Truffa militare. La qualità di “militare” deve sussistere anche in capo al soggetto passivo. fattispecie in tema di truffa alla Banca d’Italia (Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza 22 gennaio 2014 (dep. 18 febbraio 2014), n. 7579).

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 10 ottobre 2012 la Corte Militare di Appello, nell’accogliere I’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero Militare avverso la sentenza emessa dal Tribunale Militare di Verona in data 29 novembre 2011 dichiarava Corsetti Gaetano – Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri all’epoca dei fatti in servizio con funzioni di comando presso il Nucleo Carabinieri Banca d’Italia di Gorizia – responsabile del reato di truffa militare continuata e pluriaggravata ai sensi dell’art. 234 e 47 n.2 cod.pen.mil.pace e lo condannava, previo riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, alla pena – condizionalmente sospesa – di mesi cinque di reclusione militare, con sanzione accessoria della rimozione dal grado.
La vicenda oggetto del giudizio di secondo grado – meno ampia in fatto di quella decisa dal Tribunale – si incentra esclusivamente sulla indebita percezione di compensi per alcune ore di lavoro straordinario relativamente ai mesi di febbraio, giugno, luglio ed agosto 2008 (per un totale di 40 ore) da parte del Corsetti, realizzata mediante l’indicazione nel modello di rilevazione di dati non veritieri, in quanto maggiorati.
La valutazione espressa dalla Corte di Appello, in accoglimento del gravame, può essere cosi sintetizzata, ai fini qui in rilievo:
– sussiste la giurisdizione, come già affermato dal Tribunale, dell’autorità giudiziaria militare, pur in presenza di una norma (l’art. 3 della legge 26 gennaio 1982 n.21, riprodotto nell’attuale art. 830 comma 3 del D.Lgs. n. 66 del 15.3.2010) che pone espressamente a carico dell’ente Banca d’Italia assegni, competenze accessorie e indennità spettanti al personale destinato al servizio di vigilanza e scorta dei valori, e do in relazione al fatto che deve ritenersi sussistente la giurisdizione militare tutte le volte in cui siano ravvisabili specifiche fattispecie di danno o di pericolo per interessi direttamente collegabili ad organismi o enti aventi natura militare (si cita in proposito Sez. I n. 3491 del 2000);
– vie piena prova della mancata corrispondenza tra ii memoriale di servizio (da cui risultano le ore effettivamente svolte) e il modello SUP2 ove venivano contabilizzate, proprio dal Corsetti, le ore di straordinario oggetto di richiesta e tale difformità, non apparendo marginale come ritenuto in primo grado ( si tratta di 4 ore in pie.’ per il mese di febbraio, 7 ore in pia per il mese di giugno, 10 per ii mese di luglio e 20 per ii mese di agosto, fermo restando il limite massimo di 55 ore mensili liquidabili) risulta sostenuta – in via logica – dal necessario elemento psicologico doloso, rappresentando l’artifizio richiesto dalla norma incriminatrice.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con sottoscrizione personale, Corsetti Gaetano, articolando distinti motivi.

Con il primo motivo si deduce violazione della legge processuale in relazione alla mancata concessione del termine a comparire nel giudizio di appello. Vero a che l’imputato si presentò all’udienza del 10 ottobre 2012 – come risulta dal testo della decisione impugnata – ma assume che detta presentazione, in rapporto a una citazione ricevuta in data 3 ottobre, era finalizzata esclusivamente ad eccepire il mancato rispetto del termine previsto dalla legge, non prestandosi acquiescenza alla intervenuta violazione.
Con il secondo motivo si ripropone la questione relativa al difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria militare, pur indicandosi ii motivo stesso in termini di generica violazione di legge. II ricorrente ribadisce infatti che l’onere relativo al servizio prestato, ed in particolare quello relativo al servizio straordinario, risulta in forza di legge posto a carico dell’ente che usufruisce del servizio, ossia la Banca d’Italia. Trattasi di caso unico e particolare, in ragione del quale il solo soggetto danneggiato dal reato risulta essere non già l’amministrazione militare ma Io stesso ente Banca d’Italia che non agisce in forza di rapporto negoziale con l’amministrazione militare e non riporta l’onere sulla amministrazione. Da ciò l’assoluto difetto di giurisdizione militare.
