Regala soldi a una bambina per fare sesso: non è induzione alla prostituzione.

(Corte di Cassazione penale, sez. III, sentenza 7 gennaio 2015, n. 55)

Nuova sentenza della Corte di Cassazione che si pone in linea di continuità con quanto di recente sostenuto dalle Sezioni Unite (SS.UU., sent. 19 dicembre 2013 – 14 aprile 2014, n. 16207), con riferimento alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 600-bis c.p.: il mero compimento di atti sessuali a pagamento con il minore di età inferiore ad anni quattordici non può rientrare nella fattispecie di cui all’art. 600-bis c.p., ma è, invece, riconducibile alla ipotesi di reato di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609 – quater, n. 1) c.p.

Lo ha statuito la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza qui commentata, ha affermato che la condotta avente ad oggetto la consegna di una somma di denaro a una bambina di 11 anni al fine di consumare con lei rapporti sessuali (poi effettivamente non consumati per l’intervento di un addetto alla vigilanza) non è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 600 bis c.p., ma va sussunta nell’ipotesi di reato di atti sessuali con minorenne di cui agli artt. 56 e 609 quater, n. 1), c.p., atteso che, avendo la persona offesa al momento del fatto un’età inferiore ai quattordici anni, non può trovare applicazione la fattispecie, sanzionata meno gravemente, di cui all’art. 600 bis, secondo comma, perché quest’ultima si riferisce al compimento di atti sessuali dietro corrispettivo con un minore dì età compresa tra i 14 e i 18 anni.

Appare necessario, al fine di comprendere al meglio le ragioni poste a fondamento di tale decisione, ripercorrere i punti salienti, di fatto e di diritto, che hanno interessato la vicenda in esame.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Bologna, con la quale l’imputato era stato condannato, all’esito di giudizio abbreviato, per il reato di cui all’art. 600 bis, primo comma, c.p., con l’aggravante di cui all’art. 600 sexies, primo comma, per aver indotto la prostituzione una bambina di 11 anni, consegnandole una somma di 5,00 o 10,00 euro al fine di consumare con lei un rapporto sessuale nella parte posteriore di un furgone, non riuscendo nell’intento, dopo essersi abbassato i pantaloni e avere assunto una posizione idonea ad effettuare toccamenti e ad essere toccato a sua volta, per l’intervento degli addetti alla vigilanza del vicino centro commerciale.

Nell’imputazione si faceva riferimento, al capo A), al reato di induzione alla prostituzione cui all’art. 600 bis, primo comma, cod. pen. e, al capo B), al reato di violenza sessuale di cui agli artt. 56, 609 bis, secondo comma, n. 1), cod. pen.

Il Gip aveva riqualificato il fatto di cui al capo B) ai sensi degli artt. 56 e 609 quater cod. pen. e aveva ritenuto assorbito tale reato in quello sub A), applicando, in relazione a quest’ultimo, l’aggravante di cui all’art. 600 sexies, primo comma, c.p.

Avverso la sentenza, la difesa del ricorrente proponeva, dunque, ricorso per Cassazione, deducendo con un primo motivo di doglianza “la manifesta illogicitàdella motivazione quanto al reato di prostituzione minorile”, nonché “l’erronea applicazione dell’art. 600 bis, primo comma, cod. pen., anche con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo”.

Evidenziava, inoltre, “la nullità della sentenza per violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. in relazione all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 600 sexies cod. pen.” ed infine “l’erronea applicazione dell’art. 600 bis, primo comma, cod. pen. in relazione alla sussistenza della forma tentata del delitto”.

Investita della questione, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, pur non ritenendo fondato il ricorso, ha annullato senza rinvio la impugnata sentenza con riferimento al reato di induzione alla prostituzione minorile di cui al capo A) dell’imputazione, perché il fatto non sussiste.

In particolare, nella motivazione della sentenza, la Suprema Corte, dopo aver sottolineato che “la condotta contestata all’imputato – di avere consegnato a una bambina di 11 anni la somma di 5,00 o 10,00 euro al fine di consumare con lei rapporti sessuali all’interno di un furgone, poi effettivamente non consumati per l’intervento di un addetto alla vigilanza del vicino centro commerciale – non è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 600 bis, primo comma, cod.pen., né nella formulazione vigente all’epoca del fatto (24 febbraio 2010) né in quella attuale, introdotta dalla legge n. 172 del 2012“, ha richiamato la recentissima sentenza delle Sezioni Unite n. 16207/2014 la quale, superando un precedente contrasto interpretativo, ha statuito che“la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non al comma primo dell’art. 600-bis del codice penale“.

Secondo le Sezioni Unite, infatti, la nozione penalmente rilevante di “induzione alla prostituzione” abbraccia soltanto le ipotesi in cui il soggetto passivo è indotto a prostituirsi nei confronti di “terzi”, e non già quando l’attività persuasiva è rivolta a compiere atti sessuali con lo stesso adulto “induttore”.

Pertanto, aderendo a tale impostazione, la III Sezione della Corte di Cassazione afferma che “l’induzione, per essere tale, deve essere diretta a fare sì che il minore abbia rapporti sessuali con un soggetto diverso dall’induttore, perché altrimenti si risolve nel compimento di rapporti sessuali con minorenne in cambio di denaro o altra utilità economica.

Orbene, nel caso di specie, la Suprema Corte osserva come l’offerta di una piccola somma di denaro da parte dell’imputato alla minore di anni undici per convincerla a compiere con lui atti sessuali poi non effettivamente compiuti, deve essere ricondotta nell’ipotesi di reato di atti sessuali con minorenne di cui agli artt. 56 e 609 quater, n. 1), cod. pen., in quanto la persona offesa aveva al momento del fatto un’età inferiore ai quattordici anni, “con la conseguenza che non può trovare applicazione la fattispecie, sanzionata meno gravemente, di cui all’art. 600 bis, secondo comma, perché quest’ultima si riferisce al compimento di atti sessuali dietro corrispettivo con un minore dì età compresa tra i 14 e i 18 anni”.

La sentenza in commento, quindi, lo si ribadisce, si pone in linea di continuità rispetto a quanto statuito di recente nella sopracitata sentenza dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno dato una risposta ai due orientamenti contrapposti in ordine alla nozione di“induzione alla prostituzione”, maturati sul terreno di fattispecie penali diverse, specificando che il c.d. “fatto del cliente”, e cioè il mero compimento di atti sessuali a pagamento con il minore, può rientrare esclusivamente nella fattispecie meno grave di cui al comma secondo del delitto di cui all’art. 600-bis c.p., e non integra un’ipotesi di“induzione” descritta al comma 1 della medesima norma penale.

In altri termini, le S.S.U.U. hanno evidenziato che “la condotta di induzione alla prostituzione minorile (…), per essere penalmente rilevante, deve essere sganciata dall’occasione nella quale l’agente è parte del rapporto sessuale e oggettivamente rivolta ad operare sulla prostituzione esercitata nei confronti di terzi.

L’induzione del minore alla prostituzione prescinde dall’effettuazione diretta dell’atto sessuale con l’induttore e può riguardare soltanto chi determina, persuade o convince il soggetto passivo a concedere il proprio corpo per pratiche sessuali da tenere non esclusivamente con il persuasore con terzi, che possono consistere anche in una sola persona, a condizione però che questa non si identifichi nell’induttore”.

Per cui, facendo propri i principi di diritto sottesi alla pronuncia delle Sezioni Unitein subiecta materia, la III Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha annullato senza rinvio la impugnata sentenza limitatamente al reato di induzione alla prostituzione minorile ex art. 600 bis, primo comma, c.p. di cui al capo A) dell’editto imputativo, perché il fatto non sussiste, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna per la determinazione della pena quanto al residuo capo B), rigettando nel resto il ricorso.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 7 ottobre 2014 – 7 gennaio 2015, n. 55

Ritenuto in fatto

 

1. – Consentenza del 16 ottobre 2012, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Bologna del 29 ottobre 2010, con la quale l’imputato era stato condannato, all’esito di giudizio abbreviato, per il reato di cui all’art. 600 bis, primo comma, cod. pen., con l’aggravante di cui all’art. 600 sexies, primo comma, per aver indotto la prostituzione una bambina di 11 anni, consegnandole una somma di 5,00 o 10,00 euro al fine di consumare con lei un rapporto sessuale nella parte posteriore di un furgone, non riuscendo nell’intento, dopo essersi abbassato i pantaloni e avere assunto una posizione idonea ad effettuare toccamenti e ad essere toccato a sua volta, per l’intervento degli addetti alla vigilanza del vicino centro commerciale.

Nell’imputazione si faceva riferimento, al capo A), al reato di induzione alla prostituzione cui all’art. 600 bis, primo comma, cod. pen. e, al capo B), al reato di violenza sessuale di cui agli artt. 56, 609 bis, secondo comma, n. 1), cod. pen. Il Gip ha riqualificato il fatto di cui al capo B) ai sensi degli artt. 56 e 609 quater cod. pen. e ha ritenuto assorbito tale reato in quello sub A), applicando, in relazione a quest’ultimo, l’aggravante di cui all’art. 600 sexies, primo comma, cod. pen.

2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.

2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si deduce la manifesta illogicità della motivazione quanto al reato di prostituzione minorile, perché la Corte distrettuale avrebbe attribuito piena efficacia probatoria alle dichiarazioni dei testi senza prendere in considerazione le contraddizioni evidenziate nell’atto di appello, e avrebbe negato efficacia probatoria sia alle dichiarazioni dell’imputato relativamente all’avvenuta consegna di 5,00 euro alla bambina per un gesto di mera liberalità sia alle conclusioni del consulente tecnico di parte.

Secondo quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, la bambina sarebbe entrata nel furgone di sua spontanea volontà e ciò escluderebbe l’elemento soggettivo del reato di induzione alla prostituzione. Si sarebbe trascurato il fatto che il furgone era parcheggiato in un luogo non nascosto e che la consegna del denaro era del tutto sganciata dagli atti sessuali.

Non si sarebbe considerato, inoltre, che la bambina aveva negato di essersi abbassata i pantaloni e di averli visti abbassare all’uomo e che vi fosse stato contatto fisico fra loro. Le dichiarazioni degli addetti alla sicurezza circa l’esistenza di vetri oscurati e circa lo stato dell’imputato e della bambina all’uscita dal furgone sarebbero state travisate e sarebbero, comunque, contraddittorie. Inoltre, le portiere posteriori sarebbero rimaste aperte, consentendo l’accesso dall’esterno a chiunque.

2.2. – In secondo luogo, si deduce l’erronea applicazione dell’art. 600 bis, primo comma, cod. pen., anche con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo. Non sarebbe provata in atti la connessione fra la consegna della piccola somma alla bambina e gli atti sessuali. Non si sarebbe considerato, inoltre, che da quanto affermato dal consulente tecnico di parte, era emerso che l’imputato era stato frainteso nei suoi intenti, perché non aveva voluto ledere la bambina, la quale voleva solo parlare con lui dei suoi problemi familiari.

2.3. – Con un terzo motivo di doglianza, si eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. in relazione all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 600 sexies cod. pen., trattandosi di un fatto nuovo non incluso nell’imputazione ed essendo stata detta aggravante abrogata dalla legge n. 172 del 2012.

2.4. – Con una quarta censura, proposta in via subordinata, si deduce l’erronea applicazione dell’art. 600 bis, primo comma, cod. pen. in relazione alla sussistenza della forma tentata del delitto, perché l’iter criminoso avrebbe dovuto essere considerato frazionato e la consumazione del reato avrebbe dovuto essere ritenuta esclusa, per la mancata consumazione dei rapporto sessuale.

Considerato in diritto

3. – Il ricorso non è fondato. Nondimeno, la sentenza deve essere annullata senza rinvio con riferimento al reato di induzione alla prostituzione minorile, di cui al capo A) dell’imputazione, perché il fatto non sussiste.

La condotta contestata all’imputato – di avere consegnato a una bambina di 11 anni la somma di 5,00 o 10,00 euro al fine di consumare con lei rapporti sessuali all’interno di un furgone, poi effettivamente non consumati per l’intervento di un addetto alla vigilanza del vicino centro commerciale – non è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 600 bis, primo comma, cod. pen., né nella formulazione vigente all’epoca del fatto (24 febbraio 2010) né in quella attuale, introdotta dalla legge n. 172 del 2012.

Entrambe tali formulazioni fanno, infatti, letterale riferimento all’induzione alla prostituzione, fattispecie che, alla luce di quanto chiarito dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 19 dicembre 2013, n. 16207, rv. 258757, non è configurabile nel caso di specie.

Con tale pronuncia si è superato un precedente contrasto interpretativo, affermando che la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non di quella di cui al comma primo dell’art. 600 bis cod. pen.

E la diversa condotta di induzione alla prostituzione minorile, di cui al comma primo dello stesso articolo, può riguardare anche l’attività di mercimonio esercitata nei confronti di un solo soggetto, purché terzo rispetto all’induttore.

In altri termini, si è evidenziato che l’induzione, per essere tale, deve essere diretta a fare sì che il minore abbia rapporti sessuali con un soggetto diverso dall’induttore, perché altrimenti si risolve nel compimento di rapporti sessuali con minorenne in cambio di denaro o altra utilità economica.

Stando al capo di imputazione fatto proprio dai giudici di merito, in cui si fa riferimento all’offerta di una piccola somma di denaro da parte dell’imputato alla minore per convincerla a compiere con lui atti sessuali poi non effettivamente compiuti, deve, in conclusione, rilevarsi che la stessa va sussunta nell’ipotesi di reato di atti sessuali con minorenne di cui agli artt. 56 e 609 quater, n. 1), cod. pen.

La persona offesa aveva, infatti, al momento del fatto un’età inferiore ai quattordici anni, con la conseguenza che non può trovare applicazione la fattispecie, sanzionata meno gravemente, di cui all’art. 600 bis, secondo comma, perché quest’ultima si riferisce al compimento di atti sessuali dietro corrispettivo con un minore dì età compresa tra i 14 e i 18 anni.

4. – Venendo all’esame dei primo motivo motivi di ricorso, deve rilevarsi che lo stesso si riferisce a profili di fatto, già compiutamente esaminati dai giudici di primo e secondo grado, e non contiene puntuali critiche ai passaggi motivazionali essenziali.

Del resto, il Gip e la Corte d’appello sono pervenuti all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato per il reato di cui al capo B), riqualificato ai sensi degli artt. 56 e 609 quater, n. 1) cod. pen., sulla base di risultanze istruttorie correttamente ritenute decisive, univoche e concordanti.

L’imputato è stato infatti colto nella flagranza del tentativo di atti sessuali con la minorenne da due addetti alla sorveglianza le cui versioni dei fatti sono state ritenute, non solo dettagliate e ampiamente concordanti, ma anche pienamente riscontrate dalle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza.

È emerso, in sintesi, che l’imputato si era calato i pantaloni e si era messo riverso sulla bambina, aveva tentato di occultare la stessa alla vista dei due sorveglianti e aveva fornito a questi, nell’immediatezza del fatto, una versione sostanzialmente autoaccusatoria, basata sulla sua pretesa impossibilità di avere rapporti sessuali, in ragione di un problema di impotenza.

Del pari correttamente è stata ritenuta non verosimile la spiegazione fornita dall’imputato – e reiterata con il ricorso per cassazione – secondo cui egli aveva dato alla bambina una piccola somma di denaro e l’aveva fatta salire sul furgone per parlare con lei di problemi familiari che questa aveva. Si tratta, infatti, di una dinamica degli accadimenti che è in palese contrasto con le risultanze dell’istruttoria.

5. – Quanto agli altri motivi di ricorso, deve rilevarsi che gli stessi – anche a prescindere dalla generica formulazione di quelli sub 2.2. e 2.4. – sono comunque riferiti al reato di induzione alla prostituzione minorile, la cui sussistenza deve essere esclusa in forza di quanto già osservato sub 3.

Essi non sono, dunque, neanche in astratto idonei ad intaccare il costrutto logico-argomentativo della decisione relativamente al residuo reato di cui al capo B).

6. – In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui al capo A), perché il fatto non sussiste, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, perché determini la pena quanto al residuo capo B). Il ricorso deve essere nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A), perché il fatto non sussiste, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna per la determinazione della pena quanto al residuo capo B).

Rigetta nel resto il ricorso.