Il principio sancito dall’art. 3, l. n. 742/1969, secondo cui le cause di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi non sono sottoposte a sospensione durante il periodo feriale, fa riferimento (anche) al termine (che riprenda a decorrere dopo la sospensione disposta ai sensi dell’art. 398, ultimo comma, c.p.c.), per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi che sia stata impugnata per revocazione, nonché al termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha deciso sulla revocazione.
Premesso in fatto
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
«1.- Con sentenza n. 587/2011 la Corte d’Appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da V.A.S. avverso la sentenza dei Tribunale di Brescia, sezione distaccata di Breno, con la quale era stata rigettata l’opposizione dei S. al precetto ex art. 615 c.p.c notificatogli dalla F.lli S. fu Giovanni s.a.s di Giancarlo S. & C., proposta sulla base dell’intervenuta perdita della capacità processuale della società predetta a seguito di suo scioglimento e cancellazione.
Avverso la sentenza d’appello il S. ha proposto impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. avanti alla Corte d’Appello di Brescia, la quale, dopo aver accolto con ordinanza l’istanza di sospensione del termine per proporre il ricorso per cassazione, ha rigettato la domanda di revocazione con sentenza n. 753/2012.
II ricorso nei confronti di entrambe le sentenze della Corte d’Appello di Brescia, la n. 587/2011 e la n. 753/2012, è proposto con tre motivi. Gli intimati resistono con controricorso.
2.- li ricorso è inammissibile in quanto tardivo in relazione ad entrambe le sentenze impugnate.
Trattandosi di causa di opposizione all’esecuzione, va fatta applicazione delle norme degli artt. 1 e 3 della legge n. 742 del 1969 e dell’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, per le quali la sospensione feriale dei termini processuali non si applica alle opposizioni esecutive.
La regola della sospensione feriale dei termini prevista dall’art. 1 della legge n. 742 del 1969 non soffre, quanto alla materia civile, altre eccezioni se non quelle dell’art. 3 (e quelle previste da norme di settore, come le norme relative alla procedura fallimentare).
Tra le eccezioni di cui all’art. 3 vi sono le «cause» o i «procedimenti indicati nell’art. 92 dell’ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941 n. 12». Quest’ultima norma contempla espressamente le opposizioni all’esecuzione ed è stata interpretata nel senso che i termini nel periodo feriale non vengono sospesi, non solo per i giudizi di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma secondo, cod. proc. civ. (vale a dire per le opposizioni c.d. esecutive, cioè successive all’inizio dell’esecuzione), per le opposizioni agli atti esecutivi e per le opposizioni di terzo all’esecuzione (cfr., tra le tante, Cass. ord. n. 9998/10), ma anche per i giudizi di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma primo, cod. proc. civ. (vale a dire per le opposizioni c.d. pre-esecutive, cioè precedenti l’inizio dell’esecuzione, dette anche opposizioni a precetto: cfr. Cass. ord. n. 17440/02).
Il principio per il quale, a norma dell’art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, richiamato dall’art. 3 della legge 7 ottobre 1969 n. 742, la sospensione feriale dei termini non si applica al giudizio di opposizione all’esecuzione va qui riaffermato, onde proporre l’inammissibilità del ricorso, atteso che il giudizio concluso con le sentenze impugnate era stato introdotto in primo grado da V.A.S. con opposizione all’esecuzione proposta ai sensi dell’ari. 615 cod. proc. civ. avverso l’atto di precetto notificato in data 5 febbraio 2008.
Detta disciplina, infatti, regola i processi di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi in ogni loro fase, compreso il giudizio di cassazione (cfr. , tra le altre, Cass. n. 10874/05, 6103/06, 12250/07, 14591/07, 4942/10) ed a prescindere dal contenuto della sentenza e dai motivi di impugnazione (cfr. Cass. n. 20745/09, Cass. ord. n. 9997/10), a meno che la controversia non sia più qualificabile come opposizione all’esecuzione per avere il giudice di merito pronunciato su domanda riconvenzionale altrimenti qualificata (cfr. Cass. n. 21681/09).
3.- Ed invero, la sentenza conclusiva del giudizio di appello è stata depositata il 23 maggio 2011; l’ordinanza che ha accolto l’istanza di sospensione dei termini presentata dall’odierno ricorrente è stata pubblicata il 7.11.2011 e tale sospensione ha operato fino al 13 giugno 2012, data di pubblicazione della sentenza di rigetto della domanda di revocazione; il ricorso è stato notificato in data 29 luglio 2013.
Il ricorso risulta tardivo, non solo scomputando il tempo durante il quale il termine per proporre il ricorso per cassazione è rimasto sospeso ai sensi dell’ars. 398, ult. co., cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 9239/13, nel senso che il termine rimasto sospeso dal momento della proposizione dell’istanza, riprende a decorrere, per la parte residua, dalla data di comunicazione della sentenza che pronuncia sulla revocazione), ma anche soltanto computando la decorrenza del(l’intero) termine annuale per impugnare dalla pubblicazione della sentenza che ha deciso sulla revocazione.
3.1.- In ragione di tale ultima considerazione risulta tardivo anche il ricorso avverso la sentenza n. 753/2012 di rigetto della domanda di revocazione, pubblicata il 13 giugno 2012.
