REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIANI Vincenzo – Presidente
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere
Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ARPAIA ANTONIO nato a SAN GIUSEPPE VESUVIANO il 02/10/1972;
avverso l’ordinanza del 13/03/2019 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
lette le conclusioni del PG, Dott. Paolo Canevelli, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Sorveglianza di Salerno revocava la misura della semilibertà nei confronti di Arpaia Antonio.
Il provvedimento veniva adottato in quanto i Carabinieri avevano riferito che Arpaia era stato denunciato per i delitti di cui agli artt. 392, 610 e 612 cod. pen., non era stato trovato in casa in occasione di un controllo operato l’1/1/2019, in tre occasioni non si era presentato sul posto di lavoro senza produrre certificato medico e, infine, era stato denunciato per il delitto di cui all’art. 393 cod. pen.
Secondo il Tribunale, si trattava di comportamento tale da determinare la revoca del beneficio.
2. Ricorre per cassazione il difensore di Antonio Arpaia, deducendo violazione di legge ed erronea valutazione di una prova decisiva.
La misura era stata adottata per le denunce presentate contro Arpaia, per l’assenza dall’abitazione in occasione di un controllo e per l’assenza ingiustificata dal lavoro in due occasioni.
Il ricorrente osserva che le denunce proposte non erano sufficienti per ritenere Arpaia autore di condotte illecite e che, in occasione del controllo operato l’1/1/2019, Arpaia non era in casa perché si trovava con i propri familiari a festeggiare il Capodanno: in ogni caso, nessun reato era stato commesso; infine, l’assenza dal lavoro era derivato da un malessere transitorio che era stato riferito sia al datore di lavoro che ai Carabinieri.
Secondo il ricorrente, per la revoca della misura della semilibertà non è sufficiente la mera violazione delle prescrizioni del programma di trattamento, essendo necessario accertare anche l’atteggiamento psicologico del soggetto per verificare se lo stesso sia o meno idoneo al trattamento.
In un secondo motivo il ricorrente deduce illogicità e scarnezza della motivazione e, in un terzo sottolinea le informazioni positive della Direzione del Carcere.
3. Il Procuratore generale, Dott. Paolo Canevelli, nella requisitoria scritta conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e determina l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
L’art. 50, comma 1, legge 354 del 1975 prevede che il provvedimento di semilibertà possa essere revocato in ogni tempo “quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento”: quindi, la legge esclude qualsiasi automatismo in presenza di violazioni alle prescrizioni o condotte non positive del condannato (salvo il caso, previsto dai commi successivi, di un’assenza dall’istituto per un tempo maggiore di dodici ore), affidando al Tribunale di Sorveglianza una valutazione che colleghi tali condotte ad un giudizio di non idoneità al trattamento.
Questa Corte, infatti, ha più volte affermato che, ai fini del giudizio di revoca del beneficio della semilibertà, assumono rilievo le condotte che, per natura, modalità di commissione ed oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento, dovendosi valutare se il complessivo comportamento del condannato riveli l’inidoneità al trattamento e quindi l’esito negativo dell’esperimento (Sez. 1, n. 46631 del 25/10/2019 – dep. 18/11/2019, OCORO VELASQUEZ ROIMER ALEXIS, Rv. 27745201; Sez. 1, n. 31739 del 01/07/2010 – dep. 12/08/2010, Farouq, Rv. 248357).
La lettura del provvedimento impugnato dimostra che il Tribunale di Sorveglianza non ha proceduto a tale necessaria valutazione: in effetti, la motivazione contiene soltanto l’elenco degli eventi “negativi” a carico di Arpaia, cui segue l’affermazione – sostanzialmente immotivata – secondo cui il comportamento del soggetto era stato tale da determinare la revoca del beneficio.
La valutazione di cui si è detto presuppone, invece, una verifica della consistenza e della gravità delle condotte menzionate.
Quanto alle denunce presentate contro Arpaia, da una parte il Tribunale di Sorveglianza non è tenuto ad attendere un’affermazione di responsabilità definitiva del giudice penale, dall’altra può e deve valutare incidentalmente il contenuto degli atti in base al principio generale stabilito dall’art. 2, comma 2, cod. proc. pen.: in effetti, la mera presentazione di una denuncia non fornisce garanzie in ordine ad una probabile responsabilità del denunciato, mancando una valutazione da parte di un altro giudice (come avviene, invece, ad esempio, quando nei confronti del soggetto viene emessa una misura cautelare).
Il Tribunale, inoltre, deve valutare la gravità delle condotte e anche le giustificazioni addotte dal semilibero: ancora una volta, non è il numero degli “eventi” avversi a determinare la decisione (anche se un numero elevato può risultare significativo), ma la loro gravità e, in definitiva, la loro capacità di dimostrare l’inidoneità del semilibero al trattamento.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza n. 432 del 13 – 15 marzo 2019 con cui il Tribunale di Sorveglianza di Salerno ha revocato la misura della semilibertà nei confronti di Arpaia Antonio e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza suddetto.
Così deciso il 1° luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020.