AUTOVELOX: la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 19 novembre 2007, n. 23978).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – est. Presidente

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere

Dott. ATRIPALDI Umberto – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI CORIGLIANO CALABRO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE XXI APRILE n. 11, rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO SALVATORE ALBERTO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI GENTILE 22, presso lo studio dell’avvocato BAFFA COSTANTINO FRANCESCO, che lo difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 630/05 del Giudice di pace di CORIGLIANO CALABRO del 21.10.05, depositata il 03/11/05;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 30/04/07 dal Consigliere Dott. Umberto ATRIPALDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Romano Salvatore Alberto che si riporta al ricorso;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI GIAMPAOLO, che ha concluso visto l’art. 375 c.p.c., per l’accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza, con le conseguenze di legge.

E’ presente il P.G. in persona del Dr. EDUARDO VITTORIO SCARDACCIONE che conferma le conclusioni scritte.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Comune di Corigliano Calabro impugna per Cassazione la sentenza 3.11.05 con la quale il G.d.P. in loco, su ricorso in opposizione proposto da L.M., ha annullato il verbale di contestazione n. (OMISSIS) redatto il 30.3.05 dalla polizia municipale a carico del detto opponente per violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8.

Parte intimata resiste con controricorso. Il G.d.P è pervenuto all’adottata decisione, annullando l’impugnato verbale per omessa contestazione immediata dell’infrazione accertata a mezzo d’apparecchiatura automatica, sulla base delle seguenti considerazioni:

– 1 – che dell’utilizzazione d’apparecchiature elettroniche di rilevamento delle infrazioni non fosse stata data idonea informazione all’utenza;

– 2 – che il decreto prefettizio di classificazione del tratto di strada in discussione tra quelli nei quali utilizzazione d’apparecchiature elettroniche di rilevamento esonera dalla contestazione immediata fosse da ritenere carente d’elementi motivazionali e privo d’una congrua istruttoria e pertanto di disapplicazione;

– 3 – che l’apparecchiatura utilizzata per la rilevazione fosse obsoleta, incompatibile con la normativa introdotta successivamente alla sua omologazione ed inidonea per mancata taratura periodica.

Il ricorrente, con i due principali motivi di ricorso – oltre un terzo sulle spese – denunzia:

– A – Sotto distinti ed autonomi profili: Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: Violazione degli artt. 200 e 201 C.d.S. (in particolare comma 1 bis, lett. e) (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e dell’artt. 384 e 385 reg. esec. att. C.d.S. (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495).

In subordine: Violazione degli artt. 200 e 201 C.d.S. (in particolare comma 1 bis, lett. f) (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285).

Violazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, convertito con modificazioni con la L. 1 agosto 2002, n. 168.

Violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 186, n. 2248, art. 5, all. E, e dei principi di diritto in tema di disapplicazione.

Violazione del Decreto del Prefetto di Cosenza 8.9.2003, n. 46.

Violazione del diritto di difesa e delle norme processuali a tutela del predetto diritto costituzionale, (art. 360 c.p.c., n. 3).

Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

– B – Sotto distinti ed autonomi profili: Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: Violazione degli artt. 142 e 201 C.d.S. (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e dell’art. 345 reg. esec. att. C.d.S., (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495). Violazione del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, convertito con modificazioni con la L. 1 agosto 2002, n. 168. Violazione del D.M. Lavori Pubblici n. 2961 del 27 novembre 1989 e D.M. Lavori Pubblici 19 settembre 1996, n. 3480. Violazione del D.M. Lavori Pubblici del 29 ottobre 1997 (art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale fa pervenire requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso siccome manifestamente fondato.

Segue ulteriore difesa del ricorrente con memoria.

Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dall’intimato sulla considerazione che le sentenze del G.d.P. siano impugnabili per Cassazione solo per violazione di legge e non anche per vizi di motivazione, mentre, nella specie, solo questi ultimi sarebbero stati dedotti dal ricorrente.

