Vacanze rovinate da aerei in ritardo e albergo insoddisfacente: la domanda per il risarcimento si prescrive in tre anni (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 20 febbraio 2023, n. 5271).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna –  Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.29621/2019 R.G. proposto da:

(OMISSIS) ANNA, (OMISSIS) GIACOMO, domiciliati ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) Francesco e (OMISSIS) Francesca;

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) Viaggi (OMISSIS) Srl in persona dell’Amministratore Delegato, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Matteo, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) Cristina;

-controricorrente-

avverso SENTENZA di TRIBUNALE NAPOLI n. 2297/2019 depositata il 28/02/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/10/2022 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA PELLECCHIA.

FATTI DI CAUSA

1. I sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) proposero azione risarcitoria nei confronti (OMISSIS) SRL (OMISSIS) per danni da cd. vacanza rovinata (disservizi nel trasporto e nella sistemazione alberghiera).

Il GDP accolse la domanda, la quale fu, invece, respinta dal Tribunale di Napoli, in accoglimento dell’appello della convenuta società.

In particolare, il giudice ritenne che alla fattispecie andasse applicato l’art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 79 del 2011 (all’epoca vigente) secondo cui “Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in un anno dal rientro del turista dal luogo di partenza”, disattendendo la tesi delle vittime secondo cui, invece, doveva essere applicato l’art. 44 del medesimo decreto, secondo cui “Il danno derivante alla persona dall’inadempimento o dall’inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico” si prescrive in tre anni.

Sicché, essendo terminato il viaggio il 20 agosto 2012 e notificato l’atto di citazione il 4 febbraio 2014, il diritto era prescritto.

A sostegno della decisione il giudice ha spiegato che siffatta interpretazione sarebbe “confermata, a livello sistematico, dalla nuova formulazione della norma citata la quale espressamente prevede per il danno alla persona l’applicazione del termine di prescrizione ordinariamente applicabile, con evidente riferimento ai danni fisici”.

2. Propongono ricorso per cassazione la (OMISSIS) ed il (OMISSIS) attraverso quattro motivi.

Tutte le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1. Il primo motivo – che sostiene la nullità della sentenza impugnata per mancata indicazione nella intestazione di una delle parti (Giacomo (OMISSIS)) – è infondato in ragione del principio secondo cui “L’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce” (tra le varie Cass. n. 19437/2019).

Nella specie, la mancata indicazione del nome del (OMISSIS) nell’intestazione della sentenza deve essere considerata mero errore materiale, posto che nella motivazione e, per ben due volte, nel dispositivo della stessa è fatto riferimento agli “appellati”.

3.2. Il secondo motivo – che lamenta la violazione degli artt. 47, 44 e 45 del d.lgs. n. 79 del 2011 (in relazione alla affermata prescrizione del diritto azionato, concernente i danni non patrimoniali subiti dalle vittime) – è fondato.

Evidentemente, il giudice dell’appello sembra non aver voluto attribuire rilevanza al radicale e consolidato mutamento di prospettiva compiuto dalla giurisprudenza (in circa due decenni) in tema di danno non patrimoniale, individuato come ampia ed onnicomprensiva categoria concernente qualsiasi ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica.

In particolare, la lesione dei diritti inviolabili della persona, di cui all’art. 2 Cost., è stata ascritta ai “casi previsti dalla legge”, che, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., consentono il risarcimento dei danni non patrimoniali.

Più precisamente, sia la previsione, nell’art. 2 Cost., della “garanzia” dei diritti inviolabili della persona, sia il senso stesso dell’inviolabilità, proiettata nei rapporti orizzontali, sono stati ritenuti idonei a recepire implicitamente il rinvio di cui all’art. 2059 cod. civ.

Ai diritti inviolabili della persona non può negarsi la tutela civile offerta dal risarcimento dei danni non patrimoniali che assicura una protezione basilare, riconoscibile a tutti e idonea a svolgere una funzione solidaristico – satisfattiva, talora integrata – in presenza di una particolare gravità soggettiva dell’illecito e relativamente alla componente del danno morale – anche da una funzione individual-deterrente (in tal senso cfr. Corte cost. n. 205 del 2022).

Il citato diritto vivente ha poi conseguito l’avallo della Corte costituzionale che, a fronte della tutela assicurata in via ermeneutica agli “interessi di rango costituzionale inerenti alla persona” (sentenza n. 233 del 2003), ha giudicato come non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2059 cod. civ., sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.

Nella motivazione la Corte ha riconosciuto alle sentenze della Cassazione (e specificamente alle pronunce n. 8828 e n. 8827 del 2003) l’indubbio pregio di aver ricondotto a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della tutela risarcitoria del danno alla persona, in virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., tesa a ricomprendere nell’astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona, incluso il danno biologico.

