Violata consegna: assolto nei primi due gradi, il P.G. ricorre in Cassazione. Rifare il processo (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 12 novembre 2019, n. 45904).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente –

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere –

Dott. LIUNI Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere –

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO la CORTE di APPELLO di ROMA;

nel procedimento a carico di:

C.G.;

avverso la sentenza del 19/12/2018 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Teresa LIUNI;

udito il Procuratore generale militare , che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

udito il difensore del C., avvocato MARIA TERESA ZAMPOGNA del foro di MILANO, che conclude per l’inammissibilità del ricorso del PG.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 19/12/2018 la Corte Militare di appello ha dichiarato l’inammissibilità del gravame proposto dal Procuratore Generale Militare avverso la sentenza del Tribunale Militare di Verona in data 16/1/2018 che aveva assolto C.G. dalla duplice accusa di violata consegna pluriaggravata (art. 47 c.p.m.p., n. 2 e art. 120 c.p.m.p., commi 1 e 2), perchè quale Appuntato Scelto in servizio presso la stazione Carabinieri di (OMISSIS), in due distinte occasioni, comandato di servizio di perlustrazione in qualità di Capo-pattuglia con turno dalle ore 23.00 alle ore 5.00, aveva violato le consegne di cui ai rispettivi ordini di servizio, nel primo caso omettendo di eseguire la sosta prevista dalle ore 3.00 alle ore 3.30 nella via (OMISSIS) del comune di (OMISSIS), interrompendo il servizio e disponendo un anticipato rientro in sede (alle ore 3.00 circa);

. nel secondo caso omettendo di transitare in corrispondenza degli obiettivi sensibili indicati al punto 2 dell’ordine di servizio ed omettendo di effettuare il servizio di vigilanza delle località indicate al punto 8 “compiti particolari”;

. inoltre, alle ore 1.00 circa interrompeva il servizio rientrando in caserma anticipatamente, riprendendo il servizio soltanto dalle ore 2.40 alle ore 3.20, su ordine telefonico della Centrale Operativa della Compagnia Carabinieri di (OMISSIS).

Con le aggravanti del grado rivestito, dell’essere militare preposto al servizio e dell’avere commesso il fatto nel corso di un servizio armato. Fatti avvenuti in (OMISSIS).

1.2 La vicenda era stata ricostruita mediante l’esame di vari testimoni: la denunciante, Carabiniere T.S.; il Magg. Co.Ma., comandante della Compagnia CC. di (OMISSIS); il Maresciallo Capo S.V., comandante della stazione CC. di (OMISSIS); il Maresciallo Ca.An.; gli App. Scelti C.S., D.G.P., L.G., L.N.A., Sa.An., e l’App. Z.G.. L’imputato si era sottoposto ad esame.

1.3 L’assoluzione del C., richiesta anche dal rappresentante della pubblica accusa, era pronunciata ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, per insussistenza dei fatti addebitati. In sintesi, il Tribunale di primo grado aveva ritenuto che l’esposto del Car. T. – avanzato soltanto nel (OMISSIS), a distanza di molti mesi dai fatti, imperniato principalmente su doglianze riguardanti la programmazione delle licenze dal servizio, e intervenuto quando già l’interessata aveva ottenuto il trasferimento al Comando CC. di Torino – fosse viziato da labilità ed erroneità dei ricordi della teste T.S. e condizionato dalla sua negativa esperienza di servizio nella sede di (OMISSIS), così da accumulare amarezza e risentimento che avevano determinato “la decisione di segnalare le cose che a suo giudizio non erano andate per il verso giusto”, una volta esauritasi l’esperienza professionale nella stazione di (OMISSIS).

Tutti gli altri testimoni sentiti nell’istruttoria dibattimentale, del resto, avevano scagionato l’imputato, del quale descrivevano l’impeccabile svolgimento delle funzioni, con pieno rispetto degli ordini di servizio e dei pertinenti estremi temporali.

