Danno non patrimoniale: va provata qualità e intensità di relazione affettiva.

(Corte di Cassazione Civile, sez. III, sentenza 10.04.2015, n. 7191)

In sede di accertamento e liquidazione dei danni conseguenti a sinistro stradale anche i danni non patrimoniali debbono essere dimostrati, quanto meno con riferimento a presunzioni, per giustificare l’attribuzione del risarcimento.

Nello specifico assume grande rilevanza la qualità ed intensità della relazione affettiva e familiare tra la vittima dell’incidente ed i parenti.

Nel caso di specie la Corte di Cassazione, sez. III civile, ritorna sul delicato argomento del risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti a sinistro stradale soffermandosi sull’elemento probatorio.

In particolare la controversia vede i i familiari di un cittadino rumeno, deceduto a seguito di un sinistro stradale, chiedere i danni patrimoniali e non patrimoniali ai responsabili dell’incidente nonché alle relative società di assicurazioni.

Nello specifico i familiari lamentano l’esiguità del danno non patrimoniale liquidato dalla Corte di Appello di Milano (150.000 euro per ciascuno) che rappresenta la somma minima di cui alle tabelle del Tribunale di Milano. In effetti la Suprema Corte condividendo le ragioni della Corte territoriale ritiene giustificata l’applicazione dei minimi tabellari in quanto gli attori non hanno offerto alcuna prova del permanere dei rapporti familiari e affettivi, nonostante il fatto che l’infortunato si fosse allontanato dalla famiglia.

Inoltre i danneggiati non hanno dimostrato (e neppure dedotto) alcunché a prova dei danni. Al contrario dalle carte processuali si evince che si ignora non solo da quando la vittima si era allontanata dalla famiglia, ma anche il tipo di relazioni e contatti intrattenuti con i familiari durante la permanenza in Italia, vale a dire la qualità ed intensità della relazione affettiva e familiare con questi ultimi.

In tale contesto la Corte ricorda che anche i danni non patrimoniali debbono essere dimostrati, quanto meno con riferimento a presunzioni, per giustificare l’attribuzione del risarcimento.

Nonostante tali carenze la Cassazione evidenzia che la circostanza dell’esistenza di una famiglia legittima ha comunque giustificato l’attribuzione della somma non irrilevante di euro 150.000,00 per ciascun familiare. E’ evidente, però, che tale circostanza non è necessariamente significativa, ben potendo anche nell’ambito della famiglia legittima sopraggiungere separazione personale, legale o di fatto.

Di conseguenza, avrebbe dovuto essere offerta  quanto meno la dimostrazione che, nonostante la lontananza, la vittima intratteneva rapporti con la moglie e con i figli.

I ricorrenti non sono nemmeno in grado di dimostrare il peculiare danno subìto dai figli in relazione alla giovane età, al fine di graduare in proporzione l’entità del risarcimento, e dare così occasione alla Suprema Corte di giustificare le censure rivolte alla sentenza impugnata.

La carenza dell’elemento probatorio si rileva anche con riferimento al danno patrimoniale poiché i danneggiati non hanno offerto alcuna prova in merito alla circostanza che la vittima lavorasse in Italia, che disponesse di un reddito e che contribuisse al mantenimento della famiglia.

La prova di una qualche, sia pur minima rimessa in denaro del defunto in favore dei familiari avrebbe potuto essere facilmente offerta, a giustificazione della domanda risarcitoria.

In mancanza di ogni elemento concreto, quindi, la Suprema Corte non può che confermare la sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

A seguito di un sinistro stradale occorso in Terracina il 15 giugno 2006 è deceduto A. M. R., di nazionalità rumena, trasportato su di un autocarro coinvolto in un tamponamento.

I congiunti ed eredi del defunto, MR, vedova, MD e C.A.R., figli, CR., fratello, e T.R., madre del defunto, a mezzo del loro procuratore speciale, S.T., hanno convenuto davanti al Tribunale di Roma GDC, S.S:e la s.a.s. Top Trans di S.S,, conducenti e proprietari dei due autocarri, nonché i loro assicuratori, s.p.a. Milano Assicurazioni e s.p.a. La Nuova Tirrena (oggi s.p.a. Groupama), per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. I convenuti hanno resistito ed, esperita l’istruttoria anche tramite CTU, con sentenza n. 6933/2009 il Tribunale di Milano ha dichiarato i due conducenti responsabili in ugual misura del sinistro ed ha condannato tutti i convenuti in via solidale al risarcimento dei soli danni morali, quantificati in E 15.000,00 per la moglie, in somme maggiori per la madre e per i due figli, ed in E 22.000,00 per il fratello.

