ABUSO DI UFFICIO: omissione o rifiuto di atti d’ufficio (Corte di Cassazione, Sez. VI Penale, Sentenza 28 agosto 2017, n. 39481).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARCANO Domenico – Presidente –

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere –

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

L.B.D., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/07/2016 della Corte di appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Laura Scalia;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore, avv. Luciano Nalli, sostituto processuale degli avv.ti Fabrizio Ragni e Marco Giacomucci, che si riporta al ricorso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte di appello di Bologna con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Forlì all’esito di giudizio abbreviato, ha convertito la pena detentiva applicata dal primo giudice in quella pecuniaria di 4.560,00 Euro di multa, confermando, nel resto l’impugnata sentenza che aveva condannato l’imputato, L.B.D., per il reato di cui all’art. 328 c.p..

2. Il L.B., legale rappresentante dell’omonima carrozzeria, pubblico ufficiale in quanto nominato custode giudiziario dell’autovettura Autobianchi Y10 targata (OMISSIS), sottoposta a sequestro preventivo finalizzato a confisca, aveva rifiutato indebitamente un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia, doveva essere compiuto senza ritardo.

Il prevenuto invero aveva omesso di consegnare il veicolo ai carabinieri della compagnia di Forlì, poichè il proprietario del bene, nominato custode per successivo decreto ed a cui il mezzo doveva essere affidato dagli operanti, non gli aveva corrisposto le spese di deposito fino a quella data maturate.

3. Ricorrono per la cassazione della sentenza i difensori di fiducia dell’imputato con tre motivi di annullamento.

3.1 La Corte di appello, incorrendo in violazione della norma penale, avrebbe erroneamente ritenuto la qualifica di pubblico ufficiale in capo all’imputato, nominato custode giudiziale per decreto G.i.p. del Tribunale di Forlì in data 26 dicembre 2005 di autovettura sottoposta a sequestro preventivo per verbale della p.g. in data 26 dicembre 2008, elevato ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) ai danni del proprietario del mezzo, che era stato sorpreso alla guida in stato di ebbrezza.

La Corte territoriale non avrebbe valutato il successivo decreto del 31 dicembre 2008 del G.i.p. di convalida del sequestro e di nomina, quale custode, del proprietario, provvedimento all’esito del quale l’imputato avrebbe perduto, al momento dell’accertamento del fatto il 23 febbraio 2009, la contestatagli qualità e sarebbe venuta meno la configurabilità del reato proprio di cui all’art. 328 cod. pen..

3.2 E reato ascritto all’imputato sarebbe stato comunque scriminato dall’esercizio del diritto di ritenzione, ai sensi dell’art. 2756 c.c. , a fronte del mancato pagamento dei compensi a lui dovuti dal proprietario quali spese di custodia e deposito, quantomeno dalla data di nomina del proprietario a custode.

L’interlocuzione scritta avuta con il dirigente della procura di Forlì, avrebbe poi confermato il L.B. nel convincimento che il pagamento delle spese di custodia gravasse sul proprietario e non sull’erario, mero anticipatario. Inoltre il proprietario dopo la notifica del decreto di nomina e di affidamento avrebbe spontaneamente deciso di continuare a lasciare in deposito il mezzo presso la depositeria del prevenuto.

3.3 La sentenza avrebbe erroneamente applicato la norma penale con riferimento all’art. 47 c.p. , comma 3, dovendo la Corte territoriale ritenere che l’imputato avesse agito per errore su legge diversa da quella penale, non integrativa del reato: tale sarebbe stato l’art. 2756 c.c. ed il correlato ivi previsto diritto di ritenzione.

  1. Il ricorso è, per i proposti motivi, manifestamente infondato e come tale inammissibile.

4.1 Quanto alla configurabilità del reato proprio contestato, vero è che l’imputato, come correttamente rilevato dalla Corte di appello di Bologna con motivazione piena e validamente esposta e come tale non sindacabile in questa sede, nel momento in cui, in esecuzione del decreto di convalida del sequestro preventivo del G.i.p. del 31 dicembre 2008, veniva richiesto dalla p.g. operante dell’autoveicolo perchè il mezzo venisse restituito al proprietario, si trovava nel possesso del mezzo in qualità di custode.

Egli infatti aveva ricevuto l’affidamento del mezzo dalla p.g. che aveva fermato il proprietario mentre questi si trovava alla guida del veicolo in stato di ubriachezza e che aveva provveduto con urgenza al sequestro preventivo finalizzato alla confisca amministrativa (ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2, lett. c) e art. 224-ter), con consegna al depositario in giudiziale custodia.

4.2 Nell’indicata premessa, integra il reato di omissione o rifiuto di atti di ufficio la condotta del custode di cose sottoposte a sequestro penale o amministrativo il quale venga meno agli obblighi che debbano trovare esecuzione senza ritardo a lui imposti per ragioni di giustizia, là dove le ragioni di giustizia devono identificarsi con quelle che riguardano il regolare compimento di tutte le attività relative alla gestione dell’amministrazione della giustizia.

4.3 La natura pubblica della custodia esclude la configurabilità dell’esercizio del diritto di ritenzione destinato invece ad operare là dove si fronteggino posizioni paritetiche entrambe contrassegnate da rilievo privatistico.

Ove il soggetto, affidatario con obblighi di custodia di un autoveicolo, sia tenuto alla restituzione del bene in seguito a provvedimento di convalida del sequestro preventivo già operato dalla p.g., il credito che egli eventualmente vanti nei confronti del proprietario, a cui il bene stesso debba essere restituito per ragioni di giustizia, non può valere a scriminare la condotta di rifiuto alla restituzione da lui frapposta.

4.4 L’art. 2756 c.c. invocato in ricorso – destinato a valere in sede di esecuzione civile e diretto a definire il privilegio che assiste il credito maturato da chi, avendo sostenuto spese di conservazione e custodia, può trattenere presso di sè il bene fino a che non venga soddisfatto nelle sue ragioni – non opera e non scrimina la condotta del custode che in violazione dell’art. 328 c.p. rifiuti la restituzione del bene in quanto il tantundem è sorto in adempimento di un munus pubblico.

Il custode-creditore è legittimato a chiedere la liquidazione dei maturati compensi all’erario quale anticipatario del privato contravventore che abbia subito il provvedimento di sequestro.

In ogni caso, il custode non può rifiutare la restituzione del bene in esecuzione di un provvedimento dell’A.G. in ragione della natura pubblica dell’assolto compito che non tollera, come tale, improprie interferenze con ragioni squisitamente privatistiche.

5. Ogni altra critica assorbita, il ricorso va dichiarato inammissibile.

6. Alla inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2017.