(Corte di Cassazione, Sezione 1 penale, Sentenza 13 novembre 2013, n. 45614)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere
Dott. CAPRIOGLIO Piera M. S – rel. Consigliere
Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1463/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 04/12/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/10/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO;
Udito il Procuratore Generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv.to (OMISSIS), di fiducia.
Nel fatto
1. Con sentenza della corte d’appello di Trieste, in data 4.12.2012, veniva confermata la pronuncia del gup del Tribunale di Udine del 16.6.2010, di condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS), alla pena di anno uno e mesi due di reclusione ed euro 600 di multa ciascuno, per avere illegalmente detenuto materiale esplodente in forte concentrazione, condotta ritenuta rientrante nella previsione di cui alla Legge n. 895 del 1967, articolo 2.
Era emerso dalle stesse indicazioni rese da (OMISSIS) che temendo un’attivita’ di controllo da opera dell’Autorita’ sull’ingente materiale scaduto di 4 e 5 categoria, – ossia fuochi di artificio scaduti o difettosi e circa 800/900 razzi da segnalazione – in suo possesso, aveva deciso di sotterrarlo, noleggiando allo scopo uno escavatore, con l’intenzione di smaltire, distruggendo detto materiale nel giro di breve tempo.
La corte ricordava che era stato accertato, a mezzo di consulenza tecnica irripetibile, che il materiale ammassato all’interno di una buca delle dimensioni di metri 10,90 di lunghezza, di metri 10,60 di larghezza e con profondita’ di 2,5 metri, presentava caratteristiche di micidialita’, assimilabili al materiale esplosivo, trattandosi di ben 134,4 chili di miscele attive, per un volume di tre metri cubi. Il materiale non solo risultava scaduto, e quindi pericoloso e da smaltire, ma era di provenienza incerta ed era privo degli estremi di classificazione ed autorizzazione.
Veniva ribadito che dalla documentazione acquisita era emerso che l’illecita attivita’ posta in essere dagli imputati era del tutto estranea rispetto a quella autorizzata con la licenza, sia con riferimento agli aspetti qualitativi, che con riferimento al luogo ed ai modi dell’intervento.
Non veniva quindi ritenuto ne’ che l’attivita’ rientrasse nella licenza prefettizia rilasciata a nome di (OMISSIS), ne’ che fosse erronea la qualificazione del materiale in termini non gia’ di materiale esplodente, bensi’ di materiale esplosivo.
Quanto alle posizioni soggettive, veniva escluso che (OMISSIS) fosse all’oscuro dell’esistenza del materiale, viste le documentate acquisizioni da parte della (OMISSIS) srl, di cui il prevenuto era amministratore, a titolo oneroso, dei materiali predetti da destinare al servizio non autorizzato di smaltimento ed il contratto stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) per la realizzazione di un trituratore, datato 18.2.2009 e sottoscritto da (OMISSIS).
Pertanto veniva esclusa l’estraneita’ di questi in relazione alla detenzione del materiale, trattandosi di attivita’ che rientrava nell’ambito delle politiche aziendali consolidate nel tempo, anteriori e successive al 2005, non riferibili solo ad (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza, interponevano ricorso per cassazione entrambi gli imputati, con un unico ricorso, con cui deducevano:
2.1 Inosservanza dell’articolo 678 cod. pen, Regio Decreto n. 773 del 1931, articoli 46 e 47 con erronea applicazione della Legge n. 895 del 1967, articolo 2 travisamento del fatto e della prova, illogicita’ della motivazione.
La condotta doveva ritenersi rientrante nella previsione di cui all’articolo 678 cod. pen., atteso che il capo di imputazione faceva riferimento alle materie esplodenti e non agli esplosivi. (OMISSIS) era titolare di licenza prefettizia per fabbricazione e deposito di articoli pirotecnici.
Per potersi parlare di esplosivo era necessaria una concentrazione di materiale in ingente quantita’, con caratteristiche di micidialita’; il fatto che il materiale fosse scaduto non connotava di maggiore pericolosita’ la detenzione , ma anzi ne segnava la diminuzione di efficacia, soprattutto per i razzi.
