(Consiglio di Stato sez. IV, sentenza 12.03.2015, n. 1306)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6934 del 2011, proposto da: Pa. Co., rappresentato e difeso dall’avv. Gervasio Cicoria, con domicilio eletto presso Antonella Cassandro in Roma, via Raffaele De Cesare, 36;
contro
Ministero della Difesa, Comando Regione Carabinieri Basilicata, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; – Comando Regione Carabinieri Basilicata – Sm – Ufficio Personale, Regione Basilicata Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Potenza e Regione Carabinieri Basilicata – Compagnia di Venosa, non costituitisi in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. BASILICATA – POTENZA: SEZIONE I, n. 00258/2011, resa tra le parti, concernente provvedimento di sanzione disciplinare;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Regione Carabinieri Basilicata e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Antonella Cassandro su delega dell’avvocato Gervasio Cicoria e l’Avvocato dello Stato Varone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
Con ricorso al TAR Basilicata, il sig. Pa. Co., militare in servizio alle dipendenze dell’Arma dei Carabinieri, esponeva di aver svolto per circa 20 anni (dal 7.10.1988) le funzioni di Comandante della Stazione di Venosa.
Il medesimo, dopo aver esposto una lunga serie di fatti ed atti inerenti vicende precedenti, chiedeva l’annullamento di un provvedimento disciplinare irrogante la sanzione di cinque giorni di consegna e del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico contro la stessa presentato, ex art. 72 DPR n. 545/1986.
Detta sanzione era inflitta sulla base dei seguenti rilievi:
1) il ricorrente dal 2002 al 21.11.2006, nella trattazione delle pratiche di polizia giudiziaria, aveva evidenziato “grave superficialità” ed “inadeguata competenza”;
2) il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Melfi aveva manifestato “verbalmente” il suo “disappunto” ed aveva sollecitato il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Venosa “ad intervenire per rimuovere con urgenza le riscontrate gravi inadempienze”, consistenti nella ingiustificata giacenza di numerose pratiche di polizia giudiziaria inevase;
3) tale condotta era ritenuta “gravemente lesiva per il grado ed il ruolo rivestito” ed aveva causato un “indubbio nocumento all’immagine dell’Arma” dei Carabinieri. Il ricorrente censurava inoltre, col medesimo ricorso, le note del Comandante Compagnia del 28.6.2007 e del Comandante Provinciale dell’1.7.2007.
A sostegno del ricorso l’interessato deduceva la violazione dell’art. 51 C.P.C., del dovere di imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa in relazione ai ricorsi amministrativi, degli artt. 3 e 97 Cost., degli artt. 57, 58, 59, 60, 70, 71 e 72 DPR n. 545/1986, della disciplina normativa in materia di ricorsi amministrativi, degli artt. 3, 6 e 10 L. n. 241/1990, degli artt. 14, 15 e 16 L. n. 382/1978, dell’art. 11 D.Lg.vo n. 274/2000, dei Decreti Ministeriali n. 603/1993 e n. 690/1996, dei principi di affidamento e buona fede e correttezza della Pubblica Amministrazione, degli artt. 16 e 17 delle Norme di Attuazione del Codice di Procedura Penale, incompetenza, l’eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, violazione del giusto procedimento, disparità di trattamento, contraddittorietà esterna ed interna tra diversi atti provenienti dalla stessa Amministrazione resistente, difetto dei presupposti di fatto e di diritto, falsità, omessa valutazione delle memorie difensive del ricorrente e manifesta ingiustizia.
1.1- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso proposto, assumendo l’orientamento riassunto nella parte in diritto della presente pronunzia.
2.- Di qui l’odierno gravame proposto dal Co. innanzi a questo Consesso; nel giudizio si è costituito l’intimato Ministero della difesa, il quale ha replicato con memoria .
Alla pubblica udienza del 28 ottobre 2014, il ricorso è stato trattenuto in decisione. Diritto
La controversia sottoposta alla Sezione verte sulla legittimità della sanzione disciplinare (5 giorni di consegna), inflitta al militare appellante, e del connesso provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico presentato dall’interessato ex art. 72 DPR n. 545/1986.
