composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI;
Giudici:
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 129, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2011)», promosso dal Consiglio di Stato, sezione sesta, nel procedimento instaurato dal Ministero per i beni e le attività culturali ed altri contro Camping Calù di Carlo Del Mastro & C. sas ed altri, con ordinanza del 2 febbraio 2015, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visti gli atti di costituzione di Camping Calù di Carlo Del Mastro & C. sas e di Associazione regionale dei complessi turistico-ricettivi dell’aria aperta FAITA CAMPANIA e l’atto di intervento della Regione Campania;
udito, nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2017, il Giudice relatore Silvana Sciarra;
uditi l’avvocato Laura Clarizia per Associazione regionale dei complessi turistico-ricettivi dell’aria aperta FAITA CAMPANIA, l’avvocato Antonio Brancaccio per Camping Calù di Del Mastro & C. sas e l’avvocato Almerina Bove per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 2 febbraio 2015, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 2015, il Consiglio di Stato, sezione sesta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 129, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2011)», in riferimento agli artt. 3, 9, 32 e 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione.
La norma censurata, nella parte in cui modifica l’art. 2, comma 1, della legge della Regione Campania 26 marzo 1993, n. 13 (Disciplina dei complessi turistico-ricettivi all’aria aperta), dispone che «non costituiscono attività rilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici» i mezzi autonomi di pernottamento collocati all’interno dei campeggi, quando conservino «i meccanismi di rotazione in funzione», non possiedano «alcun collegamento di natura permanente al terreno» e presentino «gli allacciamenti alle reti tecnologiche, gli accessori e le pertinenze […] removibili in ogni momento».
1.1.– Il Consiglio di Stato è investito dell’appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, che ha annullato l’ordinanza di demolizione di case mobili, strutture in ferro e roulotte, emessa dall’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni per difetto del nulla osta prescritto dall’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette).
Il giudice di prime cure, a fondamento della decisione impugnata, ha affermato l’incompetenza del direttore dell’Ente parco a emanare l’ordine di demolizione e, nel merito, ha valorizzato l’art. 1, comma 129, della legge regionale n. 4 del 2011, che sancisce l’irrilevanza urbanistico-edilizia e paesaggistica delle case mobili e le sottrae all’obbligo della preventiva acquisizione di ogni titolo abilitativo.
Il Consiglio di Stato ritiene, all’opposto del TAR, che il direttore dell’Ente parco sia legittimato all’adozione dei provvedimenti di demolizione e di ripristino degli allestimenti mobili, in virtù della competenza attribuita all’autorità di gestione dall’art. 6, comma 6, della legge n. 394 del 1991.
Nel merito, il rimettente argomenta, tuttavia, che l’annullamento dell’ordine di demolizione dovrebbe essere confermato alla luce della legge regionale n. 4 del 2011, univoca nell’eliminare ogni assenso edilizio e paesaggistico per gli allestimenti posti all’interno dei campeggi, e, pertanto, reputa rilevante la questione di legittimità costituzionale di tale normativa.
1.2.– Ad avviso del giudice rimettente, la norma censurata violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e si porrebbe in contrasto con l’art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), che impone di ottenere l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi nelle zone vincolate, e con la legge n. 394 del 1991, che dispone l’acquisizione del preventivo nulla osta dell’Ente parco e «costituisce fonte di principi fondamentali (Corte Costituzionale, 11 febbraio 2011, n. 44) ai fini della preservazione dei livelli minimi uniformi su tutto il territorio nazionale».
Il giudice rimettente denuncia il contrasto di tale previsione, che «sottrae la corrispondente porzione del paesaggio vincolato alla pubblica funzione di tutela», anche con l’art. 9 Cost.: il paesaggio, «bene primario ed assoluto», «interesse prevalente rispetto a qualunque altro interesse, pubblico o privato», sarebbe tutelato con riguardo alla forma del territorio e, in connessione con altri princìpi costituzionali (l’art. 32 Cost.), per quel che concerne l’ambiente e l’ecosistema.
