La condanna basata su una testimonianza della vittima irreperibile è incompatibile con l’art. 6 Cedu.

(Corte Europea Diritti dell’Uomo, sez. I, sentenza 12 ottobre 2017, n. 26073/13)

Fu accusato di aver cercato di derubare, assieme ad un complice, in strada un uomo, che colpì con pugno mentre cercava di fuggire.

La vittima si recò alla tenenza dei carabinieri ove sporse denuncia e, tramite un riscontro fotografico, identificò gli aggressori.

Non ha potuto, però, confermare l’identificazione in aula, perché, nel frattempo, era diventata irreperibile, sì che non ha potuto controinterrogarlo.

Le Corti italiane pur avendo condotto un esame rigoroso non hanno potuto apprezzare, in modo equo e concreto, l’affidabilità del teste/vittima: è sempre necessario un confronto tra accusatore ed accusato, altrimenti si lede il contraddittorio e si limitano i diritti alla difesa: ciò è incompatibile con le esigenze di un equo processo (Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito [GC] del 2011, Ivanov c. Russia del 25/4/13 e Riahi c. Belgio del 14/6/16).

Oggi la CEDU ha deciso anche il caso Tiziana Pennino c. Italia ravvisando una deroga all’art. 3 Cedu nel presunto maltrattamento da parte dei vigili mentre l’arrestavano per guida in stato d’ebrezza.