Al riguardo, devesi rilevare che non solo il ricorso è basato su specifiche censure per violazione di legge, ma altresì che, in materia di opposizione a sanzione amministrativa, non trova applicazione l’art. 113 c.p.c. e non si fa luogo a pronunzia secondo equità per espressa disposizione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 9, della come modificato dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, art. 99; d’altronde, quand’anche tale disposizione non esistesse, sarebbe, comunque, evidente che le opposizioni ex L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 e segg., della non rientrano nella competenza del G.d.P. stabilita ratione valoris dal c.p.c., art. 7/1, comma 1, cui fa riferimento l’art. 113 c.p.c., ma in quella speciale attribuita dalla detta legge e successive modificazioni (art. 22 bis c.p.c.) ratione materiae, onde al riguardo non troverebbe in ogni caso applicazione il richiamato art. 113 c.p.c. (Cass. 10.3.05 n. 5297).

Ciò posto, le considerazioni svolte dal Procuratore Generale e la conclusione cui è pervenuto sono senza dubbio da condividere.

– 1 – Il G.d.P. afferma l’illegittimità dell’accertamento della violazione all’imposto limite di velocità in quanto ritiene che dell’installazione dell’apparecchiatura di rilevamento automatico non fosse stata data idonea informazione agli utenti, essendo “fatto notorio” che “nelle sedi stradali ove è stata accertata la violazione a mezzo d’apparecchiatura automatica sono presenti due soli segnali informativi connotati da una totale assenza di riferimento al Decreto Prefettizio e pertanto fuori da ogni prototipo di pannello a messaggio variabile” ed inoltre “gli stessi, ancorchè collocati in sedi poco visibili, si rendono di difficile percezione ed ingenerano confusione con la segnaletica stradale ivi presente”.

Tale affermazione è inficiata da più errori. Come da consolidato insegnamento di questa Corte, l’utilizzazione del fatto notorio, comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio e dando luogo a prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati nè controllati, va inteso in senso rigoroso, id est come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile; di guisa che non possono essere annoverate tra le nozioni di comune conoscenza, intesa quale esperienza dell’individuo medio in un dato tempo ed in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implichino cognizioni particolari od anche solo la pratica di determinate situazioni, come, nel caso, le caratteristiche ed il posizionamenti dei cartelli; tanto meno può, poi, soccorrere la scienza individuale del giudice, poichè questa, in quanto non universale, non è annoverabile nella categoria del notorio, neppur quando la cognizione gli derivi dall’avvenuta disamina d’analoghe controversie (Cass. 8.8.02 n. 11946, 12.9.03 n. 13426, 7.3.05 n. 4862).

Quanto alla collocazione ed alla visibilità del cartello, sull’esistenza del quale non v’era contestazione, incombeva alla parte opponente, a fronte della presunzione di legittimità dell’attività amministrativa, dimostrare l’eventuale difetto di conformità dello stesso alle prescrizioni degli artt. 79 ed 80 reg.

C.d.S., dimostrazione che dall’impugnata sentenza non risulta fosse stata fornita ed alla quale, per quanto sopra evidenziato, non poteva sostituirsi la generica personale opinione del giudice.

Quanto alla mancanza di riferimenti al decreto prefettizio sul cartello, nessuna norma impone tale indicazione, mentre l’art. 77 reg. C.d.S., impone che sia indicato sul retro del segnale l’ente o l’amministrazione proprietaria della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale, l’anno di fabbricazione e il numero dell’autorizzazione concessa dal Ministero alla ditta stessa, nonchè – ma per i soli segnali di prescrizione, e non è il caso in esame – gli estremi dell’ordinanza di apposizione – che, nel caso, sarebbe stata quella d’apposizione adottata dal sindaco e non il presupposto decreto di classificazione adottato dal prefetto.

