Scuola: minore cade e si fa male. Condannata l’Amministrazione scolastica (Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, ordinanza del 12 ottobre 2015, n. 20475).

… omissis …

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato per manifesta infondatezza.

Il punto centrale della motivazione della corte d’appello, più volte richiamato dal ricorrente, è il seguente: “Alla constatazione della mancata ricostruzione della causa e delle modalità dell’incidente segue necessariamente il rilievo che l’Amministrazione scolastica non ha ottemperato all’onere, posto a proprio carico, di dimostrare che il danno è stato determinato da un evento non imputabile né alla scuola né all’insegnante. E poichè è invece pacifico che la caduta è avvenuta a scuola (e durante l’orario scolastico) ne consegue, ex art. 1218 c.c. , la responsabilità dell’Amministrazione scolastica”.

La corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto già più volte fissato da questa Corte: con sentenza n. 8067 del 2007 si è affermato che “In tema di responsabilità dei soggetti obbligati alla sorveglianza di minori, nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048 c.c. , comma 2, sia che si configuri la responsabilità come di natura contrattuale, la ripartizione dell’onere della prova non muta, poichè il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c. , impone che, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile all’obbligata”.

Di recente, questa Sezione in fattispecie analoga ha avuto modo di affermare che: “Presupposto della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’allievo, nonchè fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato, sicchè chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie – suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo – affinchè, fosse salvaguardata l’incolumità dei discenti minori.

(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell’istituto scolastico con riguardo all’infortunio subito da una minore dopo l’usata di scuola, allorchè, mentre era seduta sul parapetto della scala dell’edificio scolastico, era caduta all’indietro, in seguito alla spinta di un compagno) (Cass. n. 3081 del 2015).

L’accertamento della responsabilità dell’istituto scolastico per i danni alla persona riportati da un allievo all’interno dell’istituto presuppone quindi la prova del fatto, ovvero del verificarsi del fatto dannoso, e del nesso causale tra esso e il soggetto responsabile, ovvero che l’infortunio si sia verificato all’interno dell’edificio scolastico, durante l’orario scolastico, ovvero quando il minore era sotto la responsabilità dell’istituto e degli insegnanti.

L’accertamento della precisa dinamica del fatto, ovvero del luogo esatto in cui esso si è verificato e delle modalità dell’accaduto, può consentire all’istituto di fornire la prova liberatoria (ipotizzabile qualora il danno sia derivato da un gesto inconsulto dell’alunno o di altro alunno, non prevedibile né evitabile neppure a mezzo della presenza costante e attenta di un insegnante o del personale scolastico).

Nel caso di specie, la dinamica precisa non è stata accertata (è comunque emerso dalle prove testimoniali, come riportato dalla sentenza di appello, che l’infortunio si sia verificato in classe).

Ne consegue che, essendo stati accertati i primi due presupposti, fondanti la responsabilità dell’istituto, e non avendo lo stesso fornito la prova liberatoria, correttamente il Ministero è stato condannato a risarcire il danno alla minore.

Si aggiunga che non risulta neppure, dalla lettura della sentenza impugnata, che mezzi di prova in tal senso fossero stati richiesti dal Ministero e non ammessi, o che essi fossero stati ammessi, espletati e non considerati, e neppure il Ministero fa riferimento, in ricorso, alle modalità con le quali sarebbero stati espletati nel caso concreto i suoi obblighi di sorveglianza e custodia e sul motivo per il quale l’accadimento – del cui verificarsi all’interno della struttura scolastica ed addirittura in classe durante l’orario scolastico nessuno discute – al di fuori della sfera di controllo dell’istituto e pertanto ad esso non imputabile.

La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente”.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.500,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2015