Tutti, poi, avevano riferito delle criticità caratteriali manifestate dal Carabiniere T.S., che rendevano difficile un proficuo rapporto di collaborazione nell’ambito della stazione di (OMISSIS); inoltre i colleghi con cui la T. aveva lavorato in pattuglia segnalavano che costei non era capace di guidare l’auto di servizio in modo appropriato, poichè teneva una condotta di guida imprudente e pericolosa, tanto che in più occasioni si era miracolosamente evitato un incidente stradale, pur non essendo ciò mai emerso ufficialmente.

2. Avverso la sentenza assolutoria aveva proposto appello il Procuratore Generale Militare , il quale – sul presupposto dell’attendibilità della testimonianza resa da T.S. sulle circostanze riportate nei due capi di accusa – aveva indicato conferme di ciò nelle deposizioni dell’App. Sc. D.G. e del M.llo Ca., nelle risultanze dei tabulati telefonici in atti, nelle dichiarazioni rese dallo stesso imputato nel suo esame.

Soprattutto, il gravame sottolineava che dall’accertamento del 27 luglio 2017, prodotto dall’accusa nel processo dinanzi al Tribunale, era emerso che i dati delle vetture e dei conducenti, annotati tra i controlli eseguiti durante il pattugliamento della notte del (OMISSIS) corrispondevano ai dati degli ospiti del (OMISSIS), i quali quella notte si trovavano in realtà nell’indicato albergo al momento del presunto controllo, e le rispettive auto erano parcheggiate nelle aree di pertinenza dell’hotel.

3. La Corte Militare ha dichiarato inammissibile l’appello del Procuratore Generale Militare , per difetto del requisito della specificità dei motivi, a tenore dell’art. 581 c.p.p..

La Corte militare territoriale, ripercorsi i cardini normativi e giurisprudenziali del vizio di aspecificità dei motivi, ha rilevato che dell’art. 603 c.p.p., il nuovo comma 3 bis postula che i gravami dell’accusa debbano essere particolarmente accorti nel delineare i temi oggetto del contraddittorio di appello, criticando gli errori commessi dal primo giudice nella valutazione delle prove dichiarative e motivando adeguatamente le proprie richieste, anche istruttorie, al giudice di secondo grado.

Ciò non sarebbe accaduto nel caso in esame, in quanto il Pubblico ministero non ha chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in senso conforme all’art. 603 c.p.p., comma 3 bis, non formulando nel gravame specifici rilievi critici alla sentenza assolutoria con riguardo alla valutazione delle prove dichiarative da ritenere decisive per l’affermazione della responsabilità dell’imputato.

4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale Militare , deducendo i seguenti motivi di impugnazione.

4.1 Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Precisato che il ricorso si dirige esclusivamente a contrastare la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, pronunciata in via preliminare dalla Corte Militare senza entrare nel merito delle doglianze proposte con il gravame, il ricorrente rivendica che l’appello della Pubblica accusa rispetta tutte le prescrizioni dell’art. 581 c.p.p., delimitando con precisione l’oggetto del giudizio e le critiche rivolte alla sentenza impugnata, e prospettando altresì le specifiche ragioni di fatto e di diritto che supportano i motivi di appello.

Quanto a tale ultimo profilo, il Pg militare osserva che in punto di fatto si è censurato che il Tribunale militare abbia fatto ricorso ad argomentazioni giuridicamente non condivisibili e in concreto non corrispondenti alle oggettive risultanze processuali, mentre l’istruttoria dibattimentale aveva fornito numerosi riscontri estrinseci ed intrinseci alle dichiarazioni della denunciante.

Sul versante delle ragioni di diritto, si era criticata la sentenza del primo giudice per le sue evidenti incongruenze, poichè – pur non denunciando che il Car. T. avesse tenuto condotte calunniatorie, nè evidenziando contraddizioni reticenze o difformità con precedenti versioni dei fatti – ne aveva tuttavia smontato il valore probatorio ponendo in risalto aspetti sostanzialmente irrilevanti.

Il vizio motivazionale si era imperniato sul rilievo della mancata corrispondenza delle argomentazioni della sentenza assolutoria rispetto alle effettive risultanze probatorie, sui punti specificamente indicati nell’atto di appello e ribaditi nel ricorso di legittimità: 1) la deposizione del teste App. Sc. D.G.;

2) gli esiti degli accertamenti documentali e tecnici svolti dal M.lloCa.;

3) le risultanze della localizzazione del cellulare in uso al C., emergenti dai tabulati; 4) lèdichiarazioni di tenore confessorio dell’imputato.

Ma soprattutto, rileva il ricorrente, l’incongruenza dell’assoluzione del C. rispetto al materiale probatorio acquisito deriva dall’omessa considerazione da parte del primo giudice dell’accertamento del 27/7/2017 – nemmeno citato nell’appellata sentenza – documento che secondo l’accusa costituisce la prova dell’intenzionale violazione delle consegne da parte dell’imputato.

A sua volta, la Corte militare – pur avendo citato tale accertamento (a pag. 9) nei suoi elementi contenutistici – ha radicalmente omesso di darne una valutazione, senza nemmeno chiarire le ragioni del silenzio motivazionale sul punto.

Ciò comporta un grave stravolgimento del principio devolutivo, poiché il passaggio era stato specificamente portato all’attenzione della Corte di appello nelle sue notevoli implicazioni in termini di decisività.

4.2 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c), con riguardo all’omessa motivazione delle ragioni della declaratoria di inammissibilità, ridotta ad un’astratta enunciazione dei principi generali in materia di impugnazioni.

Si puntualizza che il tema proposto all’attenzione della Corte Militare non aveva alcuna attinenza con la diversa problematica delle prove dichiarative, sulle quali si è invece diffusa l’impugnata sentenza, in quanto se il giudice di appello si fosse pronunciato sul valore probatorio dell’accertamento documentale del 27/7/2017, punto decisivo specificamente sollevato nel gravame della Procura generale militare , non vi sarebbe stata alcuna necessità di riesaminare i testimoni, attività che peraltro non deve essere specificamente richiesta essendo immanente nei poteri della Corte di secondo grado quello di procedere a rinnovazione istruttoria.

5. Il difensore dell’imputato, avv. Maria Teresa Zampogna, ha presentato una memoria (depositata in data 19/9/2019), in cui caldeggia la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione della Procura Generale Militare .

5.1 Argomenta la memoria che nel caso in esame si è al cospetto della ipotesi della cosiddetta “doppia conforme” prevista dall’art. 608 c.p.p., comma 1 bis, trattandosi di una sentenza di secondo grado che – dichiarando l’inammissibilità dell’appello proposto dal Procuratore generale – ha disposto l’esecuzione della sentenza di proscioglimento, confermandola.

Ne consegue ex lege che il ricorso di legittimità del pubblico ministero può essere avanzato soltanto per i motivi previsti dall’art. 606 c.p.p., lett. a), b) e c). Invece, il ricorso del Pg ha attaccato l’impugnata sentenza anche sotto il profilo del vizio di motivazione – lett. e) del citato articolo – entrando nel merito e presentandosi per questo profilo inammissibile.

5.2 Ulteriore aspetto di rilevata inammissibilità – di portata globale risiede nella manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, in quanto generici e privi dell’enunciazione specifica dei capi o punti della decisione che si ritengono viziati, delle richieste istruttorie, e dell’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto a fondamento delle richieste. In tali termini, del resto, ha argomentato l’impugnata sentenza dichiarando l’inammissibilità dell’appello del Pg.

Rileva la difesa che detto gravame consisteva in una mera riproposizione in secondo grado dell’intero thema decidendum vagliato dal Tribunale Militare , richiedendo una diversa valutazione delle prove dichiarative assunte nel primo giudizio.