In pari tempo, la norma regionale confliggerebbe con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si discosterebbe dal principio fondamentale enunciato, nella materia di competenza concorrente del governo del territorio, dall’art. 3, comma 1, lettera e.5), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)».
La legislazione statale, prima delle innovazioni apportate dall’art. 10-ter, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, avrebbe qualificato come intervento di nuova costruzione, da autorizzare preventivamente, «l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee».
La norma censurata sarebbe lesiva anche del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.). Essa, difatti, determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra gli interventi di installazione degli allestimenti mobili di un campeggio, che beneficiano di un regime di favore, e «altre opere, destinate a far fronte a diverse, più pregnanti esigenze, aventi il medesimo impatto sul territorio», assoggettate a una rigorosa disciplina di autorizzazione.
2.– Con memoria del 26 ottobre 2015, si è costituita la società Camping Calù di Carlo Del Mastro & C. sas e ha chiesto di dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato o di dichiararla manifestamente infondata e, in ogni caso, alla luce delle successive pronunce del giudice delle leggi (è citata la sentenza n. 189 del 2015) e dell’intervento del legislatore (art. 10-ter del d.l. n. 47 del 2014), di disporre la restituzione degli atti al Consiglio di Stato.
In linea preliminare, la parte eccepisce l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sotto svariati profili.
Quanto alle case mobili, destinate a soddisfare esigenze temporanee e contraddistinte da precarietà strutturale e funzionale, il Consiglio di Stato sarebbe incorso nell’errore di considerarle alla stregua di opere edilizie stabili e permanenti, suscettibili di determinare una trasformazione giuridicamente rilevante del territorio.
Il giudice rimettente avrebbe trascurato l’esame di un motivo di ricorso, assorbito in primo grado ed espressamente riproposto in appello, con la specifica contestazione della riconducibilità dei mezzi mobili al novero degli interventi di nuova costruzione.
Tale profilo si rivelerebbe decisivo, in quanto renderebbe superfluo ogni titolo abilitativo, urbanistico-edilizio e paesaggistico, «anche a prescindere dalla latitudine applicativa della norma regionale censurata», che presuppone la qualificazione degli allestimenti in esame come “nuova costruzione”.
L’inammissibilità per insufficiente motivazione sulla rilevanza si apprezzerebbe anche da un diverso punto di vista.
Il giudice a quo non avrebbe attribuito alcun rilievo alle novità recate dal d.l. n. 47 del 2014, che, nel definire il regime degli allestimenti collocati nell’area dei campeggi, ha salvaguardato le «normative regionali di settore».Alla luce della nuova norma di principio adottata dal legislatore statale, che consente l’installazione di roulotte, camper, case mobili, all’interno di strutture turistico-ricettive all’aria aperta, sarebbe «inammissibile per sopravvenuta irrilevanza» la questione di legittimità costituzionale della legge regionale.
Sarebbe inammissibile la questione di legittimità costituzionale concernente la violazione della competenza esclusiva statale in materia di parchi e aree naturali, in quanto il giudice rimettente non avrebbe considerato la necessità di acquisire preventivamente il nulla osta (art. 13 della legge n. 394 del 1991), per consentire la regolare realizzazione dell’impianto turistico-ricettivo all’aria aperta. A tale riguardo, la norma censurata non conterrebbe alcuna deroga alla legge n. 394 del 1991.
Sarebbe peraltro indispensabile la restituzione degli atti al Consiglio di Stato, in ragione del sopravvenire della sentenza n. 189 del 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 41, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che annoverava tra le nuove costruzioni anche gli allestimenti mobili privi di uno stabile ancoraggio al suolo.
Nel merito, le censure non sarebbero fondate.
Quanto alla disciplina urbanistico-edilizia degli allestimenti mobili, le previsioni della legge regionale sarebbero rispettose dell’art. 3, comma 1, lettera e.5.), del d.P.R. n. 380 del 2001.
Quanto alla violazione dell’art. 9, secondo comma, Cost. e all’invasione della competenza esclusiva statale in materia di ambiente, si argomenta che i mezzi mobili di soggiorno e di pernottamento non producono trasformazioni urbanistico-edilizie e modificazioni pregiudizievoli per il paesaggio e per l’ambiente e possono essere collocati solo nelle strutture turistico-ricettive che abbiano già ottenuto tutti i titoli urbanistico-edilizi, l’autorizzazione paesaggistica, il nulla osta di cui alla legge n. 394 del 1991.
Per gli allestimenti mobili, che non richiedono alcun titolo abilitativo, non sarebbe necessario il vaglio dell’Ente parco, previsto soltanto per gli interventi e le opere all’interno dell’area protetta, subordinati al preventivo rilascio di concessioni e autorizzazioni.
Da ultimo, non sarebbe ravvisabile alcun contrasto con il principio di ragionevolezza. La norma censurata, volta a promuovere la competitività delle imprese italiane operative come strutture turistico-ricettive all’aria aperta, non contemplerebbe alcun arbitrario regime di favore e, in coerenza con la legislazione dello Stato, riguarderebbe soltanto la collocazione di unità mobili all’interno di strutture turistico-ricettive all’aria aperta, già contrassegnate dal previo vaglio amministrativo di compatibilità urbanistico-edilizia e paesaggistico-ambientale.
2.1.– In vista dell’udienza, la medesima società ha depositato una memoria illustrativa, ribadendo le conclusioni già rassegnate e richiamando le nuove disposizioni fondamentali racchiuse nell’art. 52, comma 2, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), che renderebbero la legge regionale censurata pienamente compatibile con la normativa statale di principio, e le previsioni del recente decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzativa semplificata), che avrebbero sottratto le opere in esame anche alla previa acquisizione del titolo paesaggistico semplificato.
3.– Si è costituita, con memoria del 26 ottobre 2015, l’Associazione regionale dei complessi turistico-ricettivi dell’aria aperta FAITA CAMPANIA, limitandosi a chiedere la declaratoria di manifesta inammissibilità o comunque di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.
3.1.– In prossimità dell’udienza, l’Associazione ha depositato una memoria illustrativa, svolgendo nuovi argomenti a sostegno delle conclusioni già rassegnate.
La parte mostra di condividere le eccezioni di inammissibilità formulate nella memoria di costituzione dalla società Camping Calù sas, con riguardo all’insufficiente motivazione in punto di rilevanza, e, sulla base delle innovazioni apportate dall’art. 52, comma 2, della legge n. 221 del 2015 e dall’art. 1 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, recante «Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124», sostiene «il sopravvenuto allineamento della normativa statale (di principio) a quella regionale (di dettaglio)», attraverso un rinvio integrale alla normativa regionale di settore.
Alle stesse conclusioni si dovrebbe giungere con riguardo al profilo paesaggistico, oggi regolato dal d.P.R. n. 31 del 2017 (in particolare, Allegato A), che esenterebbe le strutture in esame dall’acquisizione di ogni titolo, anche semplificato.
La legge regionale campana, riguardante i soli manufatti precari sotto il profilo strutturale e funzionale, posti in strutture ricettive regolarmente autorizzate anche dal punto di vista paesaggistico, sarebbe espressione della competenza regionale residuale in materia di turismo e non contrasterebbe con la normativa statale di principio e con i parametri costituzionali evocati dal giudice rimettente.
4.– Nel giudizio è intervenuta la Regione Campania, con memoria depositata il 22 ottobre 2015, e si è limitata a chiedere di dichiarare inammissibile e comunque non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato.
4.1.– Nell’approssimarsi dell’udienza, l’interveniente ha depositato una memoria illustrativa, confermando le conclusioni già formulate e avvalorandole con nuove argomentazioni.
In punto di ammissibilità, la Regione lamenta che il Consiglio di Stato abbia richiamato in maniera del tutto generica i princìpi fondamentali in materia di governo del territorio e di tutela del paesaggio, senza operare alcuna autonoma selezione dei profili di illegittimità «in riferimento a specifici parametri». La mancata esplicitazione delle ragioni della non manifesta infondatezza imporrebbe di dichiarare la questione inammissibile.