1.- Il TAR, con la sentenza impugnata, ha respinto tutte le doglianze emergenti dal ricorso, ritenendo:
a)- infondata la censura che aveva rilevato come la sanzione provenisse da autorità non obiettiva e non serena che tuttavia, avendo già maturato un giudizio negativo nei confronti del ricorrente, avrebbe dovuto astenersi;
b)- insussistente il dedotto eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto alla posizione del collega Maresciallo St. Al., vizio prospettato in quanto a differenza del ricorrente il ricorso gerarchico, proposto per la medesima trasgressione (ingiustificata pendenza di numerose pratiche di polizia giudiziaria inevase) dal predetto Maresciallo, è stato accolto;
c) infondata la doglianza a carico del rigetto del ricorso gerarchico, censurato per non aver tenuto conto delle osservazioni presentate dal ricorrente;
d) insussistenti i vizi di:
1) violazione dell’art. 59, comma 1, del Regolamento di Disciplina Militare (approvato con DPR n. 545/1986), in quanto il procedimento disciplinare era stato attivato con ritardo; 2) contraddittorietà di comportamento e la violazione del principio di buona fede, in quanto durante i controlli effettuati non era mai stata contestata la giacenza di pratiche di polizia giudiziaria; anzi dai Registri delle visite alla Stazione dei Carabinieri di Venosa, effettuate nel periodo 19.11.2003-21.12.2004 l’attività di Polizia Giudiziaria era stata giudicata soddisfacente e/o apprezzabile; 3) eccesso di potere per sviamento, in quanto l’irrogazione al ricorrente della sanzione disciplinare di 5 giorni di Consegna risultava strumentalmente collegata alla successiva emanazione del secondo provvedimento Comandante Regionale dei Carabinieri del 29.10.207 di trasferimento “d’autorità” del ricorrente dalla Stazione dei Carabinieri di Venosa all’Aliquota Operativa della Compagnia dei Carabinieri di Potenza;
e) insussistenti la violazione degli artt. 16 e 17 delle Disposizioni di Attuazione del Codice di Procedura Penale e l’incompetenza dell’autorità procedente in luogo della commissione di disciplina;
f) infondata anche la tesi secondo cui, atteso che il procedimento disciplinare prevedeva soltanto le sanzioni della censura e, nei casi più gravi, della sospensione dall’impiego di un tempo non eccedente i 6 mesi), l’irrogazione di un’ulteriore sanzione disciplinare da parte dell’ordinamento di appartenenza avrebbe comportato una duplicazione di sanzioni (non voluta dal Legislatore) e la violazione del principio del “ne bis in idem”.
2.- L’orientamento del primo giudice è contestato dall’appellante mediante la formulazione di quattro ordini di motivi d’appello, essenzialmente ripropositivi di censure già dedotte in primo grado, che risultano infondati.
2.1.- Muovendo dal sostenuto dovere di astensione, va respinta la tesi (argomentata nel primo motivo) per cui le cause di incompatibilità ex art. 51 c.p.c. sarebbero estensibili a tutti i campi dell’azione amministrativa; al riguardo il Collegio non può che confermare l’orientamento del TAR secondo cui detta norma “nei procedimenti giurisdizionali non è estensibile analogicamente ai procedimenti amministrativi di natura contenziosa (sul punto cfr. C.d.S. Sez. IV Sent. n. 867 del 30.10.1979”). Le citazioni della giurisprudenza d’appello, mediante le quali il ricorrente tende a contrastare detto principio, attengono ad esercizio di funzione giurisdizionale da parte di giudice che abbia trattato la controversia in altro grado di giudizio e confermano l’estraneità del dovere di astensione nelle ipotesi di “autodichia” dell’amministrazione, per definizione operante all’interno del distinto potere amministrativo, restando quindi irrilevante la più volte sottolineata natura giudiziale dei rimedi gerarchici.