Persino per i segnali di prescrizione, peraltro, si è evidenziato che la mancata indicazione, sul retro del segnale verticale, degli estremi dell’ordinanza di apposizione – indicazione imposta dall’art. 77 reg. esec. C.d.S., comma 7, – non determina l’illegittimità del segnale, e non esime l’utente della strada dall’obbligo di rispettarne la prescrizione, non trattandosi di una difformità rispetto alla previsione normativa tale da rendere il cartello inidoneo a svolgere la funzione propria del segnale stradale, che è quella di rendere nota all’utente della strada la norma di condotta da osservare (Cass. 22.2.06 n. 3962, 20.3.06 n. 7125, 13.4.06 n. 8660).

– 2 – Con la normativa introdotta nel 2002 (D.Lgs. n. 9, D.L. n. 121, L. n. 168) il legislatore ha inteso regolare ex novo, onde colmare le lacune ordinamentali che avevano determinato difformi modalità attuative e dubbi di costituzionalità, la materia del rilevamento delle violazioni mediante apparecchiature elettroniche in determinate situazioni.

A tal fine, giusta quanto è desumibile dall’inequivoco tenore letterale del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, come modificato dalla Legge di Conversione 1 agosto 2002, n. 168, si è stabilito che:

a – i dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S. (limiti di velocità e sorpasso) possono essere utilizzati od installati sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all’art. 2 C.d.S., comma 2, lettere A e B;

b – gli stessi dispositivi possono essere utilizzati od installati sulle strade extraurbane secondarie e sulle strade urbane di scorrimento di cui alla medesima norma, lettere C e D, ovvero su singoli tratti di esse, ove specificamente individuati, con apposito decreto prefettizio, in ragione del tasso d’incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati;

c – dell’utilizzazione od installazione dei detti dispositivi deve essere data informazione agli automobilisti;

d – la violazione deve essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi idonei ad accertare il fatto costituente illecito ed i dati d’immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione;

e – l’utilizzazione di dispositivi che consentano il rilevamento automatico della violazione senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti è subordinata all’approvazione od omologazione dei dispositivi stessi ai sensi dell’art. 45 C.d.S., comma 6;

f – in caso d’utilizzazione dei dispositivi in questione secondo quanto stabilito nei precedenti punti, non sussiste l’obbligo di contestazione immediata di cui all’art. 200 C.d.S..

Ne deriva che il disposto del comma 1, integrato con quello del comma 2, della norma in esame – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri d’individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali -, evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi dequibus, tra l’altro, anche in funzione del comma 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata.

E’, inoltre, da rilevare come l’indicazione, nel verbale di contestazione notificato, d’una delle ragioni che rendono ammissibile, ex lege, la contestazione differita dell’infrazione, come il riferimento al decreto prefettizio adottato nel caso sub b), non è una mera motivazione di stile, ma il richiamo d’una specifica disposizione normativa che rende ipso facto legittimo il verbale e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine d’apprezzamento da parte del giudice (Cass. 17.3.05 n. 5861, 8.8.03 n. 11971, 15.11.01 n. 14313).

Al riguardo, l’intimato eccepisce, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Carta Fondamentale, l’incostituzionalità della norma in esame per violazione del diritto di difesa, in quanto esperibile in caso di contestazione immediata ma non in caso di contestazione differita, non essendo stabilita dal legislatore ma rimessa ad un organo amministrativo l’individuazione delle situazioni nelle quali lo stesso possa o meno essere esercitato e risultando un trattamento difforme degli utenti in relazione alle caratteristiche del tratto di strada percorso.

L’eccezione è manifestamente infondata.

