Il rifiuto di sottoporsi a test “alcolemico” è reato (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 luglio 2017, n. 34383).

…, omissis …

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, ha rideterminato la pena inflitta a E.M. per i reati di cui agli artt. 186 bis co. 6 e 187 co. 8 C.d.S., escludendo l’aggravante di cui all’art. 187 co. 1 bis C.d.S. e confermando nel resto.

In particolare, si è contestato all’imputato, soggetto neo-patentato, di essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento del proprio stato di alterazione psicofisica, per la verifica di assunzione di alcol e di droghe.

2. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo di difensore, formulando due motivi.

Con il primo, ha dedotto la nullità ed inutilizzabilità dei verbali di contestazione redatti dalla polizia locale e del modulo redatto dal medico dell’ospedale, in relazione all’omesso avviso ex art. 114 disp. att., cod. proc. pen..

Con il secondo, ha dedotto vizio di mancanza della motivazione in ordine al diniego della conversione della pena in lavoro di pubblica utilità.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va rigettato.

2. La Corte di merito ha respinto il gravame, con il quale la parte aveva eccepito la nullità ed inutilizzabilità dei verbali redatti dall’organo accertatore per omesso avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, rilevando che l’imputato si era rifiutato di sottoporsi proprio all’accertamento in relazione al quale avrebbe potuto esercitare la facoltà di farsi assistere da un difensore e relegando al rango di manifesta congettura la tesi difensiva secondo cui, ove l’E. fosse stato avvisato di tale facoltà, reperito in tempo un difensore, non avrebbe ricusato l’accertamento su consiglio di costui.

Quel giudice ha poi ritenuto di non poter accogliere l’istanza di conversione della pena con il lavoro di pubblica utilità, alla luce dei gravi precedenti (commessi nel 2014) per estorsione e in materia di stupefacenti.

3. Il primo motivo è infondato, sebbene debba rettificarsi, nei termini che seguono, l’errore di diritto in cui è incorso il giudice territoriale.

La doglianza introduce il tema dell’obbligatorietà dell’avviso di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., prima di procedere agli accertamenti urgenti mediante etilometro (o, per il caso di sostanze stupefacenti, secondo le modalità descritte nell’art. 187 co. 2 bis C.d.S.).

Questa Corte non ignora quanto già affermato, in ipotesi di accertamento strumentale mediante etilometro, a proposito dell’insussistenza di un obbligo di avviso al conducente della facoltà dí assistenza difensiva, nel caso di rifiuto del medesimo di sottoporsi a tale accertamento (cfr. sez. 4 n. 34470 del 13/05/2016, Rv. 267877; n. 43845 del 26/09/2014, Rv. 260603), ma rileva come, più di recente, tali principi siano stati oggetto di una rivisitazione, con specifico riferimento all’ambito di operatività del sistema di garanzie che discende dal disposto di cui all’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. (ove è stabilito che “Nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”), anche alla luce dell’insegnamento rinvenibile nella sentenza delle Sezioni Unite n. 5396 del 29/01/2015, Bianchi, Rv. 263025.

Con tale arresto, in particolare, si è precisato che l’avvertimento ex art. 114 cit. deve essere dato solo quando l’organo di polizia, sulla base delle specifiche circostanze del fatto, ritenga di desumere un possibile stato di alterazione del conducente, indicativo dello stato di ebbrezza; e, segnatamente, “prima di procedere” all’accertamento mediante etilometro.

Tali indicazioni di ordine sistematico, rispetto all’ambito di operatività dell’avvertimento del diritto all’assistenza difensiva, appaiono rilevanti ai presenti fini, poiché – dopo aver rilevato che gli avvisi in questione non devono essere dati al conducente all’atto del compimento di accertamenti preliminari e meramente esplorativi.

Il Supremo Collegio ha però chiarito che “prima” di procedere all’accertamento mediante etilometro, al conducente deve essere dato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Sulla scorta di tali principi, quindi, si è di recente affermato, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 186 co. 7 C.d.S. (cfr. in motivazione sez. 4 n. 9236 del 2016 non massimata), che il sistema delle garanzie, delineato dal combinato disposto degli artt. 114 disp. att. cod. proc. pen. e 354 cod. proc. pen., scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all’accertamento, per via strumentale – che ha natura indifferibile ed urgente – del tasso alcolemico, invitando il conducente a sottoporsi alle due prove spirometriche, secondo le modalità indicate dall’art. 379, reg. es. cod. strada.

Tale sistema introduce, in sostanza, una verifica tecnica che prende avvio con la richiesta di sottoporsi al test strumentale e, in tale scansione, l’avvertimento del diritto all’assistenza del difensore costituisce presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall’esito della stessa e dalle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato.

In conclusione, deve essere ribadito, anche in questa sede, il seguente principio di diritto: “l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore, ex art. 114 disp. att. cod. proc. pen., deve essere rivolto dagli organi di Polizia stradale al conducente del veicolo, nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia, con la richiesta di sottoporsi al relativo test; tale avvertimento deve essere dato anche in caso di rifiuto alla effettuazione dell’accertamento da parte dell’interessato”, da ritenersi valido anche per il caso di accertamento riguardante il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, stante l’identità della ratio delle due distinte previsioni e l’applicabilità del disposto di cui all’art. 114 disp. att. cit. ad entrambe.

Pur emendata, nei termini che precedono, l’affermazione contenuta nelle sentenze di merito, secondo cui, in caso di rifiuto non sussisterebbe l’obbligo di dare al conducente l’avviso ex art. 114 disp. att. cit., l’insieme delle circostanze fattuali, rinvenibili sia nella sentenza d’appello, che in quella appellata che con la prima si salda nel conforme giudizio di penale responsabilità (accesso consentito in questa sede, stante la natura processuale della formulata doglianza), evidenzia che l’imputato si era allontanato dal nosocomio rifiutandosi di firmare, così rendendo impossibile procedere all’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p..

In altri termini, il comportamento dell’imputato, ponendosi a monte dell’avvio della procedura di cui l’avviso in esame costituisce necessario segmento, ha reso in concreto impossibile procedere nei termini di legge, dovendosi condividere il giudizio formulato dalla Corte territoriale a proposito della evenienza che l’E. , ove reperito in tempo reale un difensore, avrebbe anche potuto non ricusare l’accertamento al quale si è opposto, trattandosi di mera congettura smentita dall’immediato allontanamento dell’imputato dal nosocomio senza neppure sottoscrivere il verbale di accertamento e il modulo per l’acquisizione del consenso informato.

4. Il secondo motivo è parimenti infondato.

La parte ricorrente si è limitata ad affermare che la motivazione rassegnata dal giudice d’appello per giustificare la mancata conversione della pena sarebbe assente perché il richiamo ai precedenti penali dell’imputato non assolverebbe all’obbligo motivazionale.

Trattasi di ragionamento che non svolge alcuna effettiva critica alle ragioni che hanno giustificato il rigetto della relativa istanza, che, in quanto frutto di un percorso argomentativo congruo, logico e non contraddittorio, si sottraggono allo scrutinio di legittimità.

5. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M. 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.