Apodittiche sarebbero anche le censure riferite agli artt. 3, 9 e 32 della Costituzione, quest’ultimo indicato nel solo dispositivo dell’ordinanza di rimessione.
Dopo avere ripercorso l’evoluzione normativa in tema di manufatti mobili all’interno di strutture ricettive all’aria aperta, la Regione osserva che il mutamento del parametro interposto è idoneo a fugare i dubbi di legittimità costituzionale della normativa censurata, comunque circoscritta alle strutture precarie e amovibili in ogni momento e coerente anche con l’originario dettato delle norme statali di principio.
Quanto al dedotto contrasto con la normativa statale di tutela del paesaggio e, in particolare, con l’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, la Regione replica che, quando non si riscontrino trasformazioni edilizie e/o urbanistiche e non sia perciò richiesto il rilascio del permesso di costruire, non è necessario acquisire l’autorizzazione paesaggistica e il nulla osta dell’Ente parco, prescritto solo per gli interventi assoggettati alla preventiva acquisizione di un titolo abilitativo.
5.– All’udienza le parti hanno confermato le conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 2 febbraio 2015 (r.o. n. 196 del 2015), dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 129, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2011)», in riferimento agli artt. 3, 9, 32 e 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione.
Tale normativa, che innova la disciplina dei campeggi dettata dall’art. 2 della legge della Regione Campania 26 marzo 1993, n. 13 (Disciplina dei complessi turistico-ricettivi all’aria aperta), è censurata nella parte in cui, modificando il comma 1 del citato art. 2, «consente che opere permanentemente infisse al suolo, e perciò destinate ad immutare con carattere stabile l’assetto edilizio, urbanistico e paesistico di un parco nazionale siano realizzate in assenza di qualsivoglia previo scrutinio di compatibilità con gli interessi pubblici che su tale territorio si esprimono».
Le censure del giudice a quo si appuntano sull’irrilevanza paesaggistica delle case mobili realizzate entro l’area delle strutture ricettive all’aperto.
Il petitum formulato dal rimettente può essere così ricostruito, alla luce delle argomentazioni in punto di non manifesta infondatezza, che conferiscono preminente risalto al profilo della tutela del paesaggio, in stretta connessione con la peculiarità della fattispecie dedotta nel giudizio principale.
La questione di legittimità costituzionale, difatti, è sorta in un giudizio di appello, diretto a sindacare l’ordine di demolizione di trentuno case mobili, di quattro strutture in ferro e di sette roulotte allestite in un’area naturale protetta. In tale contesto, riveste rilievo cruciale la «tutela degli interessi ambientali», demandata alla potestà amministrativa dell’Ente parco e oggetto delle contrapposte valutazioni delle parti.
Il giudice a quo prospetta il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., sul presupposto che la legge regionale invada la competenza esclusiva statale in «materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali».
Secondo il giudice rimettente, a tale competenza devono essere ricondotte la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica, secondo i princìpi dettati dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e la tutela per le aree protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante «Legge quadro sulle aree protette»).
La norma censurata sarebbe difforme dalla previsione generale dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, in tema di autorizzazione paesaggistica per gli interventi nelle zone vincolate, e dall’art. 13 della legge n. 394 del 1991, che richiede il previo nulla osta dell’Ente parco, per le opere stabilmente infisse nel suolo, realizzate nelle aree dei parchi nazionali e «destinate ad immutare con carattere stabile l’assetto edilizio, urbanistico e paesistico di un parco nazionale».
Il giudice rimettente denuncia anche il contrasto con gli artt. 9 e 32 Cost., in quanto la legge regionale sottrarrebbe «la corrispondente porzione del paesaggio vincolato alla pubblica funzione di tutela».
