Gli accordi di separazione consensuale.

In sede di separazione, i coniugi possono disciplinare convenzionalmente una serie di aspetti dipendenti dallo scioglimento del vincolo coniugale.
La possibilità di autodeterminarsi responsabilmente è indubbiamente correlata al concetto di famiglia nucleare c.d. privatizzata, a cui si sono ispirate le più importante riforme, come la legge sul divorzio e la legge di riforma del diritto di famiglia.
Istituti come la separazione consensuale o il divorzio congiunto, sono volti proprio a valorizzare le capacità dei coniugi di stabilire le conseguenze della fase patologica di crisi coniugale.
Gli accordi in sede di separazione
Gli accordi tra coniugi costituiscono uno strumento con il quale definire aspetti economici e personali dello scioglimento della relazione.
Sono intese che intervengono a crisi coniugale già in atto, da distinguersi rispetto agli accordi presi prima che la crisi sia anche solo nell’aria, che hanno lo scopo di predeterminare le regole di una futura ed eventuale separazione.
L’accordo di separazione consensuale costituisce un atto essenzialmente negoziale, espressione della capacità dei coniugi di autodeterminare i propri interessi, in piena coerenza con la centralità del principio del consenso nel modello di famiglia delineato dalla legge di riforma ed in ragione del tasso di negozialità dalla stessa legge riconosciuto in relazione ai diversi momenti ed aspetti della dinamica familiare (cfr. Cass., n. 11225/2014).
L’omologazione del giudice
Il giudice interviene di norma a confermare, tramite un decreto di omologa, quanto stabilito dai coniugi in base alla propria autonomia negoziale, verificando il rispetto dell’art. 160 c.c. il quale afferma che “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”.
La giurisprudenza ha costantemente affermato che la separazione consensuale ha un contenuto essenziale, che consiste nel consenso reciproco a vivere separati, nel disciplinare l’affidamento dei figli e l’eventuale assegno di mantenimento, e uncontenuto c.d. eventuale occasionato dalla separazione, consistente in pattuizioni con cui i coniugi disciplinano l’instaurazione di un regime di vita separata attraverso statuizioni patrimoniali ed economiche (cfr. da ultimo Cass. n. 16909/2015).
Ex art. 158 c.c. la separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice.
Pertanto, non potranno essere oggetto di accordi gli status familiari e i diritti a questo connessi, di cui dovrà occuparsi il giudice in sede di omologazione, né potrà essere travalicato il limite invalicabile dell’interesse stabilito dalla Costituzione all’art. 30 (“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”).
Questi accordi occasionati dalla separazione possono essere anteriori, coevi o successivi all’omologazione ed a loro volta omologati dal tribunale o rimanere non omologati (c.d. a latere).
Gli accordi non omologati (a latere)
Il problema principale si è posto proprio relativamente alla validità ed efficacia degli accordi a latere, non contenuti nel verbale sottoposto all’omologazione del giudice: sono accordi funzionalmente e cronologicamente legati alla separazione (ma ad essa estranei) con i quali i coniugi senza omologazione intendono integrare e o modificare gli accordi di separazione omologati.
L’orientamento attualmente prevalente, valorizza l’autonomia negoziale dei coniugi e ritiene l’omologazione un atto di controllo sulla conformità degli accordi relativamente alle disposizioni di legge, considerando i dovei e gli interessi della famiglia che è necessario tutelare.
Circa le pattuizioni convenute dai coniugi antecedentemente o contemporaneamente al decreto di omologazione, e non trasfuse nell’accordo omologato, la Corte di Cassazione ha stabilito la loro operatività soltanto se si collocano, rispetto a quest’ultimo, in posizione di non interferenza (perché riguardano un aspetto che non è disciplinato nell’accordo formale e che è sicuramente compatibile con esso, in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, ovvero perché hanno un carattere meramente specificativo) oppure in posizione di conclamata e incontestabile maggiore o uguale rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo di cui all’art. 158 c.c. (cfr. Cass., n. 20290/2005).
Quando invece si tratta di patti successivi alla separazione omologata, modificativi di quanto stabilito in quella sede, la giurisprudenza ha nel tempo riconosciuto l’importanza dell’autonomia negoziale del coniugi ex art. 1322 c.c. stabilendo la validità e l’efficacia di questi accordi poiché meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
Tali clausole, dirette a migliorare o integrare gli accordi omologati bilanciando gli interessi tra le parti, devono però essere compatibili con l’accordo omologato, senza interferire con quest’ultimo, nonché rispettare i limiti stabiliti dall’art. 160.
Questo indirizzo giurisprudenziale applica ai coniugi separati la regola rebus sic stantibus, concedendogli di rivedere le condizioni di separazione in presenza di circostanze sopravvenute.