Un ragazzo infastidisce le persone che passavano davanti la parrocchia. Il prete lo invita ad allontanarsi e per tutta risposta viene aggredito con calci e pugni. Condanna e carcere per il bullo.

(Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 maggio 2017, n. 21142)

…, omissis …

Ritenuto in fatto e diritto

1.Con sentenza in data 23.9.2015 la Corte di Appello di Roma, Sezione per i minorenni confermava la sentenza del locale Tribunale per i Minorenni del 10.4.2014 con la quale G. H. era stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt.582 e 61 nn. 1 e 10, 582 c.p. perché aggrediva R. S., che lo aveva invitato ad allontanarsi dal giardino antistante i locali della parrocchia, in quanto insieme ad altri ragazzi infastidiva i passanti, colpendolo con calci e pugni, cagionando al predetto, ministro del culto cattolico, una lesione personale guaribile in 4 giorni, per futili motivi.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando:

  • con il primo motivo, la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con specifico riferimento al mancato accoglimento dei motivi di appello relativi alla ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 530 co. 2 c.p.p. non potendo l’incerto riconoscimento effettuato dalla p.o., mediante la sottoposizione di foto ricavate dal noto social network Facebook, costituire valido elemento per la riferibilità della condotta all’imputato;
  • con il secondo motivo, l’erronea applicazione dell’art. 61 nr. 1 c.p., con la conseguente esclusione dell’applicazione del regime sanzionatorio di cui agli artt. 52 e ss. del D.Lgs. 274/2000, atteso che la ritenuta sproporzione tra la reazione dell’autore dell’aggressione e le motivazioni che ne sarebbero alla base (invito avanzato del sacerdote di allontanarsi) viene fondata sulle dichiarazioni della parte offesa e su quelle rese dallo stesso imputato dichiarazioni queste ultime che, tuttavia, sono diametralmente opposte; inoltre, è emerso dagli atti del processo come l’imputato si trovasse insieme ad un gruppo di sei o sette persone rimaste ignote e come probabilmente, in ragione della minore età e del non completo sviluppo della personalità dello stesso, tale contesto possa avere svolto un ruolo importante nella determinazione del minore di addivenire all’alterco, senza che ciò sia stato, tuttavia, considerato dai giudici di merito;
  • con il terzo motivo, l’erronea applicazione della legge penale ex art. 606, primo comma, lett. b) c.p.p., in ordine al mancato accoglimento della domanda di appello, nel punto in cui si chiedeva la concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p..; invero, la personalità dell’imputato non può certo desumersi dalle dichiarazioni rese dal teste S., che ha parlato di precedenti episodi di danneggiamento, laddove non vi è certezza che questi fossero ascrivibili all’odierno imputato, circostanza questa comprovata dalla confermata assenza di precedenti denunce avanzate nei confronti dell’imputato;
  • con il quarto motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. e) c.p.p., in ordine al mancato accoglimento della domanda di appello inerente la concessione del perdono giudiziale, atteso che data per assodata la ricorrenza dei requisiti oggettivi, costituiti dalle pene edittali indicate dalla norma per poter fruire del beneficio, la sussistenza di alcuni procedimenti avviati nei confronti dell’imputato, di cui nessuno passato in giudicato, non può far propendere necessariamente verso il diniego del beneficio richiesto;
  • con il quinto motivo l’erronea applicazione di legge penale ex art. 606, primo comma, lett. b) c.p.p., in ordine al mancato accoglimento della domanda di appello nel punto in cui si chiedeva la concessione della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria o con la libertà controllata; invero, non risulta conforme al disposto di cui all’art. 30 D.P.R. nr. 448/88 la valutazione con la quale la concessione della sostituzione richiesta è subordinata al giudizio prognostico positivo di efficacia della sanzione sostitutiva.

3. Il ricorso è inammissibile siccome in più punti generico e, comunque, manifestamente infondato.

3.1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla valenza del riconoscimento dell’imputato da parte della p.o., si presenta manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale messo in risalto come l’individuazione dell’H. in base alle fotografie allegate al verbale del dibattimento, sottoposte al teste con le opportune cautele, è stata accompagnata dalla precisazione che si trattava di un ragazzo che il sacerdote conosceva di persona, pur non sapendo delle generalità, poiché frequentava la parrocchia dove egli esercitava il suo ministero ed aveva in passato tenuto comportamenti problematici, per questo motivo già oggetto di informale segnalazione ai Carabinieri.

Inoltre, ad avviso della Corte territoriale le dichiarazioni della persona offesa sono state riscontrate dalla testimonianza resa in dibattimento da S. M. che, pur non avendo assistito al fatto, era intervenuto subito in aiuto del viceparroco ed era stato proprio questi a dirgli che si trattava del ragazzo in questione, consentendogli di identificarlo e di recuperare, li in parrocchia le foto, poi mostrate alla persona offesa e allegate agli atti; inoltre, l’imputato, sebbene con una versione dei fatti diversa, ha ammesso pienamente di aver avuto un alterco con la p.o..

