Arresto eseguito dal privato cittadino: senza alcun RITARDO deve essere consegnato ai Carabinieri (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 23 ottobre 2018, n. 48332).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. – Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

Dott. SCARLINI Enrico V.S. – rel. Consigliere –

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.F., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13/10/2016 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LIGNOLA Ferdinando, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

L’Avvocato G. Russo per il ricorrente ne chiede l’accoglimento.

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza del 13 ottobre 2016, la Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Gela, riconosceva all’appellante R.F. le circostanze attenuanti generiche, le giudicava prevalenti sulla contestata aggravante e rideterminava la pena inflitta, confermando le già disposte statuizioni civili.

R. era accusato di avere privato il minore L.R.F., all’epoca del fatto di anni 13, della libertà personale costringendolo a salire sulla propria autovettura e legandovelo con una corda. In (OMISSIS).

La Corte nissena osservava che:

– la versione del giovane (accusato dall’imputato di avergli rubato dei cuccioli di cane), di essere stato dal R. legato per essere condotto dai carabinieri, aveva trovato conferma nelle deposizioni di due testimoni, vicini di campagna dell’imputato, della cui attendibilità non vi era motivo di dubitare;

– la condotta del R., che aveva legato il tredicenne e l’aveva assicurato alla sua autovettura, non poteva considerarsi un caso di arresto operato da privato non essendo stato provato lo stato di flagranza e non essendo avvenuta, la consegna all’autorità, senza ritardo, come previsto dall’art. 383 c.p.p. ( R. aveva mostrato il giovane ai vicini);

– la condotta contestata concretava il delitto contestato, e non i diversi reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e di violenza privata, posto che questa si era risolta nel limitare, con la forza, la libertà personale del minore (senza che vi fosse la possibilità di adire al giudice per ottenere tale restrizione personale ad opera del privato);

– non poteva escludersi l’aggravante della minore età in considerazione dell’evidenza della stessa ( L.R. aveva tredici anni).

2 – Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.

2 – 1 – Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della configurabilità dell’ipotesi prevista dall’art. 383 c.p.p., l’arresto da parte di un privato. I carabinieri intervenuti, infatti, avevano constatato la rimozione della rete di recinzione e l’asportazione della gabbia degli animali. Il complice era poi fuggito. Sussisteva pertanto lo stato di flagranza.

L’imputato aveva utilizzato mezzi idonei allo scopo e la sosta presso i vicini non aveva inciso sulla regolarità dell’atto.

2 – 2 – Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione all’avvenuto riconoscimento della circostanza aggravante della minore età della persona offesa.

Solo dopo il colloquio con i vicini il ricorrente era venuto a conoscenza delle generalità del giovane. Ne deriva che prima non poteva sapere che L.R. fosse minorenne ed anche non imputabile.

2 – 3 – Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in riferimento alla omessa motivazione sulla doglianza relativa all’avvenuto risarcimento del danno proposta con il quinto motivo di appello.

Motivi della decisione

Il ricorso promosso nell’interesse del R. va accolto limitatamente al mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 6.

Nel resto è infondato e va rigettato.

1 – Il primo motivo è infondato perché, come aveva rilevato la Corte territoriale, la consegna alle autorità non era avvenuta, come imposto dall’art. 383 c.p., “senza ritardo”.

Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare che la “ratio” dell’art. 383 c.p.p., comma 2, che prevede la facoltà di arresto da parte dei privati, è che questi consegnino l’arrestato alla polizia giudiziaria senza ritardo, e cioè nel più breve tempo possibile, in modo da evitare che una misura eccezionale si trasformi in un sequestro di persona dell’arrestato.

Determinante ai fini della legittimità dell’arresto è la circostanza che la persona arrestata non sia trattenuta dai privati, intervenuti nell’operazione, oltre il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della consegna agli organi di Polizia (Sez. 5, n. 1603 del 04/05/1993, Di Stanislao, Rv. 195385).

Nel caso di specie, invece, l’imputato aveva condotto il giovane dai suoi vicini di abitazione per indagare sulle sue esatte generalità, compiendo pertanto attività che non gli competevano e che avevano ritardato la consegna dello stesso all’autorità.

Oltre a ciò, l’imputato:

– aveva utilizzato mezzi di contenzione la cui necessità non era affatto provata (aveva legato il giovane e l’aveva assicurato alla propria auto, con la medesima corda), il cui uso non gli era comunque consentito;

– anche dopo avere conosciuto le generalità del giovane, e la sua età, ne aveva mantenuto la restrizione fisica.

2 – L’ultima osservazione consente di ritenere infondata anche la doglianza attinente alla sussistenza della circostanza aggravante visto che, appunto, anche dopo avere conosciuto l’età del L.R., il R. l’aveva mantenuto legato.

3 – La Corte territoriale, invece, nulla ha argomentato in ordine al motivo di appello relativo alla censura per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 6, un motivo che non era generico posto che in esso si era lamentata l’erroneità della decisione del primo giudice sia in riferimento al preteso ravvedimento dell’imputato, sia in relazione alla congruità della somma di denaro offerta a ristoro del danno.

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della corte di appello di Caltanissetta. 

Rigetta nel resto il ricorso. 

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018.