Viene precisato che i consulenti tecnici non ebbero mai a parlare di micidialita’ dei materiali sotterrati, come riferito nella sentenza dalla corte, atteso che le conclusioni degli esperti starebbero tutte all’interno del perimetro segnato dall’articolo 678 cod. pen..
2.2 Violazione dell’articolo 530 cod. proc. pen. e dell’articolo 27 Cost., travisamento del fatto ed illogicita’ della motivazione, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS): il ritenuto coinvolgimento del menzionato sarebbe fondato sull’argomento che egli non poteva non conoscere, posto che e’ stato escluso che abbia provveduto ad interrare il materiale, operazione che pose in essere l’ (OMISSIS), cosicche’ la costruzione del concorso di (OMISSIS) si fonderebbe su elementi geneticamente inidonei a realizzarlo, attesa la sua pacifica non partecipazione all’azione di interramento.
2.3 violazione dell’articolo 62 bis cod. pen., illogicita’ della motivazione e travisamento del fatto.
Sono state negate le circostanze attenuanti generiche solo in relazione al profilo della pericolosita’ della condotta e dell’elevato rischio per le persone e per l’ambiente, laddove tale valutazione sarebbe del tutto inappagante, poiche’ la condotta di (OMISSIS) si manifesto’ pericolosa solo per la di lui incolumita’, cosi’ come confermano le contenute conseguenze dello scoppio. Il dato del precedente penale non poteva essere valorizzato in negativo, considerando che doveva per converso essere valorizzato il dato della pronta confessione di (OMISSIS), che contribui’ a fare chiarezza sull’accaduto.
Considerato in diritto
Il ricorso e’ infondato e deve essere rigettato.
1. Quanto alla qualificazione del fatto, deve essere evidenziato che la corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto dispensati da questa Corte, secondo cui integra la fattispecie criminosa di illegale detenzione di esplosivi – e non il reato contravvenzionale di detenzione abusiva di materie esplodenti- la condotta che abbia ad oggetto materiali pirotecnici, non micidiali se singolarmente considerati, che in determinate condizioni (quali possono essere l’ingente quantità, il precario confezionamento, la concentrazione in un ambiente angusto e la prossimità a luoghi frequentati da molte persone), costituiscono pericolo per persone o cose, si’ da assumere, nel loro insieme, la caratteristica della micidialita’ (Sez. 1, 24.1.2011, n. 16677, Rv 249958).
Contrariamente a quanto opinato dalla difesa, i giudici del merito non sono incorsi in alcun travisamento della prova, avendo correttamente recepito le evidenze acquisite da un punto di vista fattuale, quanto al rinvenimento all’interno di una buca di due metri e mezzo di profondita’ di ben 134 chili di miscele attive, composte da artifizi pirotecnici di 4 e 5 categoria, scaduti o difettosi e razzi da segnalazione e quanto all’accertamento sull’essersi verificate due esplosioni nel giorno (OMISSIS), la seconda delle quali coinvolse in prima persona (OMISSIS), che riporto’ diverse ustioni sul corpo.
La corte ha poi correttamente gestito anche il dato tecnico, emerso all’esito della consulenza disposta, che chiari’ come la quantita’ del materiale, la sua natura incerta ed eterogenea, le sue caratteristiche specifiche, le modalita’ di detenzione e lavorazione presentavano caratteristiche assimilabili al materiale esplosivo, di classificazione ignota, pericoloso e da smaltire.
La difesa degli imputati ha omesso di considerare che questa Corte ha da tempo precisato, che “anche i giocattoli pirici o altre materie qualificate esplodenti, non micidiali se singolarmente considerate, possono in determinate circostanze acquistare tali caratteristiche, quando dalla loro concentrazione, nelle specifiche circostanze di fatto, derivi una oggettiva ed intrinseca potenzialita’ di pericolo per persone o cose, di guisa che assumano, nel loro insieme, la caratteristica della micidialita’” (Sez. 1, 9/11/1992, n. 4599 Rv. 192413); principio questo a cui i giudici del merito si sono uniformati, allorquando hanno sottolineato i dati dell’ingente quantita’, della intervenuta scadenza dei prodotti, della concentrazione di ben tre metri quadrati di materiale in un ambito angusto, quale la fossa profonda 2,5 metri che venne individuata, che non poteva che rappresentare una situazione di pericolo, conclamata dalle due esplosioni intervenute.
