Caso Cucchi. Ecco perché non sarebbe stato pestato dai Carabinieri. E’ scritto nel ricorso in Cassazione della famiglia Cucchi.

Torniamo ancora una volta a parlare del caso di Stefano Cucchi e questa volta, con un documento in più.

Dopo le tantissime condivisioni e visualizzazioni ottenute dal nuovo video pubblicato dalla pagina facebook “Io non li condanno”, spunta un’altra verità.

L’abbiamo notata in rete e si tratta di uno stralcio del ricorso in Cassazione, presentato dall’avvocato della famiglia Cucchi dopo l’assoluzione in appello della Polizia Penitenziaria.

Avendo letto lo stralcio, ed avendo questo suscitato la nostra curiosità, PugliaPress è venuto in possesso dell’atto di cui alleghiamo la parte interessata.

Provando a riassumere, nell’atto, l’avvocato della famiglia Cucchi giustifica il ricorso in Cassazione affermando quanto in sede di escussione nel corso dell’incidente probatorio, in seguito, ha confermato lo stesso collegio peritale nominato dal Gip, ovvero che Stefano Cucchi, nell’ipotesi in cui avesse riportato realmente una frattura, non avrebbe potuto deambulare in sede di convalida dell’arresto, proprio a causa dei dolori – che si presume – sarebbero stati molto forti.

E non solo: lo stesso avvocato di parte civile, nel suo atto specifica chiaramente che i segni rossi intorno agli occhi di Stefano, non siano lividi conseguenti a percosse, bensì arrossamenti “che tuttavia vanno ricollegati alla naturale conformazione del ragazzo, soggetta ad eritemi sotto gli occhi in situazioni stressanti, quale obiettivamente era quella dell’arresto”.

Quanto citato si trova a pagina 22 del documento di cui siamo in possesso.

Dunque, quelle che comunemente chiamano “occhiaie”, non sarebbero lividi (secondo quanto scritto dall’avvocato della famiglia nell’atto), bensì arrossamenti dovuti ad un eritema. Ovviamente non è questa dichiarazione a spiegare perché non sarebbero stati i Carabinieri a pestarlo.

Non è una deduzione logica che ci porta a scrivere questo. Sempre a pagina 22 del documento si legge testualmente: «Il ricorrente, inoltre, contesta anche l’ipotesi, formulata dalla corte territoriale, che il Cucchi sia stato picchiato all’interno della Caserma Casilina dei Carabinieri, dove venne condotto dopo la perquisizione eseguita all’interno della sua abitazione, in quanto, da un lato, in considerazione del dolore acuto causato dalla frattura caudale, sarebbe stato impossibile che la persona offesa non si lamentasse nel corso del trasferimento in auto dalla suddetta caserma a quella di Tor Sapienza, durante la sosta notturna sul lettino metallico della camera di sicurezza e nel successivo trasferimento da Tor Sapienza a piazzale Clodio, per cui, non avendo nessuno dei Carabinieri coinvolti nel trasporto e nella sosta riferito di avere udito i lamenti del Cucchi, se ne deduce che le lesioni ancora non gli erano state causate».

Dunque, lo stesso avvocato che oggi si è battuto per la richiesta di rinvio a giudizio di cinque Carabinieri, tre con l’accusa di omicidio preterintenzionale e altri due accusati a vario titolo di calunnia e falso in verbale d’arresto, in questo atto che abbiamo allegato, ricorre ad una sentenza d’appello, escludendo ogni responsabilità in capo a questi Carabinieri (D’Alessandro, Di Bernardo, Tedesco, Mandolini e Nicolardi), oggi alla gogna.

Ancora – si legge sempre a pagina 22 del documento – il ricorrente scrive che un altro testimone  (un infermiere del 118) oltre ad altri menzionati, giunto presso la Caserma di Tor Sapienza la notte dell’arresto, non “avevano notato la lesione al capo nella parte anteriore sinistra e la lesione parietale e zigomatica destra, pur avendo notato degli arrossamenti sotto gli occhi, che, tuttavia, evidenzia il ricorrente, vanno collegati alla naturale conformazione del ragazzo, soggetta ad eritemi sotto gli occhi in situazioni stressanti, quale obiettivamente era quella dell’arresto, dovendosene, pertanto, dedurre che ciò avvenne perché le suddette lesioni non erano state provocate prima dell’arrivo del Cucchi a piazzale Clodio”. Non ha dubbi l’avvocato quindi.

Nell’atto si legge chiaramente che “le lesioni non erano state provocate prima dell’arrivo di Cucchi a piazzale Clodio”.

Ultimo passaggio importante e lasciamo al lettore la lettura dell’intero atto, l’avvocato nel ricorso, conferma anche quanto è possibile ascoltare nel video diffuso dalla pagina “Io non li condanno”, e che in poche ore ha totalizzato oltre 30mila visualizzazioni, ovvero “che dal complesso delle deposizioni degli altri testi, si evince che al momento della celebrazione dell’udienza di convalida dell’arresto il Cucchi non presentava quella evidente e marcata maschera ecchimotica”.

Dunque, ci poniamo lo stesso interrogativo che in queste ore si pongono gli utenti in rete, considerato che il caso è diventato molto “social” da entrambe le parti.

Come fanno degli arrossamenti (come specifica il legale di parte civile nel documento) dovuti alla naturale conformazione del ragazzo e rafforzati da eritema che gli insorge in casi di stress, a trasformarsi dopo qualche anno in lividi riconducibili a un presunto violentissimo pestaggio? Come fa a sparire la consapevolezza di un eritema e a trasformarsi in violenza?

E ancora, dove è andata a finire la sicurezza con la quale nell’atto si scrive che se fosse stato pestato non avrebbe deambulato bene nel giorno dell’udienza di convalida (peraltro punto confermato anche dai periti nominati da Gip)? Allora i segni di quel corpo forse non sono stati letti poi così male.

A cura di Elena Ricci