Il legislatore ha predeterminato tutti i criteri ai quali gli organi chiamati a concorrere nel procedimento complesso d’individuazione delle strade o tratti di esse di cui alla norma in esame, rimettendo ai detti organi – unici in grado d’effettuare le necessarie valutazioni in sede locale, tecniche, sulla base della diretta cognizione delle condizioni delle strade e del traffico nel territorio, e di merito, sulla base della valutazione ponderata delle varie esigenze della popolazione ed in particolare degli utenti – la sola concreta applicazione, alle singole situazioni, mediante decreti attuativi delle compiute direttive impartite con la norma stessa; di tal che non può obiettivamente ritenersi esercitato dai detti organi amministrativi un potere normativo, se pur secondario, in materia riservata al legislatore.

Il quale, nello stabilire i detti criteri, ha operato una scelta discrezionale e non irragionevole, essendo ogni determinazione adottata in tema di limiti alla velocità dei mezzi in circolazione sulle pubbliche strade nonchè di strumenti idonei a prevenire e reprimere le inerenti violazioni normativamente finalizzata alla difesa del bene primario della vita delle persone che utilizzano le strade stesse o che alla tutela di tale primario interesse sono funzionalmente preposte, secondo scelte insindacabili espresse all’esito di complesse valutazioni tecniche, politiche, nonchè di opportunità generale.

Nè tale scelta legislativa presta il fianco a dubbi di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 24 Carta Fondamentale, avuto riguardo all’obiettiva diversità delle condizioni di fatto nelle quali è commessa l’infrazione – quelle, appunto, in ragione delle quali il legislatore ha ritenuto doversi evitare le situazioni di pericolo e/o d’intralcio determinate dal fermo dei veicoli al fine della contestazione rispetto a quelle nelle quali situazioni siffatte non sono riscontrabili – e tenuto conto che il diritto di difesa del preteso trasgressore è, in ogni caso, pienamente tutelato dall’obbligatorietà della contestazione dell’infrazione, ancorchè non necessariamente immediata, e dalla possibilità per lo stesso d’esperire contro il provvedimento sanzionatorio i rimedi previsti dalla legge in sede amministrativa e giurisdizionale.

Ciò posto, devesi rilevare che il G.d.P., nel caso in esame, accoglie l’opposizione ritenendo di poter disapplicare il provvedimento prefettizio d’inclusione del tratto di strada in questione tra quelli nei quali è consentito il rilevamento delle infrazioni ai limiti di velocità a mezzo d’apparecchiature automatiche senza la contestazione immediata con una motivazione che giova riportare testualmente:

“Nella fattispecie peculiare, dalla visione delle fotografie è possibile rilevare una incongruente classificazione del tratto di strada quale sede preposta per l’accertamento a distanza delle violazioni, rispetto a quella definita nel Decreto Prefettizio in esame……. Va preliminarmente chiarito che la classificazione dei tratti di strada individuati e statuiti nel Decreto Prefettizio n. 46/2003, alla luce di una più approfondita indagine di questo Giudicante, è risultata oltremodo carente di elementi motivazionali e priva di una congrua istruttoria. E’ ampiamente notorio che lo spazio stradale della SS (OMISSIS), quanto meno dal Km. 359+00 al Km 362+00, nonchè il tratto dal Km 353+00 al Km 356+200, si presenta ad unica carreggiata con una sola corsia per senso di marcia, senza banchina e con la presenza di marciapiedi pavimentati.

Questo Giudicante, alla luce di quanto sopra esposto, ritiene di pervenire a diversa conclusione rispetto alla tipologia stradale assegnata ai tratti oggetto del Decreto Prefettizio e, trovando applicazione nel caso di specie l’istituto della disapplicazione dell’atto ex L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, in quanto lo stesso esplicando la sua operatività in forma dell’incidenter tantum è stato rilasciato senza completa istruttoria ed utilizzando formule assolutamente generiche ed apodittiche, determina l’esclusione dei tratti stradali dal Km 359+00 al Km 362+00, nonchè il tratto dal Km 353+00 al Km 356+200, dalle tipologie C e D dell’art. 2 C.d.C., e conseguentemente priva di ogni effetto, con statuizione limitata al presente giudizio, il provvedimento amministrativo n. 46/2003 emesso dal Prefetto di Cosenza in data 08.09.2003″.