Peraltro, non era stata nemmeno richiesta alcuna specifica rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con riguardo alle prove dichiarative, assumendosi genericamente una profonda discrepanza dell’intero compendio probatorio rispetto alla deposizione del Carabiniere T.S., e lasciando alla discrezionalità della Corte Militare l’individuazione delle testimonianze rinnovante ritenute necessarie.

5.3 Per altro verso, la difesa segnala un differente profilo di inammissibilità che travolgerebbe del tutto il ricorso di legittimità del Pg, consistente nel difetto di legittimazione a tenore dell’art. 593 bis c.p.p., il cui comma 2 dispone che il Procuratore generale presso la Corte di appello può appellare le sentenze di primo grado soltanto nei casi di avocazione o qualora il Procuratore della Repubblica abbia prestato acquiescenza al provvedimento.

Sebbene questa disposizione – introdotta con D.Lgs. 6 febbraio 2018, n. 11 sia entrata in vigore il giorno 6/3/2018, quindi successivamente al deposito del gravame del Procuratore generale avverso la sentenza assolutoria (avvenuto il 14/2/2018), ritiene la difesa del C. che si trattava dell’esplicazione di principi già contenuti nella Legge – delega e in ogni caso la specifica disposizione era stata già emanata, essendone soltanto rinviata l’efficacia, sicché la Procura generale ne avrebbe dovuto tenere conto alla luce del superiore criterio del favor rei e della regola processuale per cui tempus regitactum.

Invero, nel caso specifico, ricorrevano i presupposti di applicabilità della nuova disposizione, in quanto il rappresentante dell’accusa aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato all’esito del processo di primo grado, e successivamente aveva prestato acquiescenza alla sentenza assolutoria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

1.1 Erroneamente è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto dal Procuratore generale militare per difetto di specificità dei motivi.

1.2 E’ noto che in tema di impugnazioni, ai fini della valutazione dell’ammissibilità dei motivi di appello, sotto il profilo della specificità, è necessario che il ricorrente non si limiti a contestare semplicemente il punto della pronuncia di cui chiede la riforma, ma che rispetto ad esso indichi le ragioni di fatto o di diritto per cui non ne condivide la valutazione.

La portata di tale onere è stata specificata nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, in cui si definisce l’inammissibilità per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato.

Pertanto, afferma l’indicata sentenza, l’esame deve riguardare una prima fase necessaria di delibazione di ammissibilità, che ha per oggetto le verifiche imposte ai sensi dell’art. 591 c.p.p., ivi compresa quella sulla specificità estrinseca dei motivi, ed una seconda fase, successiva ed eventuale, di valutazione del merito.

Alla stregua di tale impostazione assume corretto significato anche l’art. 597 c.p.p., comma 1, per cui la piena cognitio che caratterizza i poteri del giudice di appello viene in rilievo solo se e nei limiti in cui questo sia stato legittimamente investito di quei poteri, ossia solo a seguito di una impugnazione rispettosa delle previsioni di cui all’art. 581 c.p.p..

La valorizzazione del requisito della “specificità estrinseca” – ossia della corrispondenza degli argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata – consente, dunque, una selezione razionale delle impugnazioni, escludendo la trattazione nel merito di quelle che non contengono sufficienti richiami ai “punti della decisione”, che delimitano la cognizione del giudice di appello.

Da un punto di vista sistematico, le Sezioni Unite precisano che la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello trova fondamento nella circostanza che essi non sono diretti a sollecitare un nuovo giudizio, del tutto sganciato dal precedente, bensì ad operare un controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, del provvedimento impugnato.

Ciò consente sia di limitare l’ambito dei poteri del giudice di appello, sia di evitare iniziative meramente dilatorie in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2.

1.3 Ciò premesso in termini generali, rileva questo Collegio che contrariamente a quanto si osserva nella sentenza impugnata, il Procuratore generale appellante non si era limitato a sostenere (genericamente) l’attendibilità della teste di accusa T.S., come ha ritenuto la Corte di appello militare limitandosi in motivazione a tale apodittico rilievo.

