La situazione giuridica di convivenza tra i coniugi costituisce elemento essenziale del matrimonio – rapporto e lo connota in maniera determinante.
Pertanto, tale convivenza, se protratta per un tempo minimo di tre anni, costituisce un limite di ordine pubblico alla declaratoria di nullità del matrimonio concordatario.
Svolgimento del processo
1 – La corte di appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto la domanda proposta da N.M. nei confronti di F.M. , relativa al riconoscimento della sentenza emessa in data 14 luglio 2011 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Flaminio, con la quale era stata dichiarata la nullità, per esclusione dell’elemento dell’indissolubilità del vincolo da parte dell’uomo, del matrimonio concordatario contratto in Lucca in data 20 luglio 1985.
1.1 – La Corte territoriale, a fronte della eccezione proposta dalla convenuta circa la necessità di tutela del principio di ordine pubblico dell’affidamento incolpevole, ha osservato che nel caso di specie risultasse provato in maniera adeguata, sulla base delle deposizioni acquisite nell’ambito del giudizio ecclesiastico e delle dichiarazioni rese dalla stessa F. , che le convinzioni del N. , persona non credente, circa il rifiuto del matrimonio inteso come sacramento caratterizzato dal vincolo di indissolubilità.
1.2 – È stato quindi esclusa la ricorrenza di elementi ostativi alla richiesta delibazione, rilevandosi, per altro, che a tal fine non poteva assumere rilievo, stante la diversità del petitum e della causa petendi, neppure il giudicato formatosi in merito alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.
1.3 – Per la cassazione di tale decisione la F. propone ricorso, affidato a due motivi, cui il N. resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
2 – Preliminarmente deve rilevarsi la tempestività dell’iscrizione a ruolo del ricorso, in quanto dall’esame degli atti risulta che il relativo atto – essendosi la notifica del ricorso stesso perfezionata in data 20 febbraio 2014 – è pervenuto all’Ufficio Protocollo di questa Corte il successivo 7 marzo.
Per altro, secondo uno specifico orientamento di questa Corte, in caso di spedizione tramite il servizio postale del ricorso per cassazione, il termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ. si intende rispettato con la consegna dell’atto all’ufficio postale (Cass., 17 maggio 2014, n. 9861; Cass., 3 marzo 2010, n. 5071).
2.1 – Deve poi darsi atto che il N. ha inizialmente rilasciato procura speciale al proprio difensore in calce sia alla copia della sentenza sia alla copia notificata del ricorso, anziché in calce al controricorso medesimo: detta procura (poi rilasciata regolarmente con atto autenticato dal notaio De Santis di Lucca in data 7 maggio 2015) non è idonea per la valida proposizione di quest’ultimo, né per la formulazione di memorie, in quanto non dimostra l’avvenuto conferimento del mandato anteriormente o contemporaneamente alla notificazione dell’atto di resistenza, ma è idonea ai soli fini della costituzione in giudizio del controricorrente e della partecipazione del difensore alla discussione orale, non potendo a tali fini configurarsi incertezza circa l’anteriorità del conferimento del mandato stesso (Cass., 24 aprile 2015, n. 8443; Cass., Sez. un., 13 giugno 2014, n. 13431).
3 – Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 8 l. n. 121 del 1985; dell’art. 123 cod. civ. e dell’art. 29 Cost., si sostiene che la corte territoriale avrebbe erroneamente omesso di valorizzare la convivenza – nella specie protrattasi per oltre sedici anni – come causa ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica.
3.2 – Con la seconda censura si deduce che la corte territoriale avrebbe omesso di esaminare – in violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché omettendo la motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio – la questione della contraddittorietà delle argomentazioni della sentenza ecclesiastica circa la conoscibilità della riserva mentale del N. in merito all’indissolubilità del vincolo.
4- Il primo motivo è fondato.
4.1 – Il contrasto relativo all’esistenza di un limite di ordine pubblico alla declaratoria di efficacia delle sentenze emesse dai tribunali ecclesiastici in merito alla nullità, secondo l’ordinamento canonico, dei matrimoni celebrati con il rito c.d. concordatario, limite costituito dalla necessità di tutela del c.d. “matrimonio-rapporto”, connotato da una congrua convivenza matrimoniale, è stato risolto dalle Sezioni unite di questa Corte con le decisioni nn. 16379 e 16380 del 17 luglio 2014, con le quali si è in primo luogo osservato che il “matrimonio-rapporto”, al quale va ricondotta la situazione giuridica “convivenza fra i coniugi” o “come coniugi”, trova un solido fondamento “nella Costituzione, nelle Carte Europee dei diritti e nella legislazione italiana”, in maniera tale da costituire la rappresentazione “di molteplici aspetti e dimensioni dello svolgimento della vita matrimoniale, che si traducono, sul piano rilevante per il diritto, in diritti, doveri, responsabilità..”.
In tale quadro la convivenza fra i coniugi costituisce elemento essenziale, che lo connota “in maniera determinante”; anche alla luce di significativi interventi della Corte costituzionale, della Corte EDU e della Corte di giustizia UE, il complesso dei diritti, dei doveri, delle aspettative correlati, in maniera autonoma, al rapporto matrimoniale rappresentano una situazione giuridica che, “in quanto regolata da disposizioni costituzionali, convenzionali ed ordinarie, è perciò tutelata da norme di ordine pubblico italiano, secondo il disposto di cui all’art. 797 cod. proc. civ., comma 1, n. 7”.