Con ii terzo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Ad avviso del ricorrente la sola constatazione della non scarsa difformità tra il contenuto del memoriale di servizio e il modello SUP2 non poteva determinare la rivalutazione del percorso decisorio seguito in primo grado, residuando un ragionevole dubbio circa la effettiva ricorrenza dell’elemento psicologico del reato di truffa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. II secondo motivo di ricorso, da ritenersi assorbente in quanto relativo alla giurisdizione, a fondato, per le ragioni che seguono.
1.1 Va premesso che la giurisdizione militare rappresenta – tuttora – una eccezione al principio generale della unite della giurisdizione, giustificato costituzionalmente in rapporto alla previsione espressa di cui aIl’art. 103 comma 3 Cost. .
Nell’interpretare detta previsione, anche con ampio richiamo al contenuto dei lavori preparatori, la Corte Costituzionale nella nota decisione numero 429 del 23 ottobre 1992 (con cui è stata dichiarata la parziale illegittimità dell’art. 263 cod. pen. mil. pace in rapporto alla estensione soggettiva della norma, che va applicata esclusivamente ai militari in servizio alle armi o considerati tali dalla legge al momento del commesso reato militare) ha ulteriormente ribadito i rigorosi Imiti che devono presidiare l’approccio interpretativo alla materia, trattandosi di «una giurisdizione eccezionale».
Da do deriva l’impossibilità di adottare linee ricostruttive della specifiche fattispecie tese a far rientrare, al di là dei casi espressamente previsti, la cognizione della condotta illecita nell’orbita applicativa di una giurisdizione in tal modo concepita.
Due, pertanto, risultano essere le condizioni previste dalla legge affinché operi la deroga alla giurisdizione ordinaria:
a) Io status soggettivo di militare in servizio alle armi o considerato tale dalla legge al momento del commesso reato (ferma restando l’esistenza di contrasti interpretativi, non rilevanti nel caso qui in esame, in rapporto alle conseguenze della regola di estensione della punibilità del concorrente extraneus nel reato militare – di cui all’art. 14 cod.pen.mil. pace – ed in riferimento a quanto previsto dall’art. 13 comma 2 cod.proc.pen., su cui v. Sez. I n. 16439 del 3.3.2005, rv 231578 in terra di prevalenza della giurisdizione ordinaria su quella militare) ;
b) la corrispondenza, almeno sotto ii profilo della contestazione, tra la condotta ipotizzata ed una previsione incriminatrice contenuta nella legge penale militare.
1.2 Ora, nel caso in esame, è il secondo presupposto a risultare assente.
Se si esamina la descrizione della fattispecie incriminatrice contenuta nell’art. 234  cod.pen.mil.pace in punto di truffa è infatti del tutto evidente che per qualificare – anche in via di semplice ipotesi – la condotta come «reato militare» è necessaria non solo la qualità di militare del soggetto attivo del reato ma anche quella del soggetto passivo (in tal senso già Sez. Un. n.14 del 7.3.1953, ry 097325). La norma infatti prevede al primo comma che il danno venga arrecato ad «altro militare» ed al secondo comma (ipotesi aggravata) che il fatto sia commesso in danno «dell’amministrazione militare».
Trattandosi di reato contro il patrimonio a altrettanto pacifico che non può venire in considerazione altra tipologia di danno, se non quello correlato alla diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del reato in conseguenza della condotta ipotizzata nella norma, non potendosi allargare impropriamente l’ambito applicativo della norma considerando altra e diversa tipologia di lesione.
