Carabinere che accede a sistema informatico protetto, per ragioni sentimentali, commette reato.

(Corte di Cassazione, Sezione V Penale, sentenza 10 gennaio 2018, n. 1021)

…, omissis …

Sentenza

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di: T.D. nato il ……. a ……..

avverso la sentenza del 13/12/2016 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI;

sentita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE;

lette e sentite le conclusioni del PG Giovanni DI LEO, Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio;

Udito il difensore l’avvocato (OMISSIS) che insiste dichiararsi l’inammissibilità ed in subordine il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Napoli in data 13.12.2016 nei confronti del predetto imputato per il reato di cui all’art. 615 ter, secondo comma, cod. pen., si è pronunciato non luogo a procedere.

2. Avverso la predetta sentenza ricorre il Procuratore della Repubblica, affidando la sua impugnativa ad una unica doglianza.

2.1. Denunzia il P.m. ricorrente vizio argomentativo in relazione alla predetta sentenza liberatoria.

Evidenzia la parte ricorrente che neanche nella memoria difensiva dell’imputato emergono elementi di valutazione tali da far ritenere che le ricerche, tramite l’accesso al sistema informatico protetto, dei quattro nominativi indicati nel capo di imputazione potessero esser ricondotte ad esigenze investigative collegate alla sua funzione di carabiniere in servizio presso la stazione di (OMISSIS) e non già a necessità di ricerca di informazioni collegate alla sua relazione sentimentale con la M.

Considerato in diritto

2. Il ricorso è fondato.

2.1 Occorre qui ricordare – per quanto interessa la soluzione delle questioni prospettate nel ricorso introduttivo – l’importante arresto giurisprudenziale rappresentato dalla sentenza resa a Sezioni Unite da questa Corte ( Sez. U, Sentenza n. 41210 del 18/05/2017 Ud. (dep. 08/09/2017 ) Rv. 271061 ) che ha affermato il principio secondo cui integra il delitto previsto dall’art. 615-ter, secondo comma, n. 1, cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita (cfr. anche, nello stesso senso Sez. 5, Sentenza n. 33311 del 13/06/2016 Ud. (dep. 29/07/2016 ) Rv. 267403 ).

3. Alla luce delle affermazioni della giurisprudenza di legittimità ora ricordate ( e di cui, anche nella odierna sede decisoria, questo Collegio intende fornire continuità applicativa ), la motivazione resa dal giudice impugnato non può considerarsi condivisibile ed adeguata, atteso che non viene neanche indicato, nel tessuto argomentativo della motivazione, da quali atti di indagine emerga la circostanza che le ricerche effettuate dall’indagato, tramite l’accesso al sistema informatico protetto, dei quattro nominativi indicati nel capo di imputazione potessero esser ricondotte ad esigenze investigative collegate alla sua funzione di carabiniere in servizio presso la stazione di (OMISSIS), e non già, come ipotizzato dalla pubblica accusa, a necessità di ricerca di informazioni “privatistiche” collegate alla sua relazione sentimentale con la M.

4. Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata per un nuovo esame della vicenda che tenga in considerazione i principi esegetici qui di nuovo riaffermati.

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. 

Così deciso in Roma, il 29.11.2017.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2018.