L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato sanzioni pecuniarie per un totale di 9 milioni di euro alle principali compagnie telefoniche (Telecom, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali) per pratiche commerciali scorrette relativamente alla commercializzazione a distanza, online o al telefono, o fuori dei locali commerciali di servizi di telefonia fissa e/o mobile.

Contratti telefonici conclusi al telefono: ecco come difendersi.

I provvedimenti adottati dall’AGCM riguardano la prassi seguita dagli operatori del settore nel periodo di riferimento di dare inizio all’esecuzione del contratto, procedendo all’avvio del processo di attivazione della linea e/o di migrazione da altro operatore, durante la pendenza del termine di 14 giorni previsto per esercitare il diritto di recesso (c.d. periodo di ripensamento) senza acquisire un’espressa richiesta in tal senso da parte del consumatore.

L’Autorità ricorda che il codice del consumo prevede che l’esecuzione del contratto durante il periodo di recesso sia sottratta alla sfera decisionale delle aziende, disciplinandola come una opzione rimessa alla decisione del solo consumatore che, qualora interessato, dovrà farne espressa richiesta, senza che la conclusione del contratto possa in alcun modo essere condizionata dall’assenza di tale volontà.

In particolare, l’Autorità ha accertato 3 principali tipologie di condotte illecite rispetto agli obblighi informativi e agli obblighi formali previsti dal Codice del Consumo:

(a) l’assenza dell’informativa richiesta dal codice del consumo, nel sito web e nelle condizioni generali di contratto, sia in merito al regime dei costi praticato nel caso di esecuzione anticipata del contratto e di successivo recesso del consumatore, sia in merito alla circostanza che eventuali costi sono dovuti solo nel caso in cui l’anticipazione sia stata espressamente richiesta dal consumatore;

(b) la conclusione di contratti online, al telefono o fuori dei locali commerciali procedendo all’avvio delle c.d. procedure di provisioning di attivazione di una nuova linea fissa o di migrazione da altro operatore in assenza dell’autonoma richiesta esplicita del consumatore prevista dalla normativa e, in ogni caso, senza metterlo nella condizione di poter liberamente scegliere tale opzione e di poter concludere il contratto a distanza o fuori dei locali commerciali in assenza di tale volontà;

(c) in caso di esercizio del diritto di ripensamento, l’addebito o la previsione di costi non dovuti in assenza della predetta informativa e/o della richiesta esplicita.

Teleselling, vocal order e vincolo del consumatore.

Particolarmente interessante, poi, risulta una condotta specificamente contestata a Tiscali con riferimento alle procedure di teleselling seguite da questa compagnia (e non nuove nel panorama del teleselling finito nel mirino dell’Autorità).

Ed infatti, l’Autorità ha accertato la violazione degli obblighi previsti dal Codice del Consumo con riferimento alla conclusione del contratto a distanza per mezzo del telefono: la condotta contestata è consistita nella conclusione di contratti a distanza mediante telefono, senza rispettare i requisiti di forma prescritti dall’art. 51, commi 6 (modalità di conclusione) e 7 (conferma del contratto concluso), del Codice del Consumo.

Secondo il comma 6 «quando un contratto a distanza deve essere concluso per telefono, il professionista deve confermare l’offerta al consumatore, il quale è vincolato solo dopo aver firmato l’offerta o dopo averla accettata per iscritto; in tali casi il documento informatico può essere sottoscritto con firma elettronica ai sensi dell’art. 21 d.lgs. n. 82/2005, e successive modificazioni. Dette conferme possono essere effettuate, se il consumatore acconsente, anche su un supporto durevole».

Il vocal order contestato.

Ma qual era la prassi seguita? Secondo il testo del vocal order contestato che l’operatore di Tiscali doveva seguire questi erano i passaggi “obbligati”: «op. Autorizza (…) codice operatore (….) per conto di Tiscali, alla registrazione vocale della sua richiesta di attivazione del servizio? “Cliente: si”) e dalla informativa che con il consenso vocale alla richiesta di attivazione, il consumatore autorizza Tiscali a procedere immediatamente all’attivazione del servizio (“Desidero informarla che, prestando il suo consenso vocale a questa richiesta di attivazione, autorizza Tiscali a procedere immediatamente all’attivazione del servizio di cui le riepilogo le caratteristiche”)».

Seguiva, poi, una mail con un welcome pack nella quale si ringraziava il cliente di aver scelto il servizio di Tiscali.

Senonché, secondo l’Autorità non è questa la prassi corretta richiesta dall’art. 51 Codice del Consumo come, peraltro, più volte affermato dalla stessa autorità in altri provvedimenti (cfr. il caso Wind Infostrada, Fastweb, Green Network).

La procedura corretta.

Ed infatti, il comma 6 «contempl[a] una procedura semplificata e alternativa rispetto alla regola di forma di cui al primo periodo – lo scambio di conferme per iscritto – prescrivendo espressamente che il consumatore esprima il proprio consenso allo scambio di dette conferme mediante supporto durevole (“se il consumatore acconsente”).

Il consenso richiesto dal legislatore implica che il consumatore accetti espressamente, in riscontro a quanto proposto dal professionista, di ricevere la conferma dell’offerta su di un supporto durevole anziché in forma cartacea (o elettronica) e di formulare la propria dichiarazione di conferma mediante supporto durevole, rinunciando così alla cautela di una successiva sottoscrizione separata» (cfr. AGCM provvedimento PS 10026 Wind Infostrada Procedure teleselling).

Ne deriva che occorrono due manifestazioni di consenso: la prima è quella alla stipula del contratto (che ci deve essere sempre) e la seconda è quella a seguire la modalità di conclusione del contratto su supporto durevole (e che può anche non esserci perché facoltativa, ma a quel punto si deve applicare il primo comma).

In base alla prassi dell’Autorità, quindi, non è quindi sufficiente oggi la mera richiesta del consenso alla registrazione ovvero l’acquisizione del consenso del consumatore a che dette conferme vengano effettuate tramite registrazione vocale, senza che il consumatore sia stato preliminarmente e adeguatamente informato, in un linguaggio e con modalità comprensibili, in merito alle modalità alternative di “conclusione” del contratto contemplate dalla norma (la possibilità per il consumatore di concludere il contratto per iscritto) e senza che sia acquisita la sua rinuncia esplicita alla forma scritta, non soddisfano il requisito di cui all’art. 51, comma 6, del Codice del Consumo.

Effetti delle decisioni sulla tutela dei diritti.

Ferma, ovviamente, la possibilità per le compagnie sanzionate di ricorrere alla giustizia amministrativa per contestare la ricostruzione dei fatti ed eventualmente la qualificazione degli stessi, resta da chiedersi se il provvedimento (non impugnato ovvero eventualmente confermato dal giudice del ricorso) possa spiegare una qualche efficacia nei confronti del consumatore che intende agire in giudizio in relazione ai fatti oggetto dei provvedimenti.

Ed infatti, in casi come questi la possibilità che il consumatore possa agire in giudizio è fortemente condizionata dalla possibilità di fornire la prova delle proprie affermazioni (ad esempio: del vocal order seguito dall’operatore nel caso di specie).

Diviene quindi importante poter fare «affidamento» sul provvedimento sebbene quel provvedimento non abbia un’efficacia processuale prossima al giudicato.

Tutt’al più – mancando nel settore delle prassi commerciali (scorrette e/o aggressive) una norma simile all’art. 7 d.lgs. n. 3/2017 che riconosce ai provvedimenti dell’AGCM in materia antitrust un’efficacia equiparabile a quella del giudicato – potrà essere riconosciuta un’efficacia di prova privilegiata e da sola sufficiente (se non emergono fatti contrari relativi al caso singolo) a fondare un’eventuale impugnativa contrattuale.

Del resto, soltanto rendendo efficaci (quantomeno) le azioni follow-on anche in materia di pratiche commerciali scorrette (ed ammettendo senz’altro che la violazione delle norme del codice del consumo, oltre alle sanzioni tipiche eventualmente previste, possa avere una diretta incidenza sul contratto) potremmo ottenere un sistema che garantisce pienamente la tutela del consumatore (nonché, principaliter, la concorrenza) senza che per qualche impresa possa essere più conveniente violare la normativa che rispettarla.