1.3 La particolare condizione dell’imputato, in rapporto alla specifica condotta oggetto di valutazione nel giudizio di Appello (in verità ritagliata su una fattispecie più ampia oggetto del giudizio di primo grado, con giudicato assolutorio su una ulteriore ipotesi in fatto) a normativamente regolata, in rapporto al servizio prestato dall’art. 3 della legge 26 gennaio 1982 n.21, attualmente riprodotto nell’attuale art. 830 comma 3 del D.Lgs. n. 66 del 15.3.2010.
La norma è dal tenore inequivoco: gli assegni, le competenze accessorie e le indennità comunque spettanti al personale … nonché ogni altro elemento di onere connesso al servizio di vigilanza e scorta valori, sono a carico della Banca d’Italia.
Non vi è dubbio che in riferimento a tale previsione di legge il soggetto passivo del reato, nei cui confronti sì è dispiegata la condotta e che avrebbe subito la correlata diminuzione patrimoniale è la Banca d’Italia, ente nel cui interesse viene prestato ii servizio e che è tenuto in via definitiva e in forza di lex specialis a provvedere in tema di assegni, competenze accessorie, e indennità del relativo personale. Dunque il pagamento delle ore di ‘straordinario’ – oggetto della contestata condotta illecita – rientra del tutto in detti oneri ed è sopportato non già dall’amministrazione militare ma da un ente pubblico del tutto diverso ed estraneo all’apparato militare.
Non può essere condivisa, pertanto, la linea interpretativa seguita dal Tribunale Militare e recepita dalla Corte d’Appello, ove si compie specifico riferimento ai contenuti espressi, tra l’altro, da Sez. I n. 3491 del 31.1.2000, rv 215514.
La decisione citata, infatti, riguarda a ben vedere il diverso caso degli appartenenti alla Guardia di Finanza e prende in esame l’ipotesi di truffa militare posta in essere nel corso dello svolgimento degli «ordinari compiti* attribuiti a detto Corpo.
La questione sorta – in tale procedimento – concerneva l’inquadramento gerarchico del Corpo nell’ambito del Ministero delle Finanze ed in tal caso questa Corte ha precisato che il danno patrimoniale grava in realtà anche e «direttamente* sul Corpo in questione, da ritenersi Corpo Militare.
Ciò perché il Corpo della Guardia di Finanza a soggetto che amministra il patrimonio, destinatogli mediante apposito capitolo di bilancio, con ampi poteri di gestione e di autonomia, in ragione dei propri fini istituzionali.
E dunque, essendo il Corpo in questione di certo qualificabile come «Corpo Militare* e non come una semplice «articolazione di servizio* del Ministero delle Finanze (con rapporto di esclusiva dipendenza gerarchica dal Ministro, ma non di dipendenza funzionale) a evidente che la diminuzione patrimoniale subita in conseguenza del reato radicava la qualificazione dello stesso come reato militare in applicazione dell’art. 263 cod.pen.mil. pace.
Lungi dall’affermare che il reato di truffa militare possa essere ipotizzato anche lì dove il soggetto passivo della condotta sia un ente non militare, la decisione citata risolve – dunque – in modo del tutto coerente con le premesse interpretative anche qui seguite, lo specifico caso alI’epoca analizzato.

Chiarita detta diversità, va pertanto ribadito che il caso in esame presenta effettivo carattere di specialità, trattandosi di condotta posta in essere da un militare ma destinata a trarre in inganno un ente non militare, che in forza di legge sopporta gli oneri economici del servizio prestato.

La truffa, ove sussistente, avrebbe il carattere di reato comune e non militare e pertanto la cognizione va rimessa all’autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell’art. 20 cod.proc.pen. .
L’accoglimento del motivo inerente la giurisdizione comporta la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso ii Tribunale di Gorizia.
P.Q.M.
Dichiara difetto della giurisdizione militare e, per l’effetto, annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nonché quella del Tribunale Militare di Verona emessa il 29.11.2011 e dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia.
Costi deciso ii 22 gennaio 2014
II Consigliere estensore                                  Il Presidente
    Raffaello Magi                                        Maria Cristina Siotto