Sul punto, è sufficiente evidenziare come il riconoscimento fotografico è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all’art. 189 cod. proc. pen., e pienamente utilizzabile, ferma restando la facoltà del giudice di apprezzarne le risultanze con i medesimi parametri della prova dichiarativa, costituendo un tutt’uno l’attività di descrizione delle caratteristiche del soggetto e quella del riconoscimento sulla base delle indicazioni fornite.

L’individuazione di un soggetto, sia personale che fotografica, è infatti una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, una specie del più generale concetto di dichiarazione; pertanto, la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 4, n. 1867 del 21/02/2013).

La chiara ritenuta attendibilità della versione dei fatti resa dalla p.o. corroborata anche dalle dichiarazioni del teste S. rende all’evidenza pienamente utilizzabile il riconoscimento dal medesimo effettuato del suo aggressore.

3.2. Generico e, comunque, manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso in merito all’aggravante di cui all’art. 61 n. 1 c.p., atteso che la Corte territoriale sulla base del giudizio di attendibilità della p.o. che, come accennato, non merita censura ha ritenuto senza incorrere in vizi la ricorrenza nella fattispecie in esame dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 1 c.p., essendosi l’imputato determinato ad aggredire la p.o. per un futile motivo, ossia a seguito dell’invito del sacerdote ad allontanarsi dal giardino antistante i locali della parrocchia poiché infastidiva i passanti.

Sul punto più volte questa Corte ha evidenziato come la circostanza aggravante dei futili motivi sussiste, come nella fattispecie, ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa e da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento (Sez. 5, n. 41052 del 19/06/2014).

3.3. Manifestamente infondato si presenta, altresì, il terzo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale con motivazione convincente esplicitato le ragioni del diniego ascrivibili alla gravità dei fatti e alla personalità dell’imputato.

Peraltro, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Cassazione penale, sez. III, 27/01/2012, n. 19639).

3.4. Manifestamente infondato si presenta altresì il quarto motivo di ricorso relativo alla mancata concessione del perdono giudiziale.

Ed invero, la Corte territoriale ha dato ampiamente conto delle ragioni della mancata concessione del perdono giudiziale, rinvenibili nel fatto che tale concessione postula l’occasionalità del comportamento criminoso posto in essere e la formulazione di una prognosi favorevole circa la futura astensione dell’imputato dalla commissione di altri reati, entrambe da escludere con riguardo alle risultanze dei certificati dei carichi pendenti acquisiti, dai quali risulta che egli è gravato da altri procedimenti, per i reati di cui all’art. 648 c.p.p., art. 612 c.p. e all’art. 73 D.P.R. n.309/90, in relazione a fatti in parte accaduti anche successivamente al reato ascritto nel presente procedimento.

Sul punto, è sufficiente rilevare come il riconoscimento del beneficio del perdono giudiziale non costituisce oggetto di un diritto dell’imputato connesso a determinati presupposti, ma è rimesso – al pari della sospensione condizionale della pena – al potere discrezionale del giudice, il quale ha l’unico obbligo di indicare adeguatamente le ragioni della propria scelta evidenziando, in considerazione della “ratio” e della finalità dell’istituto, anche uno solo dei criteri indicati dall’art. 133 cod. pen. od altri elementi di rilievo, ai fini del giudizio valutativo dell’effetto positivo che in concreto può derivare dal beneficio prescelto.

Ne deriva la legittimità della decisione con cui il giudice di merito, contestualmente al diniego del perdono giudiziale, conceda la sospensione condizionale della pena motivando congruamente in ordine alla preferenza accordata a quest’ultimo meno favorevole beneficio (Sez. 5, n. 573 del 30/09/2013).

3.5. Neppure merita censura la valutazione effettuata dalla Corte territoriale secondo cui la sostituzione della pena detentiva da infliggersi ai sensi dell’ art. 30 D.P.R. 448/98 prescinde da ogni automatismo, essendo rimessa alla discrezionalità del giudice la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva tenendo conto dei criteri previsti per la determinazione della pena e nella fattispecie, dalle circostanze e modalità del fatto sopra descritte e dalla personalità dell’imputato, dallo stesso comportamento processuale dell’imputato, che non ha mostrato resipiscenza alcuna, anzi ha negato ogni responsabilità ed accusato ingiustamente la persona offesa, e neppure ha ritenuto di partecipare al dibattimento, non è possibile inferire alcun elemento a conforto dell’ adeguatezza al caso di specie di una pena pecuniaria o di altra sanzione sostitutiva della pena detentiva inflitta.

Con tale valutazione la Corte ha fatto corretta applicazione del principio, secondo cui la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen. ( Sez. 2, n. 28707 del 03/04/2013).

Tuttavia, ciò non implica che egli debba prendere in esame tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l’inefficacia della sanzione (Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011) o perchè i precedenti penali rendono il reo immeritevole del beneficio, senza dovere addurre ulteriori e più analitiche ragioni (Sez. 2, n. 28707 del 03/04/2013).

4. Il ricorso va, dunque dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.