Viene fermato dai Carabinieri ed, a seguito del controllo, li offende e minaccia. Condannato (Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, Sentenza 5 febbraio 2020, n. 4785).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Anna – Rel. Presidente

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIE Irene – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Andrea Tindaro nato a (OMISSIS) il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 05/04/2019 della CORTE APPELLO di MESSINA;

dato avviso alle parti;

udita la relazione svolta dal Presidente Dott.ssa Anna CRISCUOLO;

Ritenuto in fatto e motivi della decisione

Il difensore di (OMISSIS) Andrea Tindaro ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza emessa il 27 aprile 2018 dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, che lo aveva ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 341 bis cod. pen. e condannato alla pena, sospesa, di 3 mesi di reclusione.

Ne chiede l’annullamento per 1 e 2) vizio di motivazione in relazione al reato di minaccia a pubblico ufficiale e di oltraggio, essendo la frase pronunciata inelegante ed espressiva di mero disappunto, essendo il ricorrente convinto dell’illegittimità dell’operato dei militari;

3) erronea applicazione dell’art. 341 bis cod. pen. per mancanza del dolo, essendosi l’imputato limitato ad avere un battibecco con un carabiniere senza minacciare alcun male ingiusto né prospettare di sporgere una denuncia;

4) violazione dell’art. 51 cod. pen. in quanto prospettare l’esercizio di un diritto non può configurare la minaccia;

5) violazione di legge per mancanza della presenza di più persone, in quanto le espressioni furono sentite solo da due militare, mentre i testi lo hanno escluso;

6) violazione di legge per essere il fatto avvenuto non in luogo pubblico o aperto al pubblico;

7) vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. pur sussistendone i presupposti.

Il ricorso è inammissibile.

Le censure ripropongono gli stessi argomenti già dedotti in appello, senza confrontarsi le puntuali risposte fornite dalla Corte territoriale, e limitandosi a proporre una lettura alternativa della vicenda, preclusa in questa sede.

Risulta già chiarita in sentenza l’improponibilità della contestazione della natura offensiva e persino minatoria delle espressioni utilizzate dal ricorrente, riportate nel capo di imputazione; è dato atto della presenza di più persone, ovvero dei passeggeri dell’autovettura condotta dal ricorrente, che avevano ammesso, sebbene riduttivamente, la reazione verbale del ricorrente a seguito del controllo; è precisata la non indispensabilità che l’offesa sia percepita da terzi, ma la potenzialità che lo sia nelle circostanze concrete, come nella fattispecie, e dato atto della natura pubblica del luogo in cui si svolse il fatto, trattandosi di strada a uso pubblico.

Giustificato è anche il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto in ragione della natura delle espressioni utilizzate, della pluralità di persone offese e del corretto comportamento dei militari, tale da escludere la prospettazione articolata nel ricorso.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il giorno 5 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.