La tutela del paesaggio in particolare, sarebbe preminente rispetto alle esigenze urbanistico-edilizie, alla libera iniziativa economica e al diritto di proprietà e assurgerebbe al rango di «bene primario ed assoluto», riferito alla forma del territorio come elemento del patrimonio culturale e, in connessione con altre previsioni costituzionali (art. 32 Cost.), all’ambiente e all’ecosistema.
La norma censurata, nell’esentare da ogni vaglio amministrativo di compatibilità anche i manufatti non precari, contrasterebbe con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto violerebbe il principio fondamentale enunciato, nella materia di competenza concorrente del governo del territorio, dall’art. 3, comma 1, lettera e.5), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)», nella formulazione originaria, antecedente alle innovazioni recate dall’art. 10-ter, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80.
La norma statale di principio annoverava tra gli interventi di nuova costruzione l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, «che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee».
Il giudice a quo ritiene da ultimo che sia violato anche l’art. 3 Cost. Nell’eliminare qualunque valutazione preventiva di compatibilità, la previsione sospettata di illegittimità costituzionale sarebbe sfornita di motivazione alla luce degli «interessi pubblici coinvolti» e di altre esigenze degne di tutela. La legge regionale, senza alcuna apprezzabile ragione, accorderebbe un regime di favore per gli «interventi di installazione di un campeggio» «rispetto ad altre opere, destinate a far fronte a diverse, più pregnanti esigenze, aventi il medesimo impatto sul territorio».
2.– La questione, nei termini in cui è prospettata, non presenta i profili di inammissibilità adombrati nelle memorie di costituzione delle parti e nell’atto di intervento.
2.1.– La società Camping Calù sas – con rilievo condiviso dall’Associazione FAITA CAMPANIA – ha eccepito l’inammissibilità della questione per carente motivazione sulla rilevanza.
Il giudice rimettente avrebbe trascurato di cimentarsi con uno specifico motivo di ricorso, riproposto in fase di gravame e relativo all’impossibilità di qualificare le strutture mobili come interventi di nuova costruzione. Inoltre, non avrebbe preso in considerazione le novità normative, che hanno ridefinito il concetto di nuova costruzione (art. 10-ter, comma 1, del d.l. n. 47), con conseguente «sopravvenuta irrilevanza» della questione di legittimità costituzionale
L’eccezione deve essere disattesa.
Il giudice di primo grado, nell’annullare l’ordine di demolizione, ha attribuito rilievo decisivo alla norma regionale, che sancisce la radicale irrilevanza delle installazioni mobili ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici. Nella prospettiva del giudice rimettente, investito dell’appello contro tale statuizione, la valutazione di irrilevanza è pregiudiziale e assorbente rispetto alla qualificazione degli interventi come nuova costruzione.
Tale argomentazione non implausibile supera il vaglio preliminare di ammissibilità richiesto a questa Corte, al pari delle considerazioni che il giudice rimettente ha riservato alle implicazioni dello ius superveniens, ininfluente nella valutazione di legittimità degli atti amministrativi pregressi, alla stregua del principio tempus regit actum (sentenze n. 224, n. 49 e n. 30 del 2016).
2.2.– La società Camping Calù sas ha eccepito, altresì, l’inammissibilità della questione che verte sulla violazione della competenza esclusiva statale in materia di ambiente.
Il giudice rimettente non avrebbe considerato che il nulla osta dell’Ente parco dovrebbe essere preventivamente acquisito per la realizzazione dell’impianto turistico-ricettivo che ospita gli allestimenti mobili.
Neppure tale eccezione è fondata.
La questione di legittimità costituzionale pone l’accento su un diverso aspetto, che attiene all’irrilevanza paesaggistica degli allestimenti mobili e prescinde dalla preventiva valutazione di compatibilità ambientale delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta.
2.3.– Non coglie nel segno neppure l’eccezione di inammissibilità per inadeguata motivazione in merito alla non manifesta infondatezza della questione, nei termini analizzati dalla Regione Campania nella memoria illustrativa depositata in vista dell’udienza.
