Ferrari perde la causa di contraffazione del marchio contro gli automodelli in miniatura Brumm (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 3 novembre 2022, n. 32408).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3239/2017 proposto da:

Ferrari S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via delle (OMISSIS) (OMISSIS) n. 15, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Claudia, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) Fabrizio, giusta procura speciale per Notaio dott. Tomaso (OMISSIS) di Modena -Rep. n. 66748 del 16.1.2017-;

-ricorrente-

contro

Brumm S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 3, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Simona, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) Luca, giusta procura a margine del controricorso;

-controricorrente-

avverso la sentenza n. 2029/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/07/2022 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. DE MATTEIS STANISLAO, che chiede che la Corte rigetti il ricorso. Conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 2029 /2016, depositata il 15.6.2016, ha rigettato l’appello principale proposto dalla Ferrari s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Modena n. 1569/2010 del 12.10.2010, che aveva accertato e dichiarato che la produzione e la commercializzazione degli automodelli della Brumm s.n.c., società produttrice di modelli in miniatura di carrozze e di autovetture d’epoca, non costituiva alcuna violazione dei diritti di privativa industriale di Ferrari s.p.a. e di Ferrari Idea S.A, né tantomeno violazione del diritto d’autore e/o atto di concorrenza sleale, con condanna della Ferrari s.p.a., anche nella qualità di successore universale della Ferrari Idea S.A., al risarcimento dei danni nei confronti della Brumm s.n.c., nella misura di € 20.000, oltre accessori di legge e pubblicazione della sentenza.

Inoltre, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, la Corte d’Appello di Bologna ha condannato la Ferrari s.p.a. all’ulteriore somma di € 25.923,52, oltre accessori di legge.

Il giudice di secondo grado, previo rigetto dell’eccezione del difetto di giurisdizione del giudice italiano (sollevata sul rilievo che la controversia avrebbe dovuto essere devoluta al giudice inglese), ha ritenuto che la riproduzione fedele in scala ridotta dei modelli di autovetture Ferrari da parte di Brumm non costituisce un utilizzo illecito del marchio della società di Maranello, non essendovi stato nessun effetto confusorio, né un comportamento professionalmente scorretto.

Nè, peraltro, la Ferrari poteva godere della tutela del diritto d’autore, in ragione del difetto del valore artistico del modello per cui era stata richiesta la protezione.

Avverso la predetta sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione la Ferrari s.p.a. affidandolo a quattro motivi.

La Brumm s.p.a. si è costituita in giudizio con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis. 1 cod. proc. civ..

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato la requisitoria scritta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la falsa ed erronea interpretazione di norme di diritto in punto giurisdizione.

2. Tale motivo è stato dichiarato inammissibile dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 4294/2022.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta l’erronea e falsa applicazione di norme del diritto ed è stata formulata istanza di rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Unione Europea.

Espone, in particolare, la ricorrente che la sentenza impugnata, nel richiamare integralmente le argomentazioni della sentenza della Corte di Giustizia del 25 gennaio 2007 (nel procedimento C-48/05 tra Adam OPEL AG e Autec AG) – che ha attribuito al marchio la sola funzione di garantire ai consumatori la provenienza di un prodotto – ha tralasciato di esaminare le altre ben più importanti funzione del marchio, specie se dotato di rinomanza, quale quella pubblicitaria o evocativa e quella di investimento, che sono state invece messe in luce da molte sentenze pronunciate in sede comunitaria, soprattutto dopo l’emanazione della direttiva 2008/95/CE.

Rileva, inoltre, la ricorrente che per far valere l’uso non lesivo dell’altrui marchio non è sufficiente invocarne la funzione descrittiva, la presunta necessità di riproduzione fedele della realtà, occorrendo verificare nel caso concreto se l’uso dell’altrui marchio possa considerarsi corretto.

Nel caso di specie, il modellino in scala della Ferrari prodotto dalla Brumm, una volta tolto dalla confezione, recherebbe solo i marchi della Casa di Maranello e non conterrebbe alcun riferimento al produttore del modellino, dando luogo ad una confusione in ordine alla fonte di provenienza.

Infine, sul rilievo che la sentenza Opel/Autec della Corte di Giustizia sarebbe stata fonte di incertezze in ordine all’interpretazione delle norme della direttiva CE n. 89/104, la ricorrente ha chiesto rimettere questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché si pronunci sui seguenti quesiti:

1) “ Se l’uso di un marchio che gode di rinomanza costituisca un uso come marchio ai sensi dell’art. 5 n. 2 della direttiva 89/104 nel caso in cui un produttore fabbrichi e metta in commercio un modellino di automobile che riproduce in scala ridotta un modello realmente esistente, aggiungendovi anche il marchio apposto sul veicolo originale dal titolare del marchio stesso.

