Legittimo l’obbligo di preconfezionamento per il pane precotto e surgelato (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 27 aprile 2020, n. 8197).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24354/2016 R.G. proposto da:

Aspiag Service s.r.I., Antley Harald, rappresentati e difesi dagli avv.ti Otello Bigolin e Raffaello Gioioso per procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliati in Roma presso lo studio del secondo alla via della Giuliana n. 44;

– ricorrenti –

contro

Azienda per l’Assistenza Sanitaria n. 2 “Bassa Friulana-Isontina”, rappresentata e difesa dall’Avv. Diego Modesti per procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Cannizzaro al Corso d’Italia n. 106;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, n. 102, depositata il 10 aprile 2016.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone nella camera di consiglio del 26 novembre 2019.

Letta la memoria depositata dai ricorrenti, che insistono per l’accoglimento del ricorso.

ATTESO CHE

– La controversia riguarda l’ordinanza-ingiunzione n. 1962/2014, recante sanzione amministrativa di C 524,33, emessa dall’Azienda Sanitaria “Bassa Friulana” nei confronti di Harald Antley, trasgressore principale, e Aspiag Service s.r.I., obbligata solidale, il primo legale rappresentante della Aspiag Service, quest’ultima proprietaria del supermercato “Eurospar” di Lignano Sabbiadoro, laddove era stata accertata la violazione della disciplina sul preconfezionamento del pane ottenuto da completamento di cottura di pane parzialmente precotto surgelato.

– Essendo stata respinta l’opposizione e confermata l’ordinanza in entrambi i gradi di merito, gli ingiunti hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

– Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 3, 41 Cost., art. 14 I. 580/1967, art. 1 d.P.R. 502/1998, omesso esame di fatto decisivo, per aver il giudice d’appello respinto come manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità della normativa sull’obbligo di preconfezionamento del pane parzialmente precotto.

– Il primo motivo è inammissibile: non può costituire oggetto di ricorso per cassazione la valutazione negativa del giudice di merito circa la fondatezza di una questione di legittimità costituzionale, perché il relativo provvedimento ha carattere solo ordinatorio, essendo il potere decisorio riservato alla Corte costituzionale, ed essendo la questione riproponibile in ogni grado di giudizio, dovendosi anzi presumere che la doglianza sulla delibazione del giudice di merito in ordine alla questione di legittimità costituzionale sia finalizzata ad ottenere una pronuncia favorevole sul capo di sentenza regolato dalla norma contestata (Cass. 28 novembre 2014, n. 25343; Cass. 16 aprile 2018, n. 9284).

– Tramite il motivo in scrutinio deve intendersi riproposta l’eccezione di illegittimità costituzionale già respinta dal giudice d’appello, eccezione che occorre qui delibare, a norma dell’art. 23 I. 87/1953, prescissi gli argomenti del rigetto in sede d’appello.

– Ad avviso dei ricorrenti, l’obbligo di preconfezionamento frappone ai rivenditori di pane parzialmente precotto un limite d’iniziativa economica (oltre che discriminatorio rispetto ai rivenditori di pane fresco, altresì) ingiustificato sul piano dell’utilità sociale, trattandosi di una misura non finalizzata alla sicurezza alimentare (come riferito dallo stesso Governo italiano alla Corte di Giustizia in C- 416/00), ed essendo l’informazione dei consumatori garantita da altri presidi di legge (etichettatura e cartellonistica).

– Per uniforme giurisprudenza costituzionale, non vi è lesione della libertà d’iniziativa economica allorché l’apposizione di limiti generali d’esercizio corrisponda all’utilità sociale, a norma dell’art. 41, comma 2, Cost., purché l’individuazione dell’utilità sociale non appaia arbitraria e gli interventi del legislatore non la perseguano con misure palesemente incongrue (ex plurimis, Corte cost. 31 marzo 2015, n. 56; Corte cost. 21 luglio 2016, n. 203; Corte cost.24 gennaio 2017, n. 16; Corte cost. 2 marzo 2018, n. 47).

– Rendere il consumatore edotto di una qualità essenziale del pane, precotto anziché fresco, è sicura ragione di utilità sociale, rispetto alla quale il preconfezionamento non è misura incongrua, poiché si aggiunge ad altre (etichettatura e cartellonistica) nel segnalare al consumatore la lavorazione differenziata del pane in acquisto.

– È manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 14 I. 580/1967, art. 1 d.P.R. 502/1998, in relazione agli artt. 3, 41 Cost., in quanto il preconfezionamento prescritto per il solo pane precotto, e non anche per il pane fresco, costituisce misura non discriminatoria, idonea ad informare il consumatore su una qualità rilevante del prodotto. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 28, 30 TCE, artt. 34, 36 TFUE, art. 14 I. 580/1967, art. 1 d.P.R. 502/1998, per non aver il giudice d’appello disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, sollecitato dagli ingiunti in funzione del principio unionale di libera circolazione delle merci.

– Il secondo motivo è inammissibile: l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia non è una domanda autonoma, rispetto alla quale possa darsi soccombenza, bensì una mera sollecitazione, riproponibile anche nel giudizio di cassazione, nel quale, attesa la sua natura di giudizio di ultimo grado, la facoltà di rinvio si trasforma in un obbligo, sempre che ricorrano le condizioni di rilevanza e decisività della questione (Cass. 10 marzo 2010, n. 5842).