Il giudice rimettente ha individuato in maniera puntuale la norma censurata, riguardante l’irrilevanza paesaggistica delle strutture mobili e non l’intero contenuto precettivo della composita previsione della legge finanziaria regionale, e ha illustrato i dubbi di costituzionalità con dovizia di riferimenti, corroborati anche dal richiamo alla pertinente giurisprudenza di questa Corte.
La censura di violazione dell’art. 32 Cost., anche se sorretta da un’argomentazione stringata, è ammissibile, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte intervenuta.
Il giudice a quo evoca tale norma per avvalorare la censura di violazione dell’art. 9 Cost., in una prospettiva che sottolinea il legame inscindibile, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 641 del 1987), tra la protezione dell’ambiente e la tutela del diritto fondamentale alla salute. Tale motivazione è idonea a superare il vaglio di ammissibilità.
3.– Nel merito, la questione di legittimità costituzionale è fondata, nei termini che seguono.
3.1.– Il potere di intervento delle Regioni in materia di “governo del territorio” non si estende alla disciplina della rilevanza paesaggistica degli allestimenti mobili, che incide sul regime autorizzatorio tratteggiato dall’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 ed è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente.
Spetta alla legislazione statale determinare presupposti e caratteristiche dell’autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e delle semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza delle opere sul valore intangibile dell’ambiente.
L’autorizzazione paesaggistica, finalizzata alla protezione ambientale, è assoggettata a «una disciplina uniforme, valevole su tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 189 del 2016, n. 235 del 2011, n. 101 del 2010; nello stesso senso, sentenza n. 232 del 2008), che rispecchia la natura unitaria del valore primario e assoluto dell’ambiente (sentenza n. 641 del 1987, punto 2.2. del Considerato in diritto).
La competenza esclusiva statale risponde a ineludibili esigenze di tutela e sarebbe vanificata dall’intervento di una normativa regionale che sancisse in via indiscriminata – come avviene nel caso di specie – l’irrilevanza paesaggistica di determinate opere, così sostituendosi all’apprezzamento che compete alla legislazione statale.
3.2.– Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di una disposizione di altra legge regionale in larga misura sovrapponibile a quella oggi censurata, questa Corte ha ritenuto dirimente la considerazione che tale disposizione impugnata fosse intervenuta nell’àmbito materiale della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di esclusiva competenza statale (sentenza n. 189 del 2016, punto 6.6. del Considerato in diritto).
Alle stesse conclusioni si deve pervenire per la norma sottoposta all’odierno vaglio di legittimità costituzionale, adottata in violazione della competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
3.3.– La decisione non coinvolge la disciplina degli allestimenti mobili, dettata dall’art. 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. n. 380 del 2001, nella formulazione da ultimo modificata dall’art. 52, comma 2, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), che configura come nuova costruzione «l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore».
Tale disciplina, che demanda alle normative di settore delle Regioni la definizione più articolata delle caratteristiche costruttive e della tipologia degli allestimenti mobili inidonei a determinare una trasformazione stabile del territorio, attiene al diverso profilo urbanistico-edilizio, estraneo all’odierna questione, incentrata sulla compatibilità ambientale e paesaggistica.
4.– Deve essere dichiarata, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 129, della legge regionale n. 4 del 2011, nella parte in cui, sostituendo l’art. 2, comma 1, della legge reg. Campania n. 13 del 1993, prevede che non costituiscono attività rilevanti ai fini paesaggistici le installazioni «quali tende ed altri mezzi autonomi di pernottamento, quali roulotte, maxi caravan e case mobili», anche se «collocate permanentemente entro il perimetro delle strutture ricettive regolarmente autorizzate».
4.1.– Restano assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale denunciati dal giudice rimettente.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 129, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011-2013 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2011)», nella parte in cui sostituisce l’art. 2 della legge della Regione Campania 26 marzo 1993, n. 13 (Disciplina dei complessi turistico-ricettivi all’aria aperta), limitatamente alle parole «e paesaggistici», contenute nel comma 1 di tale articolo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 ottobre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 novembre 2017