Per chi provoca un incidente stradale guidando in stato di ebbrezza, può essere effettuato il prelievo del sangue per la verifica della quantità di alcool presente nel sangue, anche senza consenso del conducente, purchè lo si informi della sua facoltà di farsi assistere dal proprio legale di fiducia.
A stabilirlo è la quarta sezione penale della Cassazione che, con la sentenza n. 46386/2015 (scaricabile da qui) ha accolto il ricorso di un automobilista avverso la decisione della Corte d’Appello di Bologna che confermando la sentenza del gup del tribunale di Parma lo condannava a 8 mesi di arresto e 3mila euro di ammenda per aver provocato un incidente stradale con feriti avendo guidato un’auto in stato di ebbrezza.
Il ragazzo, di età inferiore a 21 anni e in possesso della patente da meno di tre, veniva condotto in ospedale e su richiesta della polizia giudiziaria veniva sottoposto a esami ematici che rilevavano un tasso alcolemico pari a 1,55 g/l.
L’imputato ricorreva pertanto in Cassazione, a mezzo del proprio difensore, sostenendo che il prelievo ematico, costituente trattamento sanitario invasivo, era stato effettuato a specifica richiesta della polizia giudiziaria e non quale ordinario accertamento secondo protocollo medico, senza richiedere il consenso del paziente e senza l’autorizzazione del pm, nonchè lamentando che lo stesso era stato effettuato senza il dovuto avviso all’imputato della facoltà di farsi assistere dal difensore.
Per la Cassazione, il primo motivo è infondato.
In presenza del coinvolgimento del conducente in un incidente stradale e della sottoposizione a cure mediche da parte della struttura sanitaria, l’accertamento del tasso alcolemico, tramite prelievo, è utilizzabile ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato.
Tuttavia, quanto alla seconda doglianza, per gli Ermellini, pur se non necessario il consenso, andava fatto invece avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
Uniformandosi alla recente giurisprudenza delle Sezioni Unite (cfr. n. 5396/2015), i giudici di piazza Cavour hanno affermato infatti che “posto che l’avvertimento del diritto all’assistenza difensiva di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. che per il tramite dell’art. 356 c.p.p., richiama gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, di cui all’art. 354 c.p.p. è riferibile anche agli accertamenti eseguiti dalla p.g. sul tasso alcolemico del conducente di un veicolo ai fini della verifica dell’eventuale stato di ebbrezza, rileva come nel momento in cui tali verifiche vennero effettuate, dovessero ritenersi già emersi a carico del conducente indizi di reità per una fattispecie di guida in stato di ebbrezza, tanto che, prima di procedere a tale accertamento indifferibile e urgente, al medesimo avrebbe dovuto essere dato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia“.
Quanto poi al momento utile per sollevare la relativa eccezione, trattandosi di nullità a regime intermedio il difensore l’aveva sollevata tempestivamente nell’udienza celebrata in primo rado con rito abbreviato.
Per cui, non essendovi altre prove dello stato di ebbrezza e non potendo essere utilizzato a tal fine l’accertamento ematico, la Corte ha annullato la sentenza d’appello e assolto il conducente perché il fatto non sussiste.