Un insegnante minaccia un suo allievo con un coltello dicendogli: stai zitto o ti squarcio.

(Corte di Cassazione penale, sezione IV, sentenza 18 agosto 2016, n. 35018)

Sentenza

sul ricