pericolo e, ove non adotti tali cautele risponde delle conseguenti lesioni personali e dell’omicidio conseguenti ad un investimento della persona offesa, la cui eventuale colpa concorrente non esclude la responsabilità del guidatore (da intendersi, lo si ribadisce in questa sede, quale soggetto deputato a governare il relativo rischio).

4. In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 29 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il giorno 8 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.