Caporalmaggiore accusato di furto pluriaggravato: si sarebbe impossessato di 24 carnet di buoni pasto.

(Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 13 settembre 2016, n. 17046)

…, omissis …

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

G.M., nato il ………

Avverso la sentenza n° 29/2014 emessa in data 01.07.2014 dalla Corte Militare di Appello di Roma;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Antonio Minchella;

Sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Luigi Maria Flamini, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell’Avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;

Rilevato in fatto

Con sentenza in data 30.01.2013 la Corte Militare d’Appello confermava la pronunzia del Tribunale militare di Roma in data 15.06.2012 che aveva dichiarato G.M., Caporalmaggiore dell’Esercito in servizio presso l’Istituto Geografico Militare di Firenze, colpevole di furto militare pluriaggravato, così condannandolo, considerata come subvalente la circostanza attenuante di cui all’ultima parte dell’art. 48 c.p.m.p., alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione militare, con la pena accessoria della rimozione dal grado; la pena inflitta era stata condizionalmente sospesa.

In fatto era ritenuto provato che l’anzidetto imputato, in tempi prossimi al 02.07.2009, si fosse impossessato di 24 carnet di buoni pasto, del valore complessivo di oltre € 2.000,00 sottraendoli all’Amministrazione, in base ai seguenti elementi probatori: egli lavorava in un ufficio attiguo alla stanza ove erano conservati detti carnet; le chiavi dell’armadio in cui gli stessi erano riposti erano di fatto sottraibili; all’epoca dei fatti il G. era in servizio; egli era stato riconosciuto da dipendenti di un supermercato per aver speso sei buoni pasto sottoscritti con il nome di un collega d’ufficio, dipendente civile.

Avverso tale sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, censurando la decisione sul piano delle formalità di rito e della ricostruzione fattuale oltre che sulla entità della pena.

La Corte di Cassazione, con sentenza in data 22.01.2014, annullava la sentenza impugnata limitatamente alla omessa decisione in ordine alla richiesta di circostanze attenuanti generiche, rinviando per nuovo giudizio sul punto.

Rilevava infatti la Corte che era stata corretta la ricostruzione in fatto degli accadimenti e che, oltre agli elementi di logica prima richiamati, il riconoscimento del G. era stato effettuato in aula, al dibattimento, da due dipendenti del supermercato in cui vennero spesi sei dei buoni pasto sottratti.

Tuttavia si notava anche che la Corte Militare d’Appello, pur dopo avere dato atto, nella parte introduttiva, che l’imputato aveva chiesto, sia pur in via subordinata, la concessione delle circostanze attenuanti generiche, poi aveva mancato di dare risposta a tale specifico motivo di gravame.

Con sentenza in data 01.07.2014 la Corte Militare di Appello, in sede di rinvio, confermava la precedente condanna respingendo la richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: rilevava il giudice che non ricorreva alcun elemento valutabile a favore dell’imputato; egli aveva sottratto buoni pasto per un importo rilevante e odiosamente aveva usato, al momento della spendita, il nome di un collega che, seppure estraneo ai fatti, era stato lambito dalle indagini; secondo il giudice, l’imputato era stato furbesco, sviante e privo di scrupoli nel creare l’apparenza di reato a danno di una persona innocente. La sola incensuratezza non era elemento sufficiente per concedere il predetto beneficio.

Avverso detta sentenza propone ricorso l’interessato a mezzo dei suoi difensori, deducendo, con il primo motivo, ex art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod.proc.pen. erronea applicazione di legge e contraddittorietà della motivazione in relazione alla omessa notifica al difensore: si sostiene che successivamente al deposito della sentenza della Corte di Cassazione nessuna notifica del giudizio di rinvio è stata effettuata al difensore e all’imputato, che era stato poi raggiunto da richiesta di pagamento delle spese di giustizia per il passaggio in giudicato della sentenza: così, interposto incidente di esecuzione, la Corte Militare di Appello si limitava a disporre la notifica del deposito della sentenza per rimessione in termini invece di rilevare la nullità assoluta che si era verificata.

Con il secondo motivo si deduce, ex art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod.proc.pen. erronea applicazione di legge e contraddittorietà della motivazione in relazione al diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche: si sostiene che la Corte Militare di Appello non aveva tenuto conto che all’imputato era stata già riconosciuta la circostanza di cui all’art. 48 cpmp ultimo comma, e cioè quella dell’ottima condotta del militare e che lo stesso giudice non aveva indicato alcun comportamento successivo al delitto valutabile ai detti fini, insistendo su di una valutazione morale.

Considerato in diritto

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Esso articola le sue doglianze su due argomentazioni: la prima costituita dalla asserita omessa notifica del giudizio di appello di rinvio all’interessato ed ai suoi difensori; la seconda costituita da un asseritamente ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche, considerato che era stata riconosciuta anche la circostanza di cui all’art. 48 c.p.m.p. ultimo comma, e cioè quella dell’ottima condotta del militare.