Per altro verso, già da tempo la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto, in tema, la risarcibilità del danno non patrimoniale, individuandone il fondamento “non nella generale previsione dell’ art. 2 Cost., ma proprio nella cosiddetta vacanza rovinata (come legislativamente disciplinata)” (Cass. 4 marzo 2010, n. 5189 ).

Anche Cass. 20 marzo 2012, n. 4372 , ha cassato una decisione che lo aveva negato, affermando che la risarcibilità di tale danno “è prevista dalla legge, oltre che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea”.

In effetti, la legislazione di settore concernente i “pacchetti turistici”, emanata in attuazione della normativa comunitaria di tutela del consumatore, nell’ambito dell’obiettivo dell’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri della Comunità Europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia CE, ha reso rilevante l’interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato, come occasione di piacere o riposo, prevedendo il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali (disagio psicofisico che si accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata) subiti per effetto dell’inadempimento contrattuale.

La Corte di Giustizia, già nel 2002 (sentenza 12 marzo 2002, n. 168), pronunciandosi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 5 della direttiva n. 90/314/CEE, ha affermato che il suddetto articolo “deve essere interpretato nel senso che in linea di principio il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso”, mettendo in evidenza che nel settore dei viaggi turistici si segnalano spesso “danni diversi da quelli corporali”, “al di là dell’indennizzo delle sofferenze fisiche” e che “tutti gli ordinamenti giuridici moderni (riconoscono).. un’importanza sempre maggiore alle vacanze”.

Alla luce di tale pronuncia, la dottrina e la giurisprudenza di merito, hanno letto le espressioni generiche contenute nel D.Lgs. n. 111 del 1995 (artt. 13 e 14) come comprensive anche del danno non patrimoniale.

Poi, in una visione d’insieme, il Codice del turismo (D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79, emanato in attuazione della direttiva 2008/122/CE), applicabile nella specie, prevede espressamente (art. 47) il danno da vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico.

In particolare, si prevede che, qualora l’inadempimento “non sia di scarsa importanza ai sensi dell’ art. 1455 c.c., il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.

Alla luce di quanto premesso, è manifestamente errata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “il termine danno alla persona deve, evidentemente, essere riferito ai soli danni fisici e non anche a quelli morali sia perché è tale l’accezione tecnica del termine e sia perché, altrimenti, la distinzione non avrebbe senso.

In tema di cd. vacanza rovinata, infatti, è chiaro che si verte sempre di danni cd. morali in quanto quelli patrimoniali sono risarcibili a prescindere e già oggetto di normative speciali”.

Al contrario, la disposizione di cui all’art. 44 d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (Applicabile alla fattispecie in esame e che fissa in tre anni il termine prescrizionale per “il danno derivante alla persona dall’inadempimento o dall’inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico”) deve essere interpretata nel senso che tra i danni alla persona sono compresi quelli di carattere non patrimoniale, di cui all’art. 2059 c.c., come categoria ampia ed unitaria concernente la lesione di interessi inerenti la persona.

Sul punto, dunque, la sentenza deve essere cassata ed il giudice del rinvio riesaminerà la vicenda processuale attenendosi all’enunciato principio di diritto.

3.3. Il terzo motivo censura la sentenza per non avere provveduto in ordine alla domanda di danno subito a causa di ritardo aereo.

Sostengono i ricorrenti (ed offrono adeguata documentazione a riguardo): che la menzionata domanda era stata specificamente formulata ed accolta in primo grado, con il riconoscimento di apposito risarcimento; che l’appello della società avversaria aveva coinvolto anche questo punto della prima sentenza; che gli stessi ricorrenti avevano puntualmente replicato in tema di ritardo aereo.

Ciononostante – sostengono i ricorrenti – il giudice d’appello ha omesso di provvedere in merito a questa autonoma ed indipendente domanda, benché l’art. 44 del d.lgs. n. 79 del 2011 richiami espressamente l’art. 2951 c.c.

Anche questo motivo deve essere accolto, siccome la domanda di risarcimento del danno da ritardo aereo si identificava come del tutto autonoma rispetto all’altra e diversamente disciplinata quanto ai termini prescrizionali.

Anche sul punto la sentenza – che in ordine a tale domanda non ha affatto provveduto – deve essere cassata ed il giudice del rinvio provvederà in relazione ad essa.

3.4. Il quarto motivo, proposto in subordine rispetto al terzo, resta assorbito dall’accoglimento di quest’ultimo.

4. Pertanto la Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie i motivi secondo e terzo, dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata, come in motivazione, e rinvia al Tribunale di Napoli nella persona di diverso magistrato. Il giudice del rinvio provvederà anche in odine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie i motivi secondo e terzo, dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli nella persona di diverso magistrato, anche perché provveda in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, della Corte di cassazione in data 21 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.