Vendita di autovettura usata e clausola contrattuale: la garanzia per vizi si applica anche in caso di vendita di auto usate (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 24 marzo 2022, n. 9588).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21732-2015 proposto da:

(OMISSIS) UWE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS), 29, presso lo studio dell’avvocato GIULIO (OMISSIS) (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato REINHARD (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) AUTOMOBILI SRL in persona del Legale rapp.te pro-tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2550/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) GIULIO con delega scritta che si riporta agli scritti difensivi depositati e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MAURO VITIELLO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale rigettò la domanda di Uwe (OMISSIS), il quale, lamentando l’esistenza di vizi dell’autovettura acquistata usata dalla s.r.l. (OMISSIS)automobili, aveva chiesto condannarsi la convenuta a risarcire il danno.

La Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettò l’impugnazione avanzata dall’attore, sulla base della seguente “ratio decidendi“:

– per l’autovettura, di pregio (Porsche 911), ma immatricolata da diciassette anni, e che, comunque, aveva percorso solo 70.000 Km, era stato pagato il «conveniente» pezzo di 25.000 euro;

– il compratore aveva fatto previamente esaminare il veicolo da un meccanico di fiducia e assoggetto lo stesso a prolungata prova su strada, ulteriormente sviluppatasi per trasferire il mezzo dal luogo di acquisto (Truccazzano) in Germania (Fraureuth);

– la vetustà del veicolo «era tale da escludere a priori ogni forma di garanzia, a meno di contrario accordo tra le parti» e non potevasi dare rilievo ai denunciati inconvenienti insorti dopo sette mesi (e, peraltro, risolti).

Il soccombente appellante proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria.

La controparte rimaneva intimata.

Venuto il processo alla trattazione della Seconda Sezione, escluso l’ipotizzata tardività del ricorso, mancando evidenza decisoria, lo stesso veniva rimesso alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria depositata il 26/6/2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1490 e 1494 cod. civ., nonché degli artt. 128, 129, 130 e 134 del codice del consumo.

A mente delle due norme codicistiche evocate, precisa la ricorrente, il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano non idonea all’uso di destinazione o ne diminuiscano apprezzabilmente il valore e che, in caso egli venga meno a un tale obbligo è tenuto a risarcire il danno.

La decisione aveva violato le enunciate regole normative e, pertanto, meritava di essere cassata.

Con il secondo profilo di doglianza la (OMISSIS) evidenzia che la Corte di Milano aveva ingiustamente negato la garanzia che compete all’acquirente di beni di consumo.

La doglianza merita di essere accolta.

La sentenza impugnata ha fondato la propria decisione sugli asserti motivazionali sopra riportati, senza, tuttavia, peritarsi di misurare la fattispecie accertata con quella astratta descritta dalla legge.

Le circostanze fattuali evidenziate dal Giudice d’appello, invero, in sé, non escludono la garanzia per i vizi della cosa venduta, prevista dal codice civile (art. 1490) e non esonerano, pertanto, il giudice dall’accertare se la cosa venduta sia «immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore».

Né, tantomeno (ove si versasse in presenza di contratto consumeristico), se il venditore abbia consegnato al consumatore un bene conforme al contratto di vendita, secondo la previsione di cui all’art. 129 del codice del consumo.

La mera circostanza, infine, che la vendita abbia riguardato un’autovettura usata non costituisce ragione per esonerare il venditore dalla responsabilità (espressamente, in tal senso, l’art. 128, u.c., del codice del consumo).

Questa Corte, proprio a riguardo della vendita di autovettura usata, ha chiarito che la clausola contrattuale “vista e piaciuta”, che ha lo scopo di accertare consensualmente la presa visione, ad opera del compratore, della cosa venduta, esonera il venditore dalla garanzia per i vizi di quest’ultima limitatamente a quelli riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede, sicché, anche in considerazione dei principi fondamentali della buona fede e dell’equità del sinallagma contrattuale, essa non può riferirsi ai vizi occulti emersi dopo i normali controlli eseguiti anteriormente l’acquisto (Sez. 6, n. 21204, 19/10/2016, Rv. 641673).

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per avere la decisione omesso di considerare che il guasto, che aveva causato la «rottura del motore», addebitabile a un malfunzionamento della «valvola by-pass», per la presenza di un corpo estraneo, si era manifestato solo dopo che era stata eliminata una perdita di olio dal motore (ripristinando la pressione); per non avere, infine, preso in esame la perizia di parte, per avere negato esperimento di c.t.u. e prova per testi e per non avere tenuto conto del fatto che l’unico teste escusso, a richiesta della controparte, non aveva apportato alcuna utile conoscenza.

La doglianza resta assorbita (assorbimento proprio) dall’accoglimento del primo motivo. In ragione dei principi di diritto sopra esposti l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio.

Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Milano in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso nella camera di consiglio del 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria, Roma 24 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.