Forze Armate: esigenza di compensare una “condizione di particolare disagio per il personale derivante dall’esposizione a particolari agenti atmosferici e a specifici rischi” (T.A.R. Piemonte – Torino, Sezione I, Sentenza 29 gennaio 2019, n. 106).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Domenico Giordano, Presidente

Dott. Flavia Risso, Primo Referendario

Dott. Laura Patelli, Referendario, Estensore

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 654 del 2017, proposto da

N.A. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ennio Cerio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via Mazzini n. 101;

contro

Comando Generale della Guardia di Finanza, non costituito in giudizio;

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, via Arsenale n. 21;

per l’accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell’indennità per servizi esterni di cui all’art. 12 del D.P.R. 5 giugno 1990, n. 147, all’art. 42 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 e all’art. 48 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, per le mansioni svolte dal mese di maggio 2016 alla data odierna;

e la conseguente condanna dell’Amministrazione alla corresponsione in favore dei ricorrenti delle relative somme loro spettanti a tale titolo e non corrisposte, con interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione dei rispettivi diritti fino a quella dell’effettivo soddisfo;

al risarcimento del danno nelle forme previste dal codice del processo amministrativo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2019 la dott.ssa Laura Patelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso in epigrafe, sedici militari della Guardia di Finanza, in servizio presso la Sezione Operativa Navale del Lago Maggiore, hanno chiesto la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione in loro favore di una particolare indennità, cd. “per servizi esterni”, prevista dall’art. 12 D.P.R. n. 147 del 1990.

In particolare, hanno esposto in fatto:

– di aver svolto una serie di servizi consistenti in lavori di bordo presso gli ormeggi del reparto, piantone degli ormeggi (servizio consistente anche nell’uscire dalla garitta per particolari esigenze di sistemazione degli ormeggi), custodia di bordo (servizio nel quale si dovrebbero effettuare anche controlli esterni all’unità navale), prontezza operativa (servizio svolto a bordo dell’unità navale ferma agli ormeggi);

– di aver sempre ricevuto, per attività quali quelle di cui al punto precedente, l’indennità per servizi esterni sino al maggio 2016, data di adozione, da parte del Comando Generale – VI Reparto-Affari Giuridici e Legislativi – Ufficio Trattamento Economico, della Circolare n. 161543/2016 del 20 maggio 2016;

– che con tale circolare l’Amministrazione avrebbe qualificato come attività per le quali non spetta l’indennità in oggetto “quelle espletate in particolare a bordo delle unità navali e dei mezzi aerei (ormeggi/hangar) e/o per i piantoni ormeggi”;

– di aver presentato istanza di accesso agli atti nel marzo 2017, al fine di estrarre i relativi turni e ordini di servizio, istanza sulla quale l’Amministrazione non avrebbe provveduto;

– che alcuni dei ricorrenti (non meglio specificati) avrebbero già ottenuto in proprio favore delle pronunce giurisdizionali di riconoscimento dell’emolumento legato ai servizi esterni (sentenze non indicate né prodotte).

2. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito in giudizio il 22 agosto 2017 per resistere al ricorso, depositando poi documenti, tra i quali:

– nota relativa all’intervenuto accesso agli atti di servizio da parte dei ricorrenti;

– nota relativa all’inesistenza di precedente contenzioso (e di pronunce giurisdizionali) attinente il riconoscimento di diritto all’indennità per servizi esterni in capo ai ricorrenti;

– circolare, priva di data e numero di protocollo, avente ad oggetto “Trattamento economico accessorio del personale” del Comando Generale-VI Reparto-Affari Giuridici e Legislativi – Ufficio Trattamento Economico.

3. In vista dell’udienza pubblica del 23 gennaio 2019, le parti costituite hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive posizioni. Il ricorso è stato infine trattenuto in decisione all’udienza pubblica indicata.
Motivi della decisione

4. Prima di analizzare le ragioni di ricorso e vagliarne la fondatezza, è opportuno ricostruire sinteticamente il quadro normativo applicabile alla specie.

4.1. La cd. indennità per servizi esterni è stata introdotta, per il solo personale della Polizia di Stato, dall’art. 12 D.P.R. 5 giugno 1990, n. 147; la norma prevedeva la corresponsione del supplemento giornaliero dell’indennità di istituto in misura triplicata per il personale impiegato nei servizi esterni, organizzati in turni sulla base di ordini formali di servizio.

Il beneficio economico è stato poi esteso anche agli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza per effetto dell’art. 1, co. 1 lett. a) della L. 7 agosto 1990, n. 232.

Successivamente, le modalità di calcolo dell’indennità sono state modificate per effetto degli artt. 37 e 42 D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395.

4.2. Quanto ai presupposti per il riconoscimento dell’indennità, è necessario che il servizio sia svolto in ambiente esterno, all’esterno dei comandi o presso enti o strutture di terzi (artt. 42 D.P.R. n. 395 del 1995 e 50, co. 1 e 2, D.P.R. n. 254 del 1999), che sia articolato stabilmente su turni sulla base di ordini formali di servizio (art. 42 D.P.R. n. 395 del 1995), che abbia una durata non inferiore alle 3 ore (art. 48 D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164).

4.3. La giurisprudenza amministrativa, in più occasioni, si è pronunciata sulla spettanza del beneficio economico in oggetto e ha sempre evidenziato che la ratio dell’istituto è quella di compensare una “condizione di particolare disagio per il personale derivante dall’esposizione a particolari agenti atmosferici e a specifici rischi” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 2009, n. 6575) e che deve trattarsi, inoltre, di esposizione non sporadica e occasionale, bensì regolare (cfr., ex multis, Cons. Stato,Ssez. IV, 23 ottobre 2017, n. 4865).

5. Così chiariti i termini generali della questione e condivise le sopra richiamate conclusioni giurisprudenziali, è ora possibile analizzare l’articolato motivo di ricorso, con il quale si deduce che ai militari ricorrenti spetterebbe l’indennità in esame (non più corrisposta da maggio 2016 per alcune tipologie di servizio già indicate in fatto) poiché le prestazioni da questi svolte sarebbero avvenute in ambiente esterno a edifici dell’Amministrazione e rientrerebbero “nelle seguenti ipotesi:

1) i militari durante il turno devono uscire, di frequente, dalla garitta per il controllo degli ormeggi e, rinforzarli in caso di condizioni meteorologiche avverse;

2) i militari devono uscire dalla garitta per il controllo della banchina e delle relative pertinenze, ai fini della vigilanza, specie in situazioni di allarmi;

3) i militari devono uscire dalla garitta per fornire ogni utile assistenza in caso di uscita in mare delle unità navali o rientro agli ormeggi delle stesse;

4) i militari, devono supportare “le custodie di bordo” per ogni necessità sia personali che delle unità (in caso di unità navali maggiori)”.

In tesi, il contenuto di tali prestazioni lavorative consisterebbe “in quel disagio che l’indennità mira a ristorare”.

6. A prescindere da eventuali profili di inammissibilità del ricorso collettivo proposto (in termini, cfr. Cons. Stato, Sez. III, 8 luglio 2015, n. 3426), la domanda deve essere rigettata, in quanto non è stata raggiunta la prova del fatto che i sedici militari ricorrenti abbiano effettivamente svolto – da maggio 2016 ad oggi – servizi in ambiente esterno, comandati secondo precisi ordini di servizio e di durata non inferiore alle tre ore.

6.1. Nello specifico, i ricorrenti hanno allegato di essere tutti in servizio presso la Sezione Operativa Navale del Lago Maggiore e di aver svolto una serie di lavori (già sopra descritti: lavori di bordo, piantone ormeggi, custodia di bordo, prontezza operativa).

Tuttavia, non sono specificati i gradi e le qualifiche di ciascuno dei militari e non è certamente plausibile che, a prescindere dal grado ricoperto, gli stessi abbiano svolto tutti mansioni omogenee, in taluni casi anche meramente manuali. Inoltre, non sono allegati né provati il numero e la tipologia di servizi svolti dagli stessi, quale sarebbe il tempo impiegato all’esterno, quali sarebbero gli ordini di servizio di riferimento.

Tanto è sufficiente per ritenere non soddisfatto l’onere di fornire quantomeno un principio di prova del verificarsi del fatto presupposto di liquidazione dell’indennità.

Nel caso di specie, poi, risulta in atti (cfr. nota del 16.09.2017 depositata dalla difesa erariale in data 18.10.2017 sub “documenti”) che copia della documentazione relativa ai servizi svolti in ambiente esterno e copia degli statini paga era già stata consegnata agli interessati nel settembre 2017.

Se ne deduce che i ricorrenti – quantomeno alla data di scadenza del termine per deposito documenti in vista dell’udienza pubblica del 23 gennaio 2019 – erano in possesso della documentazione necessaria a ricostruire le singole posizioni, a provare la tipologia di servizi da questi svolti nel tempo e il periodo impiegato per lo svolgimento degli stessi.

Non può dunque essere esercitato il potere ufficioso di cui all’art. 64 co. 3 cod. proc. amm., poiché esso si giustifica nell’ipotesi in cui gli elementi probatori siano nell’esclusiva disponibilità dell’Amministrazione ed è previsto al fine di riequilibrare le posizioni delle parti, non per superare una negligenza processuale di una delle due parti; laddove gli elementi di prova rientrino nella disponibilità (come è di fatto avvenuto nel caso di specie) della parte privata, occorre che il ricorrente supporti la propria domanda, allegando e dimostrando in giudizio tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa.

6.2. Anche a prescindere dalla carenza probatoria predetta, la pretesa dei ricorrenti è infondata nel merito.

Facendosi infatti riferimento alla descrizione delle mansioni (per cui si chiede l’indennità) operata da parte ricorrente, le stesse non richiedono che il dipendente si mantenga per almeno tre ore consecutive in ambiente esterno, a cielo aperto, esponendosi agli agenti atmosferici.

6.2.1. In particolare, non risulta che i “lavori di bordo presso gli ormeggi del reparto” vengano effettuati per un periodo superiore alle tre ore a cielo aperto e non ha pregio l’assunto dei ricorrenti secondo cui il particolare disagio da indennizzare sarebbe quello di dover effettuare il servizio in “tuta da lavoro”; ciò, sia poiché non è allegato né dimostrato l’effettivo disagio che deriverebbe dall’utilizzo della tuta, sia perché non si tratterebbe comunque di un disagio assimilabile estensivamente a quello derivante dall’esposizione agli agenti atmosferici, disagio per il quale è stata prevista la speciale indennità.

6.2.2. Quanto al servizio di “piantone ormeggi”, è pacifico che lo stesso venga ordinariamente svolto stando in garitta e che, durante il turno, sia necessario talvolta uscire dalla stessa per il controllo degli ormeggi, a seconda delle condizioni metereologiche. Anche in tal caso, dunque, non si tratta di attività svolta per almeno tre ore a cielo aperto.

6.2.3. Per quanto concerne la “custodia di bordo”, il disagio descritto dai ricorrenti e consistente nel dover essere vigili e in tuta da lavoro, non è omogeneo o assimilabile a quello che l’indennità per servizi esterni mira a compensare. Inoltre, anche in questo caso, non si tratta di attività svolta per almeno tre ore a cielo aperto, essendo invece prevalentemente costituita da controlli interni, a cui si affiancano controlli esterni agli ormeggi.

6.2.4. Infine, il servizio di “prontezza operativa” viene pacificamente svolto a bordo dell’unità navale, dovendo i militari uscire solo per attività propedeutiche e finali quali il posizionamento dei teli di protezione e la predisposizione dei cavi di ormeggio.

6.2.5. Per come descritti dagli stessi ricorrenti, dunque, i servizi non vengono svolti in quella “condizione di particolare disagio per il personale derivante dall’esposizione a particolari agenti atmosferici e a specifici rischi” che l’indennità mira a ristorare.

Sulla base di quanto enunciato e con riferimento ai servizi analizzati, non pare quindi contestabile la previsione della circolare adottata dal Comando Generale – VI Reparto-Affari Giuridici e Legislativi – Ufficio Trattamento Economico (prodotta sub “Allegato 003” del 18.10.2017 dalla difesa erariale) secondo cui (p. 113) “non possono essere considerate esterne le attività eseguite in luoghi di lavoro che pur non facendo parte dell’immobile sede del reparto ne costituiscano pertinenza (ormeggi, garitte, hangar)”.

Va ulteriormente evidenziato che, per il servizio di “piantone degli ormeggi” (per il quale pure i ricorrenti avanzano la pretesa in oggetto), la circolare dell’Amministrazione prevede (pag. 109) che al dipendente venga corrisposta la diversa indennità per “servizi interni di caserma” di cui all’art. 17 L. n. 668 del 1986; in relazione a detta indennità, presumibilmente percepita dai ricorrenti in alternativa a quella richiesta, nulla si specifica nel ricorso.

7. Infine, nessun rilievo assume, ai fini del presente ricorso, l’affermazione secondo cui alcuni dei ricorrenti avrebbero ottenuto delle pronunce giurisdizionali a loro favorevoli, con le quali si riconoscerebbe il diritto alla corresponsione dell’indennità in parola in loro favore.

7.1 Trattasi infatti di mera affermazione generica, contestata dall’Amministrazione, in relazione alla quale non si specifica quali sarebbero le sentenze di rilievo (tantomeno vengono prodotte), né si agisce per la violazione di un eventuale giudicato a queste riferibile.

8. Per tutte le ragioni sopra evidenziate, il ricorso deve quindi essere respinto.

9. Le spese seguono la soccombenza, ai sensi degli artt. 26 cod. proc. amm. e 91 c.p.c., e si liquidano nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il giorno 29 gennaio 2019.