Fuga e omissione di soccorso: conducente va assolto se manca prova del dolo.

(Tribunale, Forlì, sezione penale, sentenza 13 giugno 2016, n. 1444)

TRIBUNALE DI FORLI’

 Sezione penale

 Sentenza 9-13 giugno 2016, n. 1444 

 

alla pubblica udienza di giovedì 9 giugno 2016 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale contro: ***, nato a Latina il 24/05/1982, residente a ***, ***, con domicilio eletto c/o difensore. Difeso di fiducia dall’Avv. Paolo GHISELLI, del foro di Rimini, con studio in Rimini via Andrea Costa n. 3/c c/o Condominio Giardini  Pensili;

IMPUTATO

Del reato di cui agli artt.81 cpv. c.p., 189 co.6 e 7 Codice della Strada perché, in caso di incidente con danno alle persone ricollegabile ad un suo   comportamento, avendo tamponato il veicolo Seat Leon tg. *** condotto da *** che lo precedeva, ometteva di fermarsi e di prestare soccorso alla *** che riportava lesioni con prognosi di gg. 7 procedendo nella guida; in Cesena  (FC), il 5.2.2015;

con l’intervento del P.M. Dott. ***

nonché  di avv. Paolo Ghiselli Foro Rimini difensore fiducia

LE PARTI HANNO CONCLUSO COME SEGUE:

IL PM- condanna imputato a mesi 8 reclusione

LA DIFESA – assoluzione perché il fatto non costituisce reato o con altra formula piena e produce giurisprudenza

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione emesso in data 12/09/2015, all’esito di opposizione a decreto penale di condanna, *** era tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui all’articolo 189 commi 6 e 7 Codice della Strada.

All’udienza del 12/0112016, verificate le condizioni per procedere in assenza dell’imputato, era aperto il dibattimento ed erano ammesse le prove.

All’udienza del 9/06/2016 era sentito il teste del Pubblico Ministero *** ed erano acquisite, su consenso delle parti, verbale di sommarie informazioni rese da ***, mentre l’imputato presente rendeva esame. Venivano altresì prodotti atto di accertamenti urgenti svolti dagli operanti di Polizia Municipale al momento del sinistro, atto di quietanza in ordine all’incidente sopra ricordato, documentazione fotografica e documentazione afferente il sistema satellitare, di cui era dotata la vettura del ***.

Quindi, chiusa l’istruttoria dibattimentale, erano dichiarati utilizzabili gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento e quelli successivamente acquisiti; udite le conclusioni delle parti, il giudice emetteva sentenza con lettura del dispositivo in udienza, riservando il termine di legge, per il deposito della motivazione.

Intorno alle ore 13.30 del 5 febbraio 2015 ***  si trovava a bordo della propria vettura, targata ***, e stava circolando a Cesena, in viale Marconi; il fondo strada era bagnato e pioveva o, comunque, aveva piovuto poco prima.

Ad un certo punto la donna azionava il segnalatore luminoso, per segnalare che intendeva svoltare a destra; non completava tuttavia subito la manovra, iniziandola ed attendendo poi che un velocipede terminasse di transitare presso l’imbocco della via, in cui doveva girare.

Al contempo la *** si rendeva conto, dall’osservazione dello specchietto retrovisore, che sopraggiungeva altra vettura alle sue spalle: tale ultimo mezzo, giunto nei pressi dell’auto della persona offesa, non frenava e tamponava il veicolo della ***, danneggiandone il paraurti, quindi la oltrepassava, rallentava, accostava nei pressi del margine destro della strada; la persona offesa non avvertiva inizialmente alcun disturbo e ripartiva a sua volta, per raggiungere l’altra vettura, che però a quel punto si allontanava.

La ***  non riusciva a prendere il numero di targa del veicolo che l’aveva tamponata  e cercava invano di inseguirlo; riferiva poi alla polizia municipale come quest’ultimo mezzo avesse dei colori particolari e gli operanti riuscivano ad individuare la vettura in questione, che risultava intestata all’imputato.

