Omicidio colposo. Questo il reato con cui la procura di Rovigo ha iscritto nel registro degli indagati il carabiniere che mercoledì ha sparato, uccidendolo, Mauro Guerra, il giovane di Carmignano a Sant’urbano, in fuga per sottrarsi a un ricovero psichiatrico coatto.
Dimesso dall’ospedale, con una prognosi di un mese, il militare dell’arma che era stato aggredito da Guerra e in cui soccorso era intervenuto il collega che lo ha freddato.
SEGNALI DI SQUILIBRIO.
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nucleo investigativo di Padova che indagano sull’accaduto, da giorni il 33enne, ex carabiniere ausiliario, laureato in Economia, appassionato di body building e buttafuori, stava dando segnali di squilibrio sempre più preoccupanti, con episodi in famiglia e in paese noti alla stazione locale dell’arma che peraltro lo stesso Guerra frequentava abitualmente, come la stessa mattina di mercoledì, per fare un saluto, vista la sua pregressa appartenenza alla benemerita.
LA SITUAZIONE DEGENERA.
È mezzogiorno quando i carabinieri, in continuo contatto con il padre, si presentano a casa del 33enne (alto 1,90 metri per 130 chili) perché la situazione sta degenerando.
A torso nudo, con un bilancere, solleva dei pesi scaraventadoli a terra al punto da piegare la sbarra e provocare danni nell’abitazione. Prende a pugni un tavolo, inclinandolo, recita versetti della Bibbia, inveendo contro il popolo islamico.
LA FUGA PER EVITARE IL RICOVERO.
Guerra ha alle spalle una condanna passata in giudicato del 2014 per atti persecutori commessi ad Este nel 2012, nonché un’altra denuncia per violenza privata, minacce, ingiurie e lesioni che risale al 2009. Un background che, sommato all’escalation di instabilità mostrata nell’ultimo periodo, induce i carabinieri a richiedere, pare in accordo con i familiari, l’intervento del Suem 118 affinché si proceda per un ricovero coatto in una struttura psichiatrica. Con la scusa di “andare in bagno”, il 33enne si sottrae però alle cure dei sanitari nel frattempo giunti sul posto con un’ambulanza e prende la via dei campi.
L’AGGRESSIONE, GLI SPARI.
Solo un brigadiere, mezzofondista, allenato, riesce a stargli dietro e a placcarlo. In tutta risposta si sarebbe beccato un cazzotto, quindi, nel rifermarlo, dopo avergli messo, pare, solo una manetta a un polso, Guerra gli si siede sopra a cavalcioni, colpendolo alla testa e in volto con le stesse manette o con una pietra intrisa di sangue rinvenuta sul posto.
Il carabiniere, esanime, non dà segni di vita e, da distanza ravvicinata, è il maresciallo comandante della stazione locale a reagire in soccorso del collega, sparando dapprima due colpi di pistola in aria, quindi un terzo che colpisce il 33enne al fianco sinistro.
IL DECESSO.
Stando sempre alla ricostruzione fornita dal Nucleo investigativo, nonostante il proiettile lo ha appena perforato da parte a parte, il giovane avrebbe continuato ad accanirsi contro il militare a terra e ci sarebbero voluti quattro carabinieri per ammanettarlo e renderlo inoffensivo.
Stabilizzato sul posto dal personale del Suem 118, cosciente, parlante, non fa in tempo ad arrivare l’elisoccorso per il trasporto in ospedale che a quel punto Guerra ha un improvviso arresto cardiaco e muore.
I FAMILIARI
A non darsi pace della tragedia sono i familiari della vittima. La sorella, Elena, in preda alla disperazione, si è lamentata di non aver potuto nemmeno vedere il cadavere del fratello appena ucciso, “ammazzato come un animale”.
FONTE: Padova Oggi