REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente –
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –
Dott. MANTOVANO Alfredo – Rel. Consigliere –
Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) MARCO nato a GENOVA il 15/02/19xx;
avverso la sentenza del 12/02/2020 del TRIBUNALE di GENOVA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALFREDO MANTOVANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. DOMENICO SECCIA, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Tribunale di GENOVA in data 12/02/2020 condannava (OMISSIS) Marco alla pena pecuniaria dell’ammenda per il reato di cui all’art. 1161 cod. nav., commesso a Genova il 14/07/2018, mentre lo assolveva dal delitto di cui all’art. 633 cod. pen. ritenendo insussistente il fatto a lui contestato.
Secondo l’imputazione (OMISSIS), quale legale rappresentante della (OMISSIS) CLUB s.r.I., società di gestione dell’omonimo stabilimento balneare, aveva invaso e abusivamente occupato 200 mq circa di suolo del demanio marittimo, a est dello stesso stabilimento, non compreso nella concessione previo riempimento della massicciata con versamento di ghiaia sui massi sottostanti, aveva collocato lettini da mare, ombrelloni e oggetti similari.
Ad avviso del Tribunale, la posizione defilata della zona controversa, la sua modesta estensione e il limitato numero di lettini ivi collocati aveva fatto concludere non già per il dolo specifico richiesto per il delitto contestato (art. 633 cod. pen.), bensì per una condotta colposa, consistita nell’aver permesso con negligenza l’occupazione dell’area, omettendo di apporre segnalazioni efficaci e omettendo altresì di impartire al personale adeguate disposizioni.
2. (OMISSIS) propone atto di appello, per il tramite del difensore, che viene trasmesso a questa S.C., ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 593 co. 3 cod. proc. pen., e deduce come motivi:
– la mancata correlazione fra accusa e sentenza, poiché egli sarebbe stato condannato per una condotta omissiva – non aver vigilato sul comportamento di clienti o dipendenti – mentre gli era stata contestata una condotta commissiva;
– la mancata prova in ordine alla collocazione abusiva di strutture come ombrelloni, lettini, ecc., al di fuori dell’area di concessione dello stabilimento, e comunque la non configurabilità nella specie della contravvenzione di cui all’art. 1161 cod. nav.;
– la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. proc. pen., rispetto alla quale è stata ritenuta ostativa la qualifica professionale e la limitatezza dell’estensione in concreto realizzata.
3. Il ricorso va accolto con riferimento al terzo motivo proposto, con conseguente annullamento senza rinvio.
È infondato il primo motivo poiché, pur essendo l’imputazione costruita sul reato di cui all’art. 633 cod. pen., essa tuttavia menziona l’avvenuta contravvenzione al disposto di cui all’art. 1161 cod. nav., ed evoca una condotta materiale di occupazione di suolo demaniale oltre il limite della concessione, di cui (OMISSIS) è stato ritenuto responsabile a titolo di omesso controllo sui dipendenti e sui clienti: sussistono pertanto la norma di diritto che si assume violata e il comportamento in concreto tenuto, se pure con colpa invece che con dolo, tanto che poi il Giudice di primo grado ha escluso il delitto ipotizzato.
Infondato è altresì il secondo motivo, perché sollecita una ricostruzione in fatto incompatibile col Giudizio di legittimità, in presenza di un accertamento della polizia giudiziaria, e quindi del consulente, da cui è emerso lo sconfinamento rispetto al titolo concessorio.
4. È invece fondato il terzo motivo, rilevandosi una evidente contraddizione fra la parte della sentenza che ridimensiona la vicenda sottolineando “la collocazione della zona contestata (in posizione defilata), la sua modesta estensione e la collocazione (…) di un numero limitato di lettini “, tanto che già induce a ravvisare la non sussistenza del reato di cui all’art. 633 cod. pen., e la parte di poco successiva, che esclude la minima offensività “in relazione alla natura del bene, e tenuto conto della qualifica professionale dell’imputato che richiedeva una particolare attenzione e diligenza (…)”: vi è un contrasto fra la valutazione in termini di “modestia” e di “limitato” di quanto accaduto e la successiva valutazione in termini di “offensivo”, tale da non giustificare l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
In presenza di così palese incoerenza argomentativa, questa S.C. ritiene di essere in grado di decidere, ai sensi dell’art. 620 co. 1 lett. I) cod. proc. pen., in ordine alla evocata “particolare tenuità del fatto”.
4.1. Costituisce consolidato e condiviso orientamento di questa S.C. (cf. Sez. 6 sentenza n. 36518 del 27/10/2020 dep. 18/12/2020 Rv. 280118 – 02 imputato Rodio) che “la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall ‘art. 131- bis cod. pen., può essere ritenuta nel giudizio di legittimità, senza rinvio del processo alla sede di merito, quando risulti dedotta nei motivi di appello e sempre che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali”, essendo superfluo il rinvio al giudice di merito (cf. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj Rv. 266589; Sez. 2, n.49446 del 03/10/2018, Zingari, Rv. 274476; Sez. 1, n. 27752 del 09/05/2017, Rv. 270271).
5. Nel caso in esame, dalla stessa sentenza impugnata si evince, senza necessità di ulteriori accertamenti di merito, la sussistenza di tutti i presupposti per l’applicazione della disposizione evocata, essendo stata già assodata la minima offensività della condotta descritta, sulla scorta proprio di quanto osservato dal Tribunale nella prima parte della propria motivazione.
6. Deve quindi disporsi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è punibile ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è punibile ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen.
Così deciso a Roma il 30/09/2021.
Depositato in Cancelleria, addì 5 novembre 2021.