Ed invero, la disciplina sopra richiamata, per la quale non si applica ai giudizi di opposizione all’esecuzione la sospensione dei termini feriali va riferita a tutti i gradi e le fasi di questi giudizi, compreso il giudizio di revocazione, introdotto con impugnazione straordinaria (cfr. Cass. n. 12625/10), sicché la sospensione non opera neppure con riguardo al ricorso per cassazione proposto contro la sentenza pronunciata in sede di impugnazione per revocazione di una sentenza d’appello di un giudizio di opposizione all’esecuzione.
3.2.- Nel caso di specie, il termine per proporre ricorso per cassazione era annuale ai sensi dell’ari. 327 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis. Va perciò computato a decorrere dal 13 giugno 2012, senza tenere conto della sospensione dei termini dal 1° agosto al 15 settembre, sicché era già scaduto alla data del 29 luglio 2013, quando il ricorso è stato spedito per le notificazioni a mezzo posta.».
La relazione è stata comunicata e notificata come per legge.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ritenuto in diritto.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
La memoria depositata da parte ricorrente non offre elementi per superare le argomentazioni svolte nella relazione.
Il ricorrente sostiene che la disciplina richiamata nella relazione non si applicherebbe alla revocazione, che, essendo un’impugnazione a carattere straordinario, non sarebbe soggetta alle regole delle impugnazioni ordinarie e comunque si sottrarrebbe al principio di inapplicabilità della sospensione feriale ai giudizi di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi perché «rimedio straordinario relativo a ipotesi tassative, quindi totalmente estraneo alla natura e alla logica dei procedimenti di opposizione all’esecuzione». L’assunto è infondato.
Il carattere straordinario dell’impugnazione per revocazione non impedisce che, ai sensi dell’art. 400 cod. proc. civ., davanti al giudice adito si osservino le norme stabilite per il procedimento davanti a lui in quanto non derogate da quelle del capo del codice di rito che disciplina la revocazione; tra queste ultime non vi è norma alcuna che consenta di ritenere derogato l’art. 3 della legge n. 742/69 in riferimento ai giudizi di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi. Né può sostenersi che, in caso di revocazione, venga meno la ragione nell’urgenza di trattare una causa che tende a paralizzare il corso del processo esecutivo, sia perché questo non è sempre vero – non dipendendo dai motivi di impugnazione (come sembra ritenere il ricorrente) – bensì dallo stato in cui si trova il processo esecutivo e dalla concessione o meno del provvedimento di sospensione dello stesso sia, soprattutto, perché la particolare disciplina dei termini feriali è stata dettata dal legislatore proprio per evitare una verifica che altrimenti si sarebbe imposta caso per caso. Essa quindi fissa un principio che prescinde dalla sussistenza di un’urgenza di trattazione, in concreto, presumendo l’interesse dell’ordinamento alla sollecita definizione delle controversie in ragione della loro natura, e non dello stato delle stesse controversie o del processo esecutivo cui sono riferite.
Ed invero, la lettera dell’art. 3 della legge n. 742 del 1969, in relazione all’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, lascia intendere che il regime dei termini processuali nel periodo feriale è correlato alla natura della controversia, e non alle sue vicende (cfr. Cass. n. 6940/07, n. 20745/09, ord. n. 9997/10, n. 17497/11) né all’organo giudiziario presso il quale pende la controversia (cfr. soprattutto Cass. ord. n. 2342/04). Esso è quindi applicabile all’intero corso del processo di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, in questo compresi i gradi di impugnazione, sia ordinaria che straordinaria.
Va perciò affermato che il principio sancito dall’art. 3 della legge n. 742 del 1969, secondo cui le cause di opposizione all’esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi non sono sottoposte a sospensione durante il periodo feriale, ha riferimento (anche) al termine (che riprenda a decorrere dopo la sospensione disposta ai sensi dell’art. 398, ult. co., cod. proc. civ.) per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi che sia stata impugnata per revocazione, nonché al termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha deciso sulla revocazione: la norma citata, difatti, nella parte in cui richiama l’art. 92 dell’ordinamento giudiziario, si riferisce pur sempre a controversie che abbiano una determinata natura e non già all’organo giudiziario presso il quale pende la controversia medesima né al tipo di impugnazione proposta.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Il controricorso avrebbe dovuto essere notificato nel termine fissato dall’art. 370, 1 ° co., cod. proc. civ.
Dato quanto sopra, anche riguardo a tale ultimo termine va seguito il principio per il quale nelle controversie relative ad opposizione all’esecuzione (ed agli atti esecutivi) non trova applicazione la sospensione feriale dei termini processuali, sicché, qualora sia stato proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di rigetto di una opposizione all’esecuzione (o di una opposizione agli atti esecutivi), il controricorso deve essere notificato, a pena di inammissibilità, entro il termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ., senza che si applichi la sospensione indicata dall’art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (così Cass. n. 5684/06; cfr. anche Cass. ord. n. 6107/13).
Nel caso di specie, il ricorso è stato notificato il 31 luglio 2013, mentre il controricorso è stato presentato all’UNEP il 17 ottobre 2013, quindi ben oltre il termine di venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, considerata l’inapplicabilità della sospensione feriale.
Non vi è perciò luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità in favore della società resistente, il cui controricorso è inammissibile ed il cui procuratore nemmeno è comparso per essere sentito in adunanza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.