La “vendetta” dei carabinieri: arrestati ladri liberati dal giudice.

Una settimana fa il giudice di Treviso liberò tre ladri albanesi appena arrestati. I militari hanno continuato a fare indagini. E il procuratore di Pordenone ha autorizzato l’arresto: fermati a Malpensa

I banditi, tre albanesi, si erano anche gettati nel fiume per sfuggire all’arresto. Non erano riusciti ad evitare le manette, ma poi ci aveva pensato il giudice di Treviso a liberarli poche ore dopo e denunciati “a piede libero”. Secondo la toga non c’erano indizi sufficienti a metterli al fresco.

Eppure l’auto l’avevano rubata il 10 ottobre a Pordenone, c’era la convinzione che fossero loro gli autori di diversi furti, e poi avevano forzato i posti di blocco e cercato di fuggire alla cattura.

Dopo la loro liberazione, era scattato il disappunto dei comandanti dei carabinieri, tanto che il caso è arrivato anche in Parlamento.

Non solo la Lega Nord, ma anche il viceministro all’Economia, Enrico Zanetti, si era detto “sconcertato” per la decisione del giudice.

Il procuratore capo di Treviso, Michele Dalla Cosa, però, aveva difeso l’operato della toga, affermando che “in base alle informazioni in nostro possesso non si poteva fare diversamente”.

A “vendicare”, per così dire, il torto ricevuto dalla procura di Treviso, ci hanno pensato i carabinieri di Pordenone che hanno continuato a fare indagini. E dopo pochi giorni sono riusciti a raccogliere altre evidenze sui reati del terzetto.

Gli investigatori ora sono certi siano loro gli autori del furto in appartamento a Azzano Decimo che era stato messo a segno proprio la sera dell’inseguimento. E questo nonostante il proprietario di casa avesse già riconosciuto, come scrive la Tribuna di Treviso, la bigiotteria trovata nelle tasche di uno dei fuggitivi.

Alla fine il pm di Pordenone, Federica Facchin, ha chiesto al gip Alberto Rossi di provvedere all’arresto dei tre banditi che solo pochi giorni prima erano stati liberati dai colleghi di Treviso.

Ovviamente il terzetto nel frattempo si era organizzato per la fuga: ieri sera intorno alle 19.15 sono andati a Malpensa pronti a lasciare l’Italia per andare a Vienna e sfuggire alla giustizia.

L’ordine di cattura diramato dalla procura di Pordenone ha permesso alla polizia di frontiera di fermarli. La decisione del giudice di Treviso rischiava di regalare una latitanza viennese a tre ladri arrestati con fatica dai carabinieri.

Ma per fortuna altri militari li hanno “vendicati” trovando altre prove per incastrare i malviventi.

Fonte

Ecco cosa dice, a tal proposito, il codice di procedura penale:

Art. 275.
Criteri di scelta delle misure.

1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c). (1)

2. Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata (2) o si ritiene possa essere irrogata.

2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l’applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis e 624-bis del codice penale, nonché all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’articolo 284, comma 1, del presente codice. (3)

2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole. (4)

3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del presente comma, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del presente codice nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, 600-quinquies e, quando non ricorrano le circostanze attenuanti contemplate, 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. (6)

3-bis. Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’articolo 275-bis, comma 1. (9)

4. Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l’età di settanta anni.

4-bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere. (7)

4-ter. Nell’ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135. (7)

4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l’applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie. (7)

4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative. (7)

5. (…) (8).

Vedi custodia in carcere: presunzione assoluta illegittima, Corte Costituzionale, sentenza 29 marzo 2013, n. 57.

Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 31 luglio 2009, n. 31772 e Cassazione Penale, sez. I, sentenza 30 dicembre 2009, n. 50049.
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(1) Comma inserito dall’art. 16, comma 1, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4 e così sostituito dall’art. 14, comma 1, lett. a), della L. 26 marzo 2001, n. 128.
(2) Parole inserite dall’art. 14, comma 1, lett. b), della L. 26 marzo 2001, n. 128.
(3) Comma inserito dall’art. 4, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n. 332 e, successivamente, così sostituito dall’art. 8, comma 1, D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 117.
(4) Comma inserito dall’art. 14, comma 1, lett. c ) della L. 26 marzo 2001, n. 128.
(5) Parole inserite dall’art. 2, comma 1, lett. a) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni, nella L. 23 aprile 2009, n. 38.
(6) Comma modificato dall’art. 5, comma 1, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, dall’art. 1, comma 1, D.L. 9 settembre 1991, n. 292, sostituito dall’art. 5, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 332 e modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a) e a-bis), D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dagli artt. 3, comma 1 e 4, commi 1 e 2, L. 16 aprile 2015, n. 47.
(7) Comma aggiunto dall’art. 1, lett. b), della L. 12 luglio 1999, n. 231.
(8) Il quinto comma è stato abrogato dall’art. 5, comma 2, del D.L. 14 maggio 1993, n. 139, convertito con modificazioni, nella l. 14 luglio 1993, n. 222. Si riporta il testo del comma abrogato: “5. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un program-ma terapeutico di recupero nell’ambito di una struttura autorizzata, e l’interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell’imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per ac-certare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegua il programma di recupero. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso in cui si procede per uno dei delitti previsti dal comma 3.”
(9) Comma inserito dall’art. 4, comma 3, L. 16 aprile 2015, n. 47.