L’accesso al Bancomat è servizio al pubblico degli utenti. Barriere architettoniche vanno eliminate.

(Corte di Cassazione civile, Sez. III, sentenza 23 settembre 2016, n. 18762)

L’accesso al “bancomat” non è assimilabile ad un accesso ad un luogo o ad uno spazio di un edificio o di un’unità immobiliare, connotandosi piuttosto quale accesso ad un’attrezzatura, facente parte di un edificio privato, ma destinata a fornire un servizio al pubblico degli utenti (non solo dei correntisti della banca).

Quindi, non si tratta (solo) di garantire la possibilità di raggiungere l’apparecchio, ma di assicurare l’utilizzabilità del “bancomat”, cioè l’accesso al corrispondente servizio bancario.

L’ampia definizione legislativa e regolamentare di barriere architettoniche e di accessibilità rende la normativa sull’obbligo dell’eliminazione delle prime, e sul diritto alla seconda per le persone con disabilità, immediatamente precettiva ed idonea a far ritenere prive di qualsivoglia legittima giustificazione la discriminazione o la situazione di svantaggio in cui si vengano a trovare queste ultime.

E’ perciò loro consentito il ricorso alla tutela antidiscriminatoria, quando l’accessibilità sia impedita o limitata, a prescindere, come si dirà, dall’esistenza di una norma regolamentare apposita che attribuisca la qualificazione di barriera architettonica ad un determinato stato dei luoghi.