Nel decidere in tal senso, il G.d.P. – pur volendosi prescindere dal rilievo, già in precedenza effettuato, dell’irrilevanza delle sue personali cognizioni ed opinioni, poste a base anche del capo di decisione in esame – ha, comunque, evidentemente travalicato i limiti del potere di disapplicazione attribuito al giudice ordinario dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, All. E.

In materia di sanzioni amministrative, la competenza giurisdizionale a pronunciare sull’opposizione ex L. n. 689 del 1981, art. 22 spetta, in via generale, al giudice ordinario, perchè l’opponente, contestando la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione d’una sanzione amministrativa punitiva, fa valere il proprio diritto a non essere sottoposto ad una prestazione patrimoniale non conforme alla legge e chiede l’accertamento della conformità della sanzione ai casi, alle forme ed all’entità dalla legge stessa previsti, invocando, quindi, il rispetto del principio di legalità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 1, cioè una situazione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo (e pluribus, Cass. SS.UU. 2.12.05 n. 26224, 4.2.05 n. 2205, 28.1.03 n. 1240, 27.5.99 n. 314, cfr. anche Corte Cost. 4.3.70 n. 32).

Nell’ambito del giudizio d’opposizione promosso avverso ordinanza- ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria per illeciti amministrativi – e, nel caso d’infrazioni in materia di circolazione stradale, anche avverso il verbale d’accertamento e contestazione ex art. 204 bis C.d.S. – deve riconoscersi al giudice ordinario il potere di sindacare incidentalmente il provvedimento amministrativo che costituisce il presupposto di quello sanzionatorio, quello cioè integrativo della norma la cui violazione è stata posta a fondamento della sanzione, ove la valutazione della legittimità del primo debba aver luogo solo in via incidentale, id est quando non assuma rilievo quale causa della lesione del diritto del privato, ma quale mero antecedente, onde la questione della sua legittimità venga a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico e non come principale (Cass. 25.1.06 n. 1373 SS.UU., 27.3.03 n. 4538, 22.2.02 n. 2588).

Ciò anche in presenza di una norma di legge che abiliti una pubblica Amministrazione a porre in essere un atto generale, a seguito ed alla stregua del quale vengano poi emessi i singoli atti applicativi, la posizione del privato assumendo la consistenza del diritto soggettivo, tutelabile davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, ove si faccia valere la lesione di detta posizione per effetto dell’adozione del singolo atto applicativo del provvedimento generale, il quale, eventualmente, potrà essere disapplicato incidenter tantum dal giudice ordinario, sul presupposto della sua non conformità alla norma regolante la specifica materia (Cass. 24.4.02 n. 6035 SS.UU., 16.6.00 n. 455 SS.UU.).

Tuttavia, al fine della disapplicazione, in via incidentale, dell’atto o del provvedimento amministrativo, il giudice ordinario può sindacare tutti i possibili vizi di legittimità – incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere – estendendo il proprio controllo alla rispondenza delle finalità perseguite dall’Amministrazione con quelle indicate dalla legge, ma non ha il potere di sostituire l’Amministrazione stessa negli accertamenti e valutazioni di merito, quali sono quelli inerenti alla scelta in concreto degli strumenti adeguati per assicurare gli interessi generali contemplati dalla legge o nella valutazione delle situazioni di fatto in funzione dell’applicabilità o meno delle misure previste dalla legge, che sono d’esclusiva competenza degli organi ai quali è attribuito il potere di perseguire in concreto le finalità di pubblico interesse normativamente determinate, operando un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dall’Amministrazione (Cass. 25.1.06 n. 1373 SS.UU, 2.8.05 n. 16143, 14.1.02 n. 332).