In seguito la persona offesa avvertiva dei disturbi e si recava al pronto soccorso: qui le era diagnosticata una cervicalgia postraumatica con prognosi di sette  giorni; la stessa era peraltro risarcita dalla compagnia di assicurazione Unipol Sai Assicurazioni s.p.a. con la somma di almeno € 1200,00, che la *** accettava a tacitazione di  qualsivoglia pretesa (cfr. deposizione ***, udienza del 9/06/2016; cfr. altresì referto redatto nei confronti di ***, in riferimento all’accesso del 5 febbraio 2015, ore 12.08).

***, esercente attività di carrozziere, ha riferito che il *** portava presso l’officina la vettura targata *** ed a lui intestata in data 5 o 6 febbraio 2015, dicendo al carrozziere di aver sbattuto l’auto in un palo di ferro, nei pressi di una rotatoria.

La vettura presentava dei danni al gruppo ottico anteriore destro, allo spigolo del paraurti anteriore destro, al parafango anteriore destro ed al radiatore del motore turbo; a parere del ***, perché si verificassero nel veicolo danni di quel tipo il conducente doveva circolare ad almeno 40/50 km/h di velocità ed era altresì improbabile che non si fosse accorto dell’impatto.

Il carrozziere appurava altresì che, tra il copertone anteriore destro ed il cerchione, era rimasto incastrato un frammento di plastica color grigio chiaro: a seguito del ritrovamento del predetto frammento il *** ipotizzava, contrariamente a quanto riferito dal ***, che quest’ultimo avesse urtato un altro veicolo, poiché un simile frammento  era presumibilmente  riconducibile ad una vettura. L’imputato forniva al *** i pezzi per effettuare la riparazione, reperendoli in demolizione, e  ritirava  il  mezzo  presso l’officina,  dopo  circa  una  settimana  (cfr. verbale di sommarie informazioni rese da *** in data 25 febbraio 2015).

L’imputato, rendendo esame in sede dibattimentale, ha confermato di essere quel giorno alla guida della propria vettura e di essere transitato per la via Guglielmo Marconi.

Ha aggiunto tuttavia di non essersi reso conto dell’urto con un altro veicolo e di essersi soffermato poco dopo l’incrocio, perché aveva avvertito un rumore ma non sapeva a cosa fosse riconducibile; non notando nulla di strano riprendeva però dopo pochi istanti la marcia.

Di lì a qualche giorno il *** veniva contattato dalla Polizia  Municipale di Cesena e collaborava con tali operanti, fornendo anche i dati registrati dal sistema satellitare della vettura: dai dati in questione era possibile evincere che si era verificato un urto tra la vettura del *** ed altra vettura, mentre il primo marciava ad una velocità di 34 km/h (cfr. esame imputato, udienza del 9/06/2016, nonché planimetria satellitare).

Da quanto sopra esposto, risulta senza dubbio accertato che si verificava un urto tra la vettura del*** e la vettura della ***: le dichiarazioni credibili e coerenti della persona offesa, neppure costituita parte  civile, risultano supportate dalle  stampe delle  registrazioni  satellitari, nonché dalle riprese di una videocamera di sorveglianza posta  nei pressi dell’incrocio; in tali immagini, compatibili per data ed ora a quanto riferito dalla ***, era infatti ritratto un urto tra dei veicoli, del tutto corrispondenti a quelli rispettivamente dell’imputato e della persona offesa.

Ciò detto, la dinamica dell’impatto tra i due mezzi porta a ritenere quantomeno dubbio che l’imputato realizzasse di essere rimasto coinvolto in un sinistro, con danni alle persone.

In tal senso, secondo la giurisprudenza di legittimità, “nel reato di fuga previsto dall’articolo 189 comma sesto cod. strad. l’accertamento del dolo, necessario anche se esso sia di tipo eventuale, va compiuto in relazione alle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall’agente al momento della condotta, laddove esse siano univocamente indicative del verifìcarsi di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone” (cfr. Cassazione penale, sezione IV, sentenza n.16982 del 2/03/2013, Rv.255429).