2) Qualora la questione sub 1) venga risolta in senso affermativo: se il tipo di uso descritto sub 1) costituisca un’indicazione relativa alla specie o qualità del modellino di autoveicolo ai sensi dell’art. 6 n. 1 lett b) della direttiva 89/104.

3) Qualora la questione sub 2) venga risolta in senso affermativo: se esistano e quali siano i criteri rilevanti in casi di questo tipo per poter valutare quando l’uso del marchio sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo commerciale e industriale; se sia in particolare conforme agli usi suddetti il fatto che il produttore del modellino di automobile non apponga sul modellino un segno riconoscibile dal pubblico come marchio di esso produttore che consenta di riconoscere nel modellino in questione un bene non proveniente dal titolare del marchio stesso e/o con il consenso di quest’ultimo”.

4. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

Va, in primo luogo, rigettata la richiesta formulata dalla ricorrente di rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Va, in primo luogo, osservato che è inesatta l’affermazione di parte ricorrente secondo cui la Corte di Giustizia, nella causa Opel/Autec, avrebbe affrontato soltanto la questione della funzione distintiva del marchio, quale mero indicatore della provenienza di un prodotto, senza prendere in esame le altre funzioni (pubblicitaria, evocativa) che il marchio dotato di rinomanza ha via via assunto a seguito dell’emanazione della direttiva comunitaria n. 89/104 (attuata dal nostro legislatore con il d.lgs n. 480/1992) e delle decisioni della giurisprudenza comunitaria (vedi, tra le altre, sentenza 18/6/2009, L’Oréal e a., nella causa C – 487/07).

Non a caso, proprio nella causa Opel/Autec, nei punti nn. 31 e 32, la Corte di Giustizia, pur dando atto di non essere stata investita dal giudice tedesco della questione relativa all’interpretazione dell’art. 5 n. 2 della direttiva n. 89/104 con un espresso quesito, ha ritenuto – trattandosi di questione rilevante – comunque di fornire al giudice di rinvio l’interpretazione di tale norma, dando atto che secondo una costante giurisprudenza, spetta alla Corte fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi di interpretazione rilevanti nell’ambito del diritto comunitario che possano essere utili per la soluzione della causa di cui il detto giudice nazionale è investito, indipendentemente dal fatto che questi vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni (v. sentenze 7 settembre 2004, causa C 456/02, Trojani, Racc. pag. I 7573, punto 38, e 15 settembre 2005, causa C 258/04, Ioannidis, Racc. pag. I 8275, punto 20).

Pertanto, la Corte di Giustizia, dopo aver ricordato che l’art. 5, n. 2 della direttiva in questione attribuisce al titolare di un marchio registrato che gode di notorietà nello Stato membro il diritto di vietarne ai terzi l’uso qualora l’uso immotivato del segno consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio suddetto, ovvero arrechi pregiudizio a tali caratteristiche del marchio, ha evidenziato che l’accertamento di tali violazioni spetta al giudice del rinvio, trattandosi di una valutazione di carattere fattuale (punto 36 decisione Opel/Autec sopra citata).

La Corte di Giustizia ha quindi risolto la prima questione pregiudiziale che è stata alla stessa sottoposta dichiarando che ” quando un marchio è registrato contemporaneamente per autoveicoli – in relazione ai quali esso gode di notorietà – e per giocattoli, l’apposizione da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare del marchio, di un segno identico a quest’ultimo su modellini di veicoli della marca in questione, al fine di riprodurre fedelmente tali veicoli, e lo smercio dei detti modellini:

– costituiscono, ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva, un uso che il titolare del marchio ha il diritto di vietare, qualora esso arrechi o possa arrecare pregiudizio alle funzioni del marchio, in quanto marchio registrato per giocattoli;

– costituiscono, ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva, un uso che il titolare del marchio ha il diritto di vietare – ove la protezione stabilita dalla detta disposizione sia stata introdotta nel diritto nazionale – qualora tale uso privo di giusta causa consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, in quanto marchio registrato per autoveicoli, ovvero arrechi pregiudizio a tali caratteristiche del marchio”.

Dunque, la Corte di Giustizia, con la formulazione del predetto principio di diritto che investe non solo l’art. 5 n. 1, ma anche l’art. 5 n. 2, non ha inteso occuparsi del marchio utilizzato solo in funzione distintiva, ma apprestare tutela anche nei casi di “diluizione” del marchio che gode di notorietà, “corrosione”, “agganciamento parassitario” (tutti concetti poi sviluppati dalla sentenza L’Oreal, vedi per giurisprudenza italiana Cass. n. 26000/2018).

Se, infatti, la disciplina di cui all’art. 5 n. 1 della direttiva riguarda l’uso del segno utilizzato per prodotti identici o simili ed è finalizzata a tutelare il marchio dal rischio di confusione, la disciplina di cui all’art. 5 n. 2 ha inteso introdurre una tutela rafforzata del marchio che gode di notorietà, o celebre, che si estende anche ai “prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui è stato registrato” (c.d. tutela ultramerceologica).