Proposto appello principale dai danneggiati e incidentale da Groupama, a cui hanno resistito gli appellati, con sentenza 3 -16 febbraio 2011 n. 282 la Corte di appello di Milano, in riforna della sentenza di primo grado, ha quantificato in E 150.000,00 per ciascuno la somma spettante in risarcimento alla vedova, ad ognuno dei figli ed alla madre, confermato la somma già attribuita in primo grado al fratello. Ha respinto l’appello incidentale ed ha posto a carico degli appellati le spese del grado.

I R. propongono due motivi di ricorso per cassazione. Resiste con controricorso Groupama.

Milano Ass.ni ha depositato memoria di costituzione per partecipare alla discussione.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto alla liquidazione dei danni non patrimoniali, adducendo che la somma di E 150.000,00 attribuita a moglie, figli e madre, corrisponde alla somma minima di cui alle tabelle del Tribunale di Milano e che la Corte di appello ha giustificato l’applicazione dei minimi per il fatto che gli attori non hanno offerto alcuna prova del permanere dei rapporti familiari e affettivi, nonostante il fatto che l’infortunato si fosse allontanato dalla famiglia.

Assumono i ricorrenti che, trattandosi di famiglia legittima, non vi è necessità di dimostrare alcunché.

1.1.- La Corte di appello ha rilevato che nulla i danneggiati hanno dimostrato (e neppure dedotto) a prova dei danni; che “si ignora non solo da quando la vittima si era allontanata dalla famiglia, ma anche il tipo di relazioni e contatti intrattenuti con i familiari durante la permanenza in Italia, vale a dire la qualità ed intensità della relazione affettiva e familiare con questi ultimi.

Quanto poi al fratello, egli non era neppure convivente con la vittima ed a maggior ragione si sarebbero dovute quanto meno dedurre circostanze di fato idonee a dimostrare la natura e l’intensità del legame affettivo tra i fratelli. Si ricorda che i danni non patrimoniali debbono essere anch’essi dimostrati, quanto meno con riferimento a presunzioni, per giustificare l’attribuzione del risarcimento, e che nella specie la Corte ha rilevato che nulla è stato neppure allegato.

La circostanza che si trattava di famiglia legittima da un lato ha giustificato l’attribuzione della somma non irrilevante di C 150.000,00 per ciascuno. Dall’altro lato non è necessariamente significativa, ben potendo anche nell’ambito della famiglia legittima sopraggiungere separazione personale, legale o di fatto: quanto meno la dimostrazione che, nonostante la lontananza, la vittima intratteneva rapporti con la moglie e con i figli, avrebbe dovuto essere offerta.

Né i ricorrenti dimostrano di avere quanto meno dedotto il peculiare danno subìto dai figli in relazione alla giovane età, al fine di graduare in proporzione l’entità del risarcimento, sì da poter giustificare le censure rivolte in questa sede alla sentenza impugnata, per non avere tenuto conto di tale circostanza.

La motivazione della sentenza impugnata non è quindi suscettibile di censura.

2.- Parimenti infondato è il secondo motivo, che denuncia violazione degli art. 2043, 2056 e 1226 cod. civ., 237 d.l. 209/2005, quanto al rigetto della domanda di liquidazione dei danni patrimoniali. Assumono i ricorrenti che il danno avrebbe dovuto essere quantificato quanto meno con riferimento al triplo della pensione sociale, in base ai dati desumibili dalla comune esperienza.

2.2.- Il motivo non è fondato.

Anche a tal proposito la Corte di appello ha rilevato che nulla i danneggiati hanno dimostrato quanto al fatto che il Radoi lavorasse in Italia, che disponesse di un reddito e che contribuisse al mantenimento della famiglia.

La prova di una qualche, sia pur minima rimessa in denaro del Radoi in favore dei familiari avrebbe potuto essere facilmente offerta, a giustificazione della domanda risarcitoria. In mancanza di ogni elemento concreto, la sentenza impugnata non può che essere confermata.

3.- Il ricorso è respinto.

4.- Considerata la difformità fra le decisioni di merito, che può avere creato incertezza in ordine alla fondatezza delle censure proposte, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.