Ultrà Atalanta, venti arresti Spaccio e rapine: c’è anche il figlio di un magistrato.

Cento poliziotti in azione all’alba a Bergamo. Filmato il consumo di cocaina vicino allo stadio, prima delle partite e degli scontri, compresi quelli contro l’Inter. Spedizioni punitive per recuperare crediti sugli stupefacenti.

Rapine, tentativi di estorsione, una spedizione punitiva per il recupero crediti. Ma anche spaccio e consumo di cocaina a fiumi prima delle partite o degli scontri, il tutto ripreso dalle microtelecamere piazzate dagli investigatori.

C’è anche questo, e non solo tifo organizzato, nel mondo degli ultrà dell’Atalanta, secondo un’ampia inchiesta della procura e della squadra mobile di Bergamo, con il supporto del Servizio Centrale Operativo della polizia di Stato.

Un centinaio di poliziotti stanno eseguendo fin dall’alba, nella città e nella provincia della squadra rivelazione del campionato, le misure cautelari firmate dal giudice delle indagini preliminari: 11 persone sono destinate al carcere, 9 ad altri provvedimenti, tra arresti domiciliari e obblighi di firma.

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Tra gli indagati destinati all’arresto ci sono anche il figlio di un pubblico ministero e anche un paio di ultrà atalantini già noti per più vicende legate alla detenzione e allo spaccio di stupefacenti.

La modalità di azione, con il consumo di droga nei pressi dello stadio seguito dalle violenze, è stato accertato anche prima degli scontri avvenuti, nel gennaio 2016, in centro a Bergamo, dopo la partita contro l’Inter.

L’operazione, chiamata «Mai una gioia», prende il nome dallo slang e dal linguaggio in codice tipico usato dagli arrestati, i quali erano soliti ripetere come un mantra la frase, riportata anche in uno striscione in Curva nord.

I dettagli dell’inchiesta saranno resi pubblici in una conferenza stampa in questura fissata per le 11, con il procuratore della Repubblica Walter Mapelli, il sostituto Gianluigi Dettori, il questore Girolamo Fabiano e i dirigenti dello Sco.

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