Si presentano a casa della persona offesa e gli intimano di ritirare la querela. E’ violenza privata (Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, Sentenza 27 gennaio 2020, n. 3115).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIE Irene – Rel. Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi proposti da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato il xx/xx/xxxx;

(OMISSIS) (OMISSIS) nato il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 08/05/2017 della CORTE APPELLO di PERUGIA;

dato avviso alle parti;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Irene SCORDAMAGLIA;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 8 maggio 2017, la Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza del 19 dicembre 2012, pronunciata dal Tribunale di Terni, in punto di riconoscimento della responsabilità di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) per i delitti di cui agli artt. 56 e 610 cod.pen., rispettivamente commessi, in danno di (OMISSIS) Ioan in data 11/1/2010 e il 2/2/2010, e di loro condanna alla pena di giustizia.

2. I ricorsi nell’interesse degli imputati, pur affidati a distinti atti di impugnativa, articolano tre motivi contenenti censure del tutto sovrapponibili così enunciate:

– violazione degli artt. 56 e 610 cod.pen.: nulla di specifico avrebbe argomentato la Corte territoriale in punto di determinatezza di ciò che la parte offesa sarebbe stata costretta a fare, omettere o tollerare in conseguenza della condotta costrittiva degli imputati nelle due ipotesi contestate;

– violazione degli artt. 129 e 529 cod.proc.pen.: avrebbe errato la Corte territoriale nel non derubricare il delitto di tentata violenza privata in quello di minaccia, essendosi gli imputati limitati ad atti di generica intimidazione;

– intervenuta prescrizione dei reati, i relativi termini essendo medio tempore spirati.

3. I ricorsi sono inammissibili.

3.1. Le doglianze articolate con il primo e il secondo motivo di ciascun ricorso constano di rilievi meramente riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai Giudici di merito e che, come tali, non si confrontano con la decisione impugnata (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596), la quale, ha, invece, tratto la prova dell’avvenuta integrazione dei contestati delitti di tentata violenza privata dalle attendibili dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva dichiarato che, in occasione di entrambi gli episodi in cui gli imputati si erano presentati presso la sua abitazione, gli avevano prefigurato che, ove egli avesse denunciato il (OMISSIS) e il (OMISSIS), e, poi, ove non avesse rimesso la querela ormai sporta, «gli avrebbero dato fuoco e lo avrebbero ammazzato».

Trattasi, quindi, di rilievi che si traducono in doglianze volte a suggerire una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, al di fuori dell’allegazione di specifici travisamenti di emergenze processuali, come tali estranee al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944).

Da qui la manifesta infondatezza dei motivi.

3.2. Quanto al rilievo di prescrizione dei reati, medio tempore intervenuta, va fatta applicazione del principio di diritto secondo il quale l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod.proc.pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 217266).

4. S’impone, pertanto, la declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi, cui consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento, ciascuno, della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento, ciascuno, della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il giorno 27 gennaio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.