Entrambe le doglianze sono manifestamente infondate.

Con riguardo alla prima di esse, l’esame degli atti – vagliati da questa Corte che, con riguardo alle questioni procedurali di nullità, è giudice anche del fatto – risulta che il ricorrente aveva nominato, nel giudizio di merito, l’Avv. (OMISSIS), presso il quale aveva eletto domicilio, e quindi l’Avv. (OMISSIS), nominando poi l’Avv. (OMISSIS) per il solo giudizio di cassazione con revoca della nomina dell’Avv. (OMISSIS).

Per il giudizio di appello in sede di rinvio, era stato così dato avviso al solo Avv. (OMISSIS) (12.05.2014) al quale era stato anche notificato il decreto di citazione dell’imputato, poiché trattavasi di difensore domiciliatario.

Pertanto l’argomento difensivo della mancanza di notifica all’interessato era privo di pregio, poiché detta notifica vi era stata presso il domiciliatario.

Quanto alla mancata notifica all’Avv. (OMISSIS), secondo difensore nominato, va precisato che il giudizio di appello di rinvio era stato tenuto ai sensi dell’art. 599 cod.proc.pen. poiché esso riguardava esclusivamente il solo motivo afferente la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche e va altresì specificato che non erano intervenuti all’udienza stessa né l’interessato né il difensore avvisato ritualmente.

Secondo l’orientamento assolutamente consolidato di questa Corte, nell’udienza camerale di appello il termine ultimo di deducibilità della nullità derivante dall’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza ad uno dei due difensori dell’imputato è quello della deliberazione della sentenza nel grado, anche in caso di assenza in udienza sia dell’imputato che del codifensore ritualmente citati (Sez. Un., n.22242 del 27/01/2011, Rv. 249651).

Non risulta che la questione sia stata sollevata entro il termine ultimo di cui sopra: pertanto, ogni nullità è da ritenersi sanata.

Quanto alla seconda doglianza, fondata sulla mancata considerazione del riconosciuto art. 48 c.p.m.p. in relazione al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, va precisato che l’art. 48 c.p.m.p. prevede, quale circostanza attenuante comune, applicabile ai reati militari, il fatto che il colpevole sia militare di ottima condotta ovvero di provato valore.

Come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità della attenuante di cui all’art. 48 c.p.m.p., non è sufficiente che il militare abbia semplicemente adempiuto ai propri doveri ponendo in essere comportamenti che rientrano nell’ambito della buona condotta, ma è necessario che l’imputato abbia tenuto una condotta militare esemplare che supera notevolmente i requisiti richiesti per una condotta militare semplicemente positiva (Sez. Un, n. 7523 del 21/05/1983, Andreis, Rv. 160242; Sez. 1, n. 2066 del 01/03/1989, Prevosto, Rv. 183333).

Invece la natura atipica delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62 bis cod.pen., consente al giudice la valutazione di qualunque elemento oggettivo o soggettivo ritenuto particolarmente significativo, legittimandolo a prendere in considerazione anche circostanze più generali rispetto al ristretto parametro della condotta militare esemplare o del provato valore militare, le quali siano afferenti al carattere anche solo positivo della condotta di servizio prestata ed alla assenza di rilievi negativi, in conformità al criterio di valutazione riferito alla “condotta e alla vita del reo antecedente al reato” previsto dall’art. 133 c.p., i cui parametri di valutazione sono ugualmente utilizzabili ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62 bis c.p., (Sez. 1, n. 707 del 13/11/1997, Ingardia, Rv. 209443, Sez. 1, n. 33506 del 07/07/2010, P.G. in proc. Biancofiore, Rv. 247959).

Si tratta dunque di valutazioni che si muovono su piani differenti: e, con riguardo alle circostanze attenuanti generiche il giudice di appello ha specificamente e distintamente considerato come particolarmente disdicevole il comportamento del ricorrente, che aveva posto in essere l’azione furtiva per diverso tempo, cercando poi di gettare la responsabilità su altra persona. Peraltro era stato precisato che la condizione di incensurato non consentiva, ex se, un riconoscimento di alcun beneficio di legge.

Il giudice del merito ha così ha motivato in modo congruo sul punto, richiamando i fattori valutativi presi in considerazione e dipanando la sua convinzione sulla base delle dinamiche dell’accaduto e della personalità dimostrata dal ricorrente.

Insindacabile in questa sede, in quanto congruamente motivato, è, dunque, il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis cod pen., disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3, n. 44071/2014, Rv 260610).

Né è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, sent. n. 3609 del 18/01/2011,Sermone e altri, Rv. 249163).

La manifesta infondatezza delle doglianze rende inammissibile il ricorso.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro 1.500,00.

P.Q.M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.500,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2016.