2.2.- Analogamente, non può assumere rilievo (come prospetta il secondo àmbito di censure) la mancata considerazione del decreto di archiviazione del procedimento emesso dalla Corte dei conti (che evidenzia la mancanza di colpa); il TAR avrebbe in particolare errato nel respingere il terzo motivo di ricorso in ragione della sufficienza del numero delle pratiche giacenti al fine di dimostrare le contestate inadempienze. In contrario il Collegio rileva che, anche volendo ignorare il diverso profilo di responsabilità che viene in rilievo in materia di colpa nel processo contabile, la motivazione resa dal primo giudice poggia sufficientemente sulla valutazione oggettiva del lavoro inevaso, sottolineando che “la mancata evasione nel periodo 22.06.2002-3.10.2006 di 70 pratiche di polizia giudiziaria ed il mancato rispetto del termine 4 mesi ex art. 11 D.Lg.vo n. 274/2000 costituiscono comunque gravi negligenze e comportamenti superficiali”ed integrano comportamenti idonei a ledere prestigio ed immagine dell’Arma.
2.3.- Il terzo mezzo di gravame torna sulla questione della sostenuta disparità di trattamento tra il ricorrente ed il Maresciallo St., non sanzionato (in forza di accoglimento del ricorso gerarchico) nonostante la identità della contestazione, inerente i medesimi fatti. Anche questa doglianza non ha fondamento; l’invocato principio della parità di trattamento non può trovare applicazione in una fattispecie in cui emerge la diversità delle posizioni trattate, e nella quale il primo giudice ha correttamente evidenziato come il ricorrente, nella qualità di Comandate della Stazione dei Carabinieri di Venosa, risultasse il responsabile del servizio di Polizia Giudiziaria, e che il medesimo, precedentemente all’addebito, era stato assente dal servizio (dal 27.12.2006 al 10.8.2007). La censura, quindi, non tiene conto del potere-dovere dell’amministrazione di valutare gli addebiti disciplinari in relazione alla specifica posizione rivestita dal militare.
2.4.- Col quarto ed ultimo motivo, l’appellante ripropone il vizio di incompetenza in relazione agli artt. 16, comma 3, e 17 delle Norme di Attuazione del C.P.P. (che regolano i profili disciplinari per gli addetti ai servizi di polizia giudiziaria); sul punto il TAR ha respinto la censura ritenendo che l’art. 16 vada interpretato “nel senso che le trasgressioni diverse dal comma 1 della medesima norma rimangono soggette “soltanto” alle sanzioni disciplinari dell’ordinamento di appartenenza” ed ha quindi confermato la competenza del Comandante ad irrogare la sanzione contestata.
Secondo l’appellante, invece, poiché gli addebiti contestati al ricorrente si riferivano alla violazione delle norme relative all’esercizio delle funzioni Polizia Giudiziaria, il procedimento disciplinare doveva essere attivato dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello e doveva concludersi con il giudizio finale di un’apposita Commissione composta da due Magistrati e da un Ufficiale di Polizia Giudiziaria. Inoltre l’avversato orientamento comporterebbe la violazione del principio del “ne bis in idem”, poiché l’evidenziato doppio status esporrebbe alla possibilità di una doppia sanzione per il medesimo addebito. La tesi è infondata, confermandosi la correttezza della interpretazione adottata dal TAR.
Ed invero le citate due disposizioni prevedono sanzioni e procedimento inerenti il dovere di riferire all’AGO, o di eseguire un ordine della stessa, stabilendo (art. 16, u.c.) che per le altre trasgressioni gli ufficiali e gli agenti sono soggetti alle sanzioni previste dal rispettivo ordinamento del corpo di appartenenza.
Nella specie l’addebito, come pacifico in fatto, si è riferito allo svolgimento in generale (espletamento delle pratiche) delle funzioni di p.g. assegnate al carabiniere agente, risultando quindi soggetto alle sole sanzioni interne, ai sensi del cennato art. 16. uc. . Infatti la consegna è tipica sanzione di corpo e coerentemente nella specie è stata espressamente emessa (v. provv. 20 7 07 n. 223, doc. n. 10) non in base all’art. 16 c.p.p., che sanziona l’omesso riferire all’AGO, ma agli art. 10 e 14 del regolamento di disciplina militare (e correlate disposizioni regolamentari dell’Arma).
3.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.
4.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attesa la sufficiente complessità delle questioni sollevate e trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 12 MAR. 2015.
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