Il primo motivo di ricorso e’ quindi destituito di fondamento, anche considerando che – come correttamente evidenziato nelle sentenze di merito – l’attivita’ posta in essere ed oggetto di monitoraggio non rientrava affatto nei parametri dell’attivita’ autorizzata, sia sotto un profilo quantitativo, che sotto quello qualitativo, visto che gli imputati non avevano alcuna licenza per operare il servizio di smaltimento del detto materiale.
Dunque la condotta perseguita sconfinava in modo manifesto dagli stretti ambiti del reato contravvenzionale.
2. Anche il secondo motivo non puo’ essere apprezzato, poiche’ dal punto di vista soggettivo i giudici del merito hanno correttamente argomentato sulla piena consapevolezza, anche da parte di (OMISSIS) (e quindi non solo di (OMISSIS)) della detenzione dell’ingente quantitativo di materiale scaduto, tanto piu’ che proprio (OMISSIS) era amministratore di (OMISSIS) srl, societa’ che ebbe ad acquisire i materiali esplodenti per poterli smaltire a titolo oneroso; e’ stato dato conto di come il menzionato fosse stato a giorno delle politiche seguite dall’azienda di famiglia, anteriori e successive al 2005, tanto e’ vero che nella licenza che venne rilasciata ad (OMISSIS), il (OMISSIS) era indicato come soggetto autorizzato ad agire in rappresentanza del fratello; egli era amministratore unico di (OMISSIS) srl, che stipulo’ con (OMISSIS) un contratto di consulenza, in forza del quale (OMISSIS) dietro ad un compenso di 50,00 euro il giorno, avrebbe dovuto gestire le attivita’ legate alla licenza di pubblica sicurezza in autonomia.
La deliberazione di ammassare del materiale in condizioni precarie fu frutto di comune intendimento, visto che il materiale fu acquistato in vista dello smaltimento futuro e doveva essere conservato in attesa del trituratore, al riparo da eventuali controlli, che avrebbero rivelato l’esercizio di attivita’ che andava ben oltre i confini dell’autorizzazione rilasciata a (OMISSIS).
L’affermazione di colpevolezza di (OMISSIS) non e’ affatto frutto di una deriva congetturale, ma discende dal comprovato intreccio delle due intraprese che gli imputati posero in essere avvalendosi l’uno dell’opera dell’altro, quella di detenzione di materiale esplodente per cui vi era autorizzazione e quella di accumulo, per il futuro smaltimento, di materiale difettoso o scaduto, non autorizzata.
Il materiale da smaltire era stato acquisito dal (OMISSIS), il che porta a ritenere senza salti logici che la deliberazione di nasconderlo, non potendo detenerlo, sia stata presa in perfetta sintonia, a nulla rilevando il fatto che sia stato poi (OMISSIS) ad aver realizzato lo scavo, trattandosi di impresa familiare, in cui (OMISSIS) operava a tempo pieno.
3. Anche il terzo motivo, ai limiti dell’ammissibilita’, non ha fondamento poiche’ la valutazione operata quanto al trattamento sanzionatorio e’ stata ancorata al dati di gravita’ della condotta ed al precedente specifico fatto registrare da entrambi gli imputati.
Detta ultima circostanza non solo portava a ritenere insussistenti i presupposti per concedere le circostanze attenuanti generiche, ma veniva correttamente ritenuta preclusiva della concedibilita’, per la seconda volta, del beneficio della sospensione condizionale della pena.
La pena peraltro veniva ridotta per il rito in misura superiore di un terzo (da anni due di reclusione veniva ridotta ad anni uno e mesi due di reclusione, anziche’ anni uno e mesi quattro).
La valutazione operata rientra nella plausibile opinabilita’ di apprezzamento, che non e’ censurabile in detta sede , essendo stata legata a dati ritenuti di maggiore significazione rispetto ad altri, senza incorrere ne’ nel travisamento, ne’ nella illogicita’.
Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.