Una politica di assunzioni di tipo clientelare non integra quei gravi indizi di un accordo corruttivo che autorizzano la custodia in carcere.

(Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 22 settembre 2016, n. 39462)

La Suprema corte ha precisato che ai fini dell’accertamento del reato di «corruzione propria», anche nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, «è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio è stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione» (n. 5017/2011).

E che «deve escludersi l’esistenza di un accordo corruttivo quando l’atto contrario ai doveri di ufficio sia stato oggetto solo di una promessa indeterminata da parte del pubblico ufficiale, senza certezza di prestazioni corrispettive tra le parti» (3522/2011).

Dunque, la giurisprudenza esprime l’esigenza che la prova dell’accordo illecito, «quale fatto tipico costituente il reato di corruzione propria», sia raggiunta in termini di certezza al di là del ragionevole dubbio.

Riguardo alla «corruzione elettorale», i giudici di legittimità hanno chiarito che le attività illecite costituite dalla promessa, dalla offerta o dalla dazione di denaro o altra utilità, «devono necessariamente svolgersi a ridosso dell’elezione», in quanto «impongono la definizione di un ambito temporale entro il quale si configura l’aggressione alla libertà di scelta elettorale, ambito che va ragionevolmente contenuto tra la data in cui risulti comunque proposta la candidatura e quella dell’elezione».

E, in linea con queste indicazioni, la decisione ha ritenuto che anche tale reato richieda un preciso «patto con il candidato». Del resto «la necessità del pactum sceleris finalizzato a una specifica e prossima espressione di voto» emerge dal testo dell’articolo 86 del Dpr 570/1960.

Di conseguenza, conclude la Corte, una volta esclusa l’esistenza di un accordo illecito «funzionale allo scambio tra utilità corrisposte dai candidati o dai loro sponsor e sostegno offerto loro nella specifica campagna elettorale del 2009, correttamente è stata ritenuto non configurabile il delitto di corruzione elettorale».

Allo stesso modo, una volta esclusa la sussistenza «di un accordo di scambio tra gli atti amministrativi relativi all’assunzione dell’imputato nella società di servizi e alla sua preposizione all’incarico di responsabile di settore e la dazione o la promessa di specifiche utilità da parte di questo in favore dei pubblici amministratori, correttamente è stato ritenuto non configurabile il delitto di cui agli artt. 319 e 321 cod. pen.».

Sentenza