Nella fattispecie regolata dal D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, come convertito con modificazioni dalla L. 1 agosto 2002, n. 168, è rimessa al prefetto, previa consultazione degli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere dell’ente proprietario, l’individuazione delle strade (o di singoli tratti di esse), diverse dalla autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni, senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico od all’incolumità degli agenti operanti o dei soggetti controllati, e ciò sulla base della valutazione del tasso d’incidentalità nonchè delle condizioni strutturali, piano- altimetriche e di traffico.

E’ del tutto evidente come nella formazione del provvedimento in questione converga una pluralità di valutazioni, effettuate da parte degli organi ed uffici indicati (anche con efficacia vincolante:

parere conforme dell’ente proprietario), di natura non solo strettamente tecnica, ma anche ampiamente discrezionale, in quanto formulate sulla base d’apprezzamenti ponderati sia delle situazioni di fatto, sia delle molteplici esigenze da prendersi in considerazione al fine di regolare il traffico sulla strada considerata, o tratto di essa, nell’ambito della gestione complessiva della circolazione stradale sul territorio.

Tali valutazioni, che costituiscono le condizioni dell’esercizio del potere prefettizio di classificazione della strada ai fini dell’applicazione della norma in esame, in quanto attinenti al merito dell’attività amministrativa, non sono suscettibili di sindacato da parte dell’autorità giudiziaria, ordinaria od amministrativa che sia, il cui potere di valutazione, ai fini della disapplicazione per l’una e dell’annullamento per l’altra, è limitato all’accertamento dei soli vizi di legittimità dell’atto.

Nell’ambito dei vizi di tal natura, il G.d.P. sembra aver riscontrato quello d’eccesso di potere sotto il profilo sintomatico del difetto di motivazione, ma anche tale ragione della pronunzia è illegittima ed errata.

In tema di provvedimenti amministrativi, la motivazione per relationem è, infatti, da ritenere ammissibile sulla base della più generale previsione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 3, della, la quale stabilisce che, se le “ragioni” dei provvedimenti amministrativi risultano da altro atto dell’amministrazione, richiamato nel procedimento, quest’ultima, insieme alla comunicazione del provvedimento, deve indicare e rendere disponibile anche l’atto richiamato (Cass. 27.6.02 n. 9363), e costituendo, comunque, tale tipo di motivazione una modalità d’esposizione delle ragioni del provvedimento amministrativo, in linea di principio, senz’altro corretta e legittima, oltre che conforme al principio di speditezza dell’azione amministrativa, laddove l’autore del provvedimento ritenga di far proprio, ribadendolo, il giudizio o l’accertamento posto in essere nel corso del procedimento amministrativo (Cass. 16.1.07 n. 871).

– 3 – Il G.d.P. ha errato anche nell’annullare il provvedimento sanzionatorio sulla ritenuta inattendibilità dell’accertamento della violazione in quanto effettuato con apparecchiatura considerata obsoleta, incompatibile con la normativa introdotta successivamente alla sua omologazione ed inidonea per mancata taratura periodica.

Anche a non considerare la genericità della motivazione, le ragioni svolte nell’impugnata sentenza non trovano supporto nella normativa vigente, nessuna disposizione avendo adottato il legislatore che commini la decadenza delle omologazioni rilasciate alle apparecchiature in utilizzo, e risultando difformi dalla giurisprudenza formatasi sulla materia in sede di legittimità. In particolare, si è ritenuto che:

– la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma “le singole apparecchiature” devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (Cass. 5.7.06 n. 15324, 24.3.04 n. 5889);

– per le stesse ragioni già svolte sub – 2 -, l’errore tecnico, imputato al Ministero dei Lavori Pubblici nell’esercizio del potere di classificazione degli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità può essere fatto valere dall’interessato solo per il tramite di un vizio di legittimità dell’atto (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), ma non domandando al giudice, eventualmente anche a mezzo di consulente tecnico, un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dalla P.A. (Cass. 2.8.05 n. 16143);