La Corte di Giustizia, nella seconda questione pregiudiziale, s i è poi occupata dell’interpretazione dell’art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva n. 89/104 , al fine di accertare se l’uso, in funzione non distintiva del marchio, posto in essere dalla Autec, mediante l’apposizione del logo del marchio registrato Opel sui propri modellini in miniatura di autovetture, integrasse o meno la scriminante prevista da tale norma comunitaria, la quale non consente al titolare del marchio il diritto di vietare ai terzi l’uso nel commercio di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio.

In particolare, la Corte di Giustizia si è posta il quesito se la riproduzione identica di ciascun dettaglio del veicolo originale, contenuta nei modellini in miniatura di autovetture, possa eventualmente costituire una caratteristica essenziale di tale categoria di prodotti e se quindi l’art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva potrebbe contemplare (quale caratteristica essenziale appunto) anche la copia fedele del marchio.

Orbene, la Corte di Giustizia è pervenuta alla conclusione(nei punti 44 e 45) che “l’apposizione di un segno, che sia identico ad un marchio registrato in particolare per autoveicoli, su modellini di veicoli contraddistinti dal marchio in questione, al fine di riprodurre fedelmente tali veicoli, non mira a fornire un’indicazione relativa ad una caratteristica dei detti modellini, bensì è soltanto un elemento della riproduzione fedele dei veicoli originali”.

La seconda questione pregiudiziale è stata quindi risolta dichiarando che ” qualora un marchio sia registrato in particolare per autoveicoli, l’apposizione da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare del marchio, di un segno identico a quest’ultimo su modellini di veicoli della marca in questione, al fine di riprodurre fedelmente tali veicoli, e lo smercio dei detti modellini non configurano un uso di un’indicazione relativa ad una caratteristica dei modellini stessi, ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva…”.

Alla luce di quanto sopra illustrato, non vi sono in alcun modo i presupposti per una rimessione di questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, essendosi tale Corte già occupata di un caso identico a quello per cui è causa dopo una approfondita disamina delle medesime questioni giuridiche che sono oggi sottoposte all’esame di questa Corte.

Deve, a questo punto accertarsi, se la sentenza impugnata abbia o meno correttamente applicato i principi di diritto elaborati dalla citata sentenza Opel/Autec, la quale, come sopra illustrato, nel porsi la questione se l’apposizione da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare del marchio, di un segno identico a quest’ultimo su modellini di veicoli della marca in questione, desse o meno luogo ad un fenomeno di contraffazione, da un lato, ha escluso che si tratti di uso descrittivo e quindi l’applicabilità della scriminante di cui all’art. 6 n. 1 lett b) n. 89/104 della direttiva (non costituendo il segno in oggetto un’indicazione relativa ad una caratteristica dei detti modellini, bensì soltanto un elemento della riproduzione fedele dei veicoli originali), dall’altro, ha evidenziato che spetta al giudice nazionale accertare in concreto, trattandosi di una valutazione di carattere fattuale, se l’uso del marchio registrato, effettuato in funzione non distintiva, abbia arrecato o meno pregiudizio alle altre funzioni del marchio (pubblicitaria ed evocativa).

In sostanza, la Corte di Giustizia, nell’escludere che l’uso del segno sui modellini in miniatura di autoveicoli abbia natura descrittiva e sia quindi, come tale, sempre lecito (purché comunque conforme ai principi della correttezza professionale), non ha, d’altra parte, ritenuto che lo stesso uso, effettuato in funzione chiaramente non distintiva (ma ornamentale), sia illecito solo perché non scriminato a norma dell’art. 6 n. 1 lett b) n. 89/104: dovrà essere il giudice di merito a valutare in concreto se l’uso in oggetto sia stato “privo di giusta causa” tale da consentire all’utilizzatore di trarre “indebitamente” vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, in quanto marchio registrato per autoveicoli, ovvero abbia arrecato pregiudizio a tali caratteristiche del marchio.

L’accertamento della sussistenza o meno della contraffazione del marchio che gode di rinomanza non può quindi che avvenire sulla base dei parametri di cui all’art. 5 n. 2 della direttiva, che corrispondono a quelli dell’art. 20 lett c) d.lgs n. 30/2005.

Orbene, la Corte d’Appello di Bologna, facendo corretto uso dei principi di diritto sopra enunciati, con argomentazioni idonee che non sono state minimamente censurate sotto il profilo del vizio di motivazione di cui al novellato art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ. (come interpretato dalle S.U. di questa Corte con sentenza n. 8053/2014), ha, in primo luogo, osservato che le fedeli riproduzioni della autovetture Ferrari realizzate dalla Brumm non hanno arrecato alcun pregiudizio neppure potenziale alle funzioni dei marchi Ferrari, essendo, anzi, emersa in giudizio la prova contraria.

In particolare, il giudice di secondo grado, sul rilievo che alcuni modellini Brumm di autovetture Ferrari d’epoca sono addirittura esposti nella stessa galleria Ferrari a Maranello, e che recensioni di automodelli Ferrari prodotti a Brumm sono rinvenibili in varie riviste di settore, inclusa la “Ferrari Wordl”, ha tratto la coerente conclusione che l’uso del segno Ferrari da parte della Brumm non ha abbia in alcun modo danneggiato il marchio celebre della società ricorrente.

Inoltre, se è pur vero che la Corte d’Appello ha, in modo impreciso, affermato la natura descrittiva dell’uso, da parte della Brumm, del segno Ferrari sui modellini in oggetto – sul punto la motivazione della Corte territoriale deve essere corretta a norma dell’art. 384 ult. comma cod. proc. civ. –tuttavia, il giudice d’appello, oltre ad escludere per tale uso l’effetto confusorio sul consumatore medio finale (sul punto, le censure della ricorrente si appalesano chiaramente inammissibili) ha, altresì, escluso che l’indicazione del marchio “Cavallino Rampante” sulle confezioni contenenti i modellini, in quanto apposta accanto al marchio Brumm, non avesse una funzione evocativa del marchio e della qualità del prodotto Ferrari (vedi pagg. 5 e 8 sentenza impugnata).

Con tali rilievi la società ricorrente non si è minimamente confrontata, non censurando adeguatamente la ratio decidendi.

In particolare, la ricorrente si è limitata ad invocare genericamente l’avvenuta violazione delle funzione pubblicitaria ed evocativa del marchio (ma senza addentrarsi nello specifico sul marchio Ferrari), non ha neppure indicato le norme giuridiche che avrebbero formato oggetto di violazione(è stata dedotta genericamente la “erronea e falsa applicazione di norme del diritto”), e non ha nemmeno allega to in concreto elementi idonei a confutare le affermazioni della Corte d’Appello in ordine all’uso, da parte della Brumm, del marchio Ferrari in funzione non evocativa.

La società ricorrente ha concentrato la maggior parte delle proprie difese sull’esigenza di investire la Corte di Giustizia della questione pregiudiziale, non considerando che, nel c.d. caso Opel, il giudice comunitario aveva fornito ogni delucidazione sui temi in oggetto (peraltro, la normativa eurounitaria è stata nel frattempo modificata, essendo entrati in vigore il regolamento 2015/2424 e la direttiva 2015/2436, la quale, al considerando n. 20 e all’art. 12 lett b), prevedono di consentire al terzo l’impiego di segni o indicazioni descrittivi o non distintivi in generale).

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la falsa ed erronea interpretazione di norme di diritto in punto diritto di autore sul rilievo che la Corte d’Appello avrebbe negato la tutela autorale in modo apodittico, venendo meno ai criteri enunciati da questa Corte nella sentenza n. 23292/2015.

6. Il motivo è inammissibile per genericità.

Si afferma che la Corte d’Appello, che ha escluso il valore artistico della carrozzerie delle autovetture Ferrari (sul rilievo che erano state disegnate al solo scopo di vincere nelle competizioni sportive), non avrebbe applicato i principi applicati da questa Corte in materia di diritto d’autore , ma senza indicarne minimamente le ragioni e senza alcun riferimento al caso concreto sottoposto all’esame del giudice di secondo grado.

7. Con il quarto motivo è stata dedotta, in punto risarcimento danno, la violazione degli artt. 2043 cod. civ. e 125 cod. propr. ind..

Espone la società ricorrente che il mero invio di una diffida non può essere annoverato tra le ipotesi di abusivo esercizio delle proprie ragioni, né può farsi discendere alcun dovere risarcitorio dal mero rigetto delle domande giudiziali svolte dal titolare della privativa.

La società ricorrente lamenta, altresì, l’erronea interpretazione dei documenti depositati agli atti.

8. Il motivo è inammissibile in ragione delle genericità delle censure svolte dalla ricorrente, non idonee a censurare la ratio decidendi anche in tema di liquidazione del danno. In particolare, la Corte d’Appello ha ricono sciuto il risarcimento del danno alla Brumm, essendo questa stata costretta allo storno di ordini (che “rappresenta un danno di per sé, anche a prescindere dalla possibile negoziazione di altri ordini, considerato il carattere artigianale e le dimensioni non grandi dell’impresa in questione”) e al reso di merci.

9. Anche con tali rilievi del giudice d’appello la ricorrente non ha ritenuto di confrontarsi.

10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 6.200, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.

Così deciso in Roma in data 7/7/2022.

Depositato In Cancelleria il 3 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.