La CEDU detta le linee guida sull’imparzialità delle Corti e delle giurie.

(Corte Europea Diritto dell’Uomo, SEZ. I, sentenza 29 settembre 2016, n. RIC.57645/14)

IMPARZIALITÀ DEL GIUDICE E DELLA GIURIA- PEDOFILIA- DISCRIMINAZIONE RAZZIALE E/O RELIGIOSA- PROCESSO MEDIATICO.

…, omissis …

Fu condannato a 19 anni di prigione per aver abusato sessualmente di minori con altre 10 persone.

Il processo ebbe vasta eco mediatico anche per l’interessamento di due partiti politici: dettero una dimensione razziale al processo evidenziando possibili discriminazioni dato che gli accusati, al contrario delle vittime, erano tutti di origine asiatica e musulmani.

I giurati che avevano dimostrato simpatie per questi partiti furono esclusi, ma nonostante ciò un europarlamentare anticipò il verdetto su Twitter e FB ed altre indiscrezioni furono pubblicate sulla pagina web di un gruppo di estrema destra.

Appellò la condanna, ma non emersero elementi che inficiassero il corretto comportamento della giuria e l’imparzialità sia della giuria che della Corte: nulla provava che un giurato avesse violato il segreto istruttorio, semmai la giuria poteva essere stata accidentalmente intercettata da chi era fuori dall’aula in cui era riunita.

La CEDU ha dichiarato manifestatamene infondate le doglianze del ricorrente: il suo processo è stato equo perché non c’è nulla che provi la parzialità del giudice e che la fuga di notizie sia addebitabile a qualche giurato.

La CEDU ha così confermato le conclusioni della CDA e della Commissione di revisione dei casi penali, incaricata da quest’ultima Corte d’indagare sull’accaduto (detta fuga di notizie).

Gli obblighi d’imparzialità, autonomia ed indipendenza gravano tanto sui giudici che sui membri della giuria.

La definizione d’imparzialità, nei suoi due aspetti di soggettiva ed oggettiva, è fornita dalla GC nel caso Morice c. Francia (nella rassegna del 24/4/15), in cui si nota come non ci sia un confine preciso tra l’imparzialità soggettiva e quella oggettiva: il giudice e la Corte si presumono imparziali sino a prova contraria e si dovrà determinare se, a prescindere dalla condotta del giudice, ci sono «fatti accertabili che fanno insorgere dubbi sull’imparzialità della Corte».

Nel nostro caso la CEDU ribadisce come siano state rispettate le garanzie processuali. Più precisamente il processo aveva beneficiato di sei garanzie tali da fugare dubbi sull’imparzialità della giuria: il giudice ha lavorato serenamente; come detto aveva escluso dalla giuria chi apparteneva ai partiti a sfavore degli imputati; le sue indicazioni erano molto chiare e sono state riprese dalla giuria come dimostra la sequenza delle note e dei verdetti di quest’ultima; le sentenze di assoluzione erano state emesse prima che si pronunciasse la giuria ed i verdetti erano in linea e coerenti con le prove prodotte ed acquisite in giudizio.

La procedura stessa escludeva rischi di parzialità offrendo altre sei garanzie: l’imparzialità oggettiva della giuria era desunta dal giuramento prestato, dall’isolamento in cui i giurati avevano deliberato ed erano restati per evitare rischi di essere influenzati nel valutare le prove da giudizi esterni, soprattutto quelli dei media e dei social Networks; il giudice era stato in grado di accertare eventuali <> e di rispondere dopo i primi tweets, aveva saputo dirigere ed avvalersi della Commissione di revisione che, a sua volta, aveva saputo attingere alle risorse della polizia per assemblare le prove necessarie per assistere sia il ricorrente che la CDA.

Il controllo esercitato nel decidere il caso, dirigere la Commissione ed ordinare nuove indagini eventualmente necessarie alla luce dei risultati della sua inchiesta; aveva respinto le doglianze del ricorrente quando, applicando la prassi interna sull’acquisizione delle prove, erano risultate infondate (Mustafa- Abu Hamza- c. Regno Unito del 18/1/11).