4.2 – Le Sezioni unite hanno altresì specificato i caratteri che deve assumere, per i fini che qui interessano, la convivenza coniugale, sotto il profilo della riconoscibilità dall’esterno – attraverso fatti e comportamenti che vi corrispondano in modo non equivoco -, nonché della stabilità – individuando, sulla base di specifici riferimenti normativi (artt. 6, commi 1 e 4 della l. n. 184 del 1983) una durata minima di tre anni.
4.3 – È stato poi rilevato che il suddetto limite di ordine pubblico opera in presenza di qualsiasi vizio genetico posto a fondamento della decisione ecclesiastica di nullità e che la convivenza triennale “come coniugi”, quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all’esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima, è oggetto di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, né opponibile dal coniuge, per la prima volta, nel giudizio di legittimità.
4.4 – Si è quindi ulteriormente precisato, distinguendo opportunamente le ipotesi, che detto limite non può operare in presenza di domanda di delibazione presentata congiuntamente dalla parti e che, nel caso di domanda proposta da uno solo dei coniugi, “l’altro – che intenda opporsi alla domanda, eccependo il limite d’ordine pubblico costituito dalla “convivenza coniugale”.. – ha l’onere, a pena di decadenza, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., commi 1 e 2, (si veda l’art. 343 cod. proc. civ., comma 1):
1) di sollevare tale eccezione nella comparsa di risposta;
2) di allegare i fatti specifici e gli specifici comportamenti dei coniugi, successivi alla celebrazione del matrimonio, sui quali l’eccezione medesima si fonda, anche mediante la puntuale indicazione di atti del processo canonico e di pertinenti elementi che già emergano dalla sentenza delibanda;
3) di dedurre i mezzi di prova, anche presuntiva, idonei a dimostrare la sussistenza di detta “convivenza coniugale”, restando ovviamente salvi i diritti di prova della controparte ed i poteri di controllo del giudice della delibazione quanto alla rilevanza ed alla ammissibilità dei mezzi di prova”.
5- Il profilo giuridico che sorregge la censura in esame non rispecchia i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte con le decisioni testé richiamate, condivisi dal Collegio.
Benvero il rilievo inerente alla convivenza fra i coniugi, non risulta validamente eccepito nel corso del giudizio svoltosi davanti alla Corte di appello di Firenze.
5.1 – Dall’esame degli atti, consentito dalla natura procedurale, in parte qua, della questione, emerge che l’unico accenno alla convivenza coniugale è stato effettuato dalla F. (pag. 8 della comparsa di costituzione e risposta) al fine di dimostrare l’insussistenza della riserva mentale del N. (“Oltre tutto tale ipotetico vizio della volontà del dott. N. è stato ulteriormente smentito dalla circostanza che il vincolo matrimoniale è stato pienamente e consapevolmente condiviso dalle parti per sedici anni, nel corso dei quali sono nati due figli”).
5.2 – Giova ribadire che la nozione di “eccezione in senso stretto”, alla quale le Sezioni unite, nelle citate decisioni del luglio del 2014 hanno fatto riferimento (riferimento ampiamente giustificato dalle condivisibili ragioni ivi richiamate, prima fra tutte quella fondata sulla “complessità fattuale” delle circostanze sulle quali l’eccezione stessa si fonda, nonché, in generale, sui limiti intrinseci al giudizio di delibazione), come elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte, si riferisce a quelle eccezioni rilevabili soltanto ad istanza di parte, che si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte, da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale (Cass., 5 agosto 2013, n. 18602; Cass., Sez. un., 27 luglio 2005, n. 15661).
Ne consegue che il mero riferimento, nell’ambito di un’argomentazione difensiva svolta ad altri fini, alla durata della convivenza coniugale, non può di certo ricondursi in una chiara intenzione di sollevare la specifica eccezione in esame, del resto non proponibile per la prima volta in sede di legittimità.
6 – La seconda censura è in parte inammissibile, ed in parte infondata.
Sotto il primo profilo deve rilevarsi come, senza rispettare il principio di autosufficienza del ricorso, la ricorrente si dolga dell’omesso esame di una propria eccezione senza richiamare i termini e le modalità della sua proposizione.
Deve poi osservarsi che l’essenza del rilievo impinge contro il divieto di riesame del merito della sentenza ecclesiastica, sancito dal punto 4, lett. b) del Protocollo Addizionale all’Accordo di modifica del Concordato Lateranense, sottoscritto in Roma il 18 febbraio 1984 e ratificato con L. 25 marzo 1985, n. 121, precipuamente inteso a garantire l’autonomia del giudice ecclesiastico (Cass., 6 novembre 2013, n. 24967).
7 – Tenuto conto del contrasto giurisprudenziale relativo alla questione controversa, risolto solo con l’intervento, successivo alla proposizione del ricorso, delle Sezioni unite do questa Corte, ricorrono giustificati motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso Compensa interamente le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
Da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.