– il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima – dacchè tale operatività, una volta omologato il modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura – ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore; ciò che si evince chiaramente sia dal D.M. 30 novembre 1998, n. 6025, art. 3, sia dal D.M. 20 marzo 2000, n. 1824, art. 2, sia dalle premesse dei detti decreti, nelle quali risulta come la determinazione ministeriale sia adottata sulla richiesta del produttore onde autorizzare la commercializzazione del prodotto in quanto riscontrato conforme agli standard normativamente richiesti;

pertanto, la scadenza del termine d’omologazione del modello d’apparecchiatura incide soltanto sulla possibilità per il costruttore di continuare a vendere le apparecchiature di quel modello e non sull’ulteriore utilizzabilità, oltre la scadenza di quel termine, delle apparecchiature già esistenti da parte degli organi operativi che ne siano dotati; diversamente opinando, si perverrebbe all’assurda conseguenza per cui un’apparecchiatura acquistata in prossimità della scadenza dell’omologazione diverrebbe inutilizzabile a far data da tale scadenza pur se perfettamente funzionante ed idonea allo scopo in ragione degli accertamenti in base ai quali era stata concessa l’omologazione del modello (Cass. 26.4.07 n. 9950);

– nel caso di violazione dei limiti di velocità rilevata attraverso apparecchiature “autovelox”, la mancata contestazione immediata della violazione, qualora l’organo accertatore abbia dato atto a verbale dei motivi che hanno reso impossibile procedere alla stessa e tali motivi configurino una delle ipotesi previste dall’art. 384 reg. esec. C.d.S., lett. e), non è consentito al giudice un apprezzamento al riguardo, con l’indicazione di apparecchi più adeguati (o con la prospettazione di una diversa organizzazione del servizio), risolvendosi una tale valutazione in una inammissibile ingerenza nel modus operandi della pubblica amministrazione, in linea di principio non sindacabile dal giudice ordinario (Cass. 7.11.03 n. 16713, 2.8.05 n. 16143);

– in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada (art. 142 C.d.S., comma 6) nè il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso, giacchè, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142 C.d.S. (Cass. 5.7.06 n. 15324, 16.5.05 n. 10212, 20.4.05 n. 8233, 10.1.05 n. 287, 22.6.01 n. 8515, 5.6.99 n. 5542);

– in ordine all’applicabilità o meno della L. n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura, alle apparecchiature elettroniche di controllo della velocità, devesi rilevare come la stessa attenga a materia diversa, quella metrologica, rispetto a quella della misurazione elettronica della velocità, in ogni caso adeguatamente verificata in sede d’omologazione, ed attribuisca funzioni ad autorità amministrative diverse, rispetto a quelle pertinenti al caso di specie, onde non ricorrono i presupposti a che anche le dette apparecchiature vengano assoggettate ai controlli nella legge stessa previsti.

E’ appena il caso di rilevare che altre questioni d’assunta illegittimità del verbale dedotte dal controricorrente, in quanto alla lettura della sentenza in esame, non impugnata incidentalmente per omessa pronunzia al riguardo, non risultano aver formato oggetto di trattazione e contraddittorio nel giudizio di merito, sono inammissibili in questa sede.

Poiché, dunque, nel decidere delle questioni sottoposte al suo esame, il giudice a quo è incorso nelle violazioni e negli errori rilevati, la sentenza in esame va annullata, peraltro senza rinvio, potendo questa Corte, ex art. 384 c.p.c., decidere del merito allo stato degli atti e respingere l’originaria opposizione.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, mentre per il giudizio di merito non v’ha luogo a provvedere non avendo il Comune, rappresentato in quella sede da personale amministrativo, chiesto e documentato la refusione delle spese vive.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, respinge l’originaria opposizione; condanna L.M. alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 580,00 per onorari, oltre accessori di legge in favore del Comune di Corigliano Calabro.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 aprile 2007.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2007.