1.4 Risulta invece per tabulas che l’ufficio appellante ha in particolare sottolineato che il primo giudice non aveva tenuto in alcun conto un rilevante dato probatorio, che dava pieno avallo alle affermazioni della teste T., e cioè quello – di natura documentale: accertamento del 27/7/2017 – per il quale l’imputato aveva spacciato per controlli effettivi svolti nella notte del 7-8/1/2017 l’acquisizione di dati relativi a nominativi che in realtà erano stati desunti dalle vetture parcheggiate quella notte nel parcheggio del (OMISSIS).

1.4.1 Questo rilievo, per nulla generico, non è stato in alcun modo considerato dalla Corte di appello militare, che in sentenza si è limitata ad affermare del tutto apoditticamente – con poche righe, alla fine di pagina 12 – che l’ufficio appellante non aveva preso in considerazione gli argomenti spesi dal Tribunale per sostenere l’inattendibilità della teste.

2. Quanto alla deduzione contenuta nella memoria difensiva, che fa leva sull’art. 608 c.p.p., comma 1 bis, per sostenere che il ricorso doveva considerarsi inammissibile, essendo stato con esso dedotto un mero vizio di motivazione, basti osservare che il presupposto di tale norma è che la sentenza di appello sia di conferma di quella del primo grado, fattispecie che all’evidenza non è stata integrata nella vicenda processuale in esame, dato che la sentenza di appello non ha confermato quella del Tribunale militare , ma ha dichiarato (erroneamente) inammissibile l’appello.

Pertanto, non c’è stata una doppia conforme valutazione del merito, che rappresenta la ratio che sostiene la limitazione dei casi di ricorso del Pubblico ministero a quelli incentrati soltanto su una violazione di legge (Sez. 4, n. 53349 del 15/11/2018, Pg c/ Schuster, Rv. 274573).

L’ultima argomentazione difensiva è completamente fuori bersaglio, pretendendo di anticipare l’applicazione di una norma – peraltro di natura processuale, e quindi soggetta al criterio per cui tempus regitactum – ad un momento precedente la sua entrata in vigore, senza che la norma stessa contenga disposizioni transitorie che autorizzino tale efficacia retroattiva.

Invero, ai fini dell’applicabilità dell’art. 608 c.p.p., comma 1-bis, – disposizione inserita dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 69, in base al quale il pubblico ministero, nel caso di cd. “doppia conforme assolutoria”, può proporre ricorso per cassazione solo per i motivi di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a), b) e c) – deve farsi riferimento, in assenza di una disciplina transitoria, alla data di presentazione del ricorso, che costituisce il momento in cui matura l’aspettativa del ricorrente alla valutazione di ammissibilità dell’impugnazione, sicchè la nuova disciplina è inapplicabile ai ricorsi presentati prima della sua entrata in vigore (Sez. 3, n. 54693 del 4/10/2018, P., Rv. 274132; Sez. 5, n. 4398 del 2/10/2017 – dep. 2018, Ercoli e altri, Rv. 272440).

In termini generali, ai fini dell’individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorchè si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del principio “tempus regitactum” impone di fare riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell’impugnazione (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, P.C. in proc. Lista, Rv. 236537).

Nel caso di specie, è pacifica la non applicabilità dell’art. 608 c.p.p., comma 1 bis, in quanto il ricorso è stato presentato il 14/2/2018, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, introduttivo della modifica dei poteri di impugnazione del Pubblico ministero (a nulla rilevando che il relativo principio fosse già contenuto nella Legge – delega, che notoriamente non ha portata direttamente precettiva).

3. Pertanto, la sentenza impugnata, contenente l’erronea declaratoria di inammissibilità del gravame, deve essere annullata, con rinvio per lo svolgimento del giudizio di appello alla Corte di appello Militare , in diversa composizione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello Militare, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, l’8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2019.