– Tramite il motivo in scrutinio deve intendersi riproposta l’istanza di rinvio pregiudiziale già respinta dal giudice d’appello, istanza che occorre qui delibare, a norma dell’art. 267 TFUE, prescissi gli argomenti del rigetto in sede d’appello.

– Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia non va disposto neppure dal giudice nazionale di ultimo grado qualora non sussista alcun dubbio interpretativo sulla norma unionale, in virtù della sua interpretazione autoevidente o dell’esistenza di precedenti della Corte (Cass. 22 ottobre 2007, n. 22103; Cass. 22 settembre 2009, n. 20403; Cass. 26 marzo 2012, n. 4776; Cass. 16 giugno 2017, n. 15041).

– La Corte di Giustizia ha dichiarato legittimo sul piano unionale l’obbligo di preconfezionamento del pane a cottura frazionata, purché esso sia applicato indistintamente ai prodotti nazionali come agli importati, e non rappresenti, quindi, un ostacolo all’importazione intracomunitaria (CGUE 18 settembre 2003, C- 416/00, More/lato).

– Non sussistono profili residui di incertezza, che esigano ulteriori interventi esegetici della Corte di Giustizia, né è qui sindacabile l’accertamento fattuale del giudice di merito, secondo il quale tutto il pane precotto lavorato dalla Aspiag Service soggiace allo stesso trattamento amministrativo, sia il prodotto interno, che quello importato dall’Austria.

– Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1, 9 d.P.R. 502/1998, circolare minist. 129263/1995, “omessa motivazione”, per non aver il giudice d’appello considerato che detta circolare ammette l’imbustamento del pane precotto fino al momento della vendita e che gran parte del prodotto lavorato dalla Aspiag Service è di provenienza comunitaria;

il quarto motivo di ricorso denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, ancora a proposito della provenienza comunitaria di larga parte della merce;

il quinto motivo di ricorso denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, per aver il giudice d’appello considerato ascrivibile all’Antley, legale rappresentante della Aspiag Service, un illecito amministrativo commesso in uno dei numerosissimi punti-vendita gestiti dalla società.

– Il terzo, quarto e quinto motivo devono essere scrutinati unitariamente, poiché tradiscono la stessa causa di inammissibilità, in quanto:

a) denunciano un vizio di motivazione secondo il paradigma del previgente art. 360, n. 5, c.p.c., viceversa inapplicabile ratione temporis (sentenza d’appello pubblicata dopo 1’11 settembre 2012);

b) ove anche la denuncia motivazionale potesse intendersi riferita, per scopi conservativi, al nuovo paradigma dell’omesso esame”, essa risulterebbe egualmente inammissibile, preclusa dalla “doppia conforme” ex art. 348-ter, comma 5, c.p.c., questo applicabile ratione temporis (ricorso d’appello depositato dopo l’11 settembre 2012).

– Sul terzo, quarto e quinto motivo, è opportuno aggiungere che:

i) le circolari amministrative non hanno natura normativa, sicché la loro violazione non è denunciabile per cassazione (Cass. 30 maggio 2005, n. 11449; Cass. 10 agosto 2015, n. 16644; Cass. 25 luglio 2018, n. 19697);

il) l’obbligo normativo di “preconfezionamento” (art. 1 d.P.R. 502/1998) ovviamente prevale sull’autorizzazione amministrativa al confezionamento estemporaneo (CGUE 18 settembre 2003, cit.);

iii) come esige il principio unionale di “mutuo riconoscimento”, al quale è intitolato, l’art. 9 d.P.R. 502/1998 implica che l’ordinamento nazionale accetti le condizioni di legalità del prodotto finito d’importazione intracomunitaria, ma il disposto non riguarda il pane che, terminando il suo ciclo di cottura in Italia, resta soggetto alle norme interne di commercializzazione;

iv) quando la giurisprudenza di legittimità, con riferimento a società commerciali di notevoli dimensioni, stabilisce che la responsabilità amministrativa sia imputata al direttore dell’unità nella quale è stato commesso l’illecito, anziché al legale rappresentante della società, lo stabilisce per fattispecie di stretto rilievo locale, laddove, cioè, non vi sia stata «alcuna omissione, di direttive o di controlli, imputabile al legale rappresentante della predetta» (Cass. 25 maggio 2011, n. 11481);

v) la responsabilità dell’Antley è stata da entrambi i giudici di merito fondata non sulla sua astratta posizione di legale rappresentante della Aspiag Service, bensì sulla concreta sussistenza di un modulo operativo generale, praticato dai differenti punti-vendita della società in tutta Italia, sì da poter essere riferito a direttive di emanazione centrale (apprezzamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, viepiù per l’esistenza della “doppia conforme” ex art. 348-ter, comma 5, c.p.c.).

– Il ricorso deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine al regolamento delle spese di giudizio e al raddoppio del contributo unificato.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 1.000,00 per compensi, oltre C 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2019.

Depositato i Cancelleria il 27 aprile 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.