Nel caso di specie, il mezzo del *** urtava il mezzo della *** ad una velocità assai modesta, circa 34 km/h, mentre quest’ultima stava svoltando: inoltre l’urto, come desumibile anche dalle immagini riprese dalla videocamera di sorveglianza, riguardava la parte destra del paraurti inferiore dell’imputato o la parte sinistra del paraurti posteriore della vettura della persona offesa; anche il racconto della ***  porta a ritenere che il *** riuscisse comunque ad oltrepassare l’altro veicolo e non fosse in buona sostanza ostacolato nella propria marcia.

Proprio queste circostanze non consentono di escludere che l’imputato non si avvedesse di aver impattato con il mezzo della persona offesa o, quantomeno, non si rendesse conto che l’evento era qualcosa di più grave, di un contatto senza conseguenze; non a caso, la stessa persona offesa non avvertiva subito disturbi e solo in un secondo tempo si recava al pronto soccorso.

In tale prospettiva si consideri altresì che la *** non ha saputo ricordare con assoluta certezza se usciva dalla vettura immediatamente dopo l’urto; la stessa ha peraltro escluso di aver fatto dei cenni al conducente dell’altro veicolo coinvolto dal sinistro, essendosi limitata a ripartire a sua volta.

Anche il comportamento della persona offesa poteva dunque ingenerare nell’imputato il convincimento che la donna non avesse riportato nessun danno fisico, ben potendo ritenere il *** che quest’ultima, riavviato la propria vettura, avesse ripreso tranquillamente la marcia.

E’ poi significativo che l’imputato, anziché allontanarsi immediatamente dal luogo del sinistro, ivi si trattenesse almeno per qualche secondo, accostando addirittura il mezzo sul margine destro della strada: anche tale comportamento, che a prescindere dall’effettivo comportamento della *** avrebbe comunque consentito alla stessa di prendere il numero di targa e, dunque, di individuare successivamente il ***, contrasta con la volontà, propria delle fattispecie di reato contestate, di impedire con un allontanamento la propria identificazione.

Quanto al fatto che l’imputato raccontasse al *** di aver sbattuto ad un palo e si recasse dal carrozziere poco tempo dopo il sinistro, non si tratta di dati che possano con sicurezza comprovare l’elemento soggettivo proprio dei reati contestati.

Da un lato, le affermazioni formulate dal *** dinanzi al carrozziere avvalorano l’ipotesi che l’imputato, al momento del fatto, non fosse ancora in grado di ricondurre con sicurezza i danni presenti sulla propria vettura, con un urto ad un altro veicolo; ciò, a maggior ragione, perché il frammento di plastica ricordato dal *** era da quest’ultimo rinvenuto in un luogo (tra il cerchione ed il parafango), nel quale non era certo immediatamente visibile.

Dall’altro lato, il momento in cui il *** portava la vettura a riparare non consente di inferire alcunché di sicuro, in ordine alla percezione che lo stesso aveva degli eventi precedenti; e, d’altra parte, i danni riscontrati sul veicolo dell’imputato erano presumibilmente non troppo gravi, risultando il costo della riparazione pari ad € 180,00.

Infine, non assume valore del tutto pregnante la considerazione del ***, in base alla quale sarebbe stato difficile per l’imputato non rendersi conto dell’impatto: si tratta infatti di un’affermazione generica e non meglio motivata, formulata da un soggetto che, non essendo presente al momento del sinistro, non aveva modo di rendersi conto delle condizioni in cui tale fatto si verificava.

Ne consegue l’esito assolutorio del giudizio, non essendo stata raggiunta piena prova che il *** realizzasse le condotte contestate con coscienza e volontà.

PQM

Letto ed applicato l’articolo 530 comma 2 c.p.p. assolve *** dai delitti a lui ascritti perché il fatto non costituisce reato.

Visto l’articolo  464 comma c.p.p. revoca il decreto penale di condanna 622/2015 emesso nei confronti di ***.

Forlì 9 giugno 2016.

Il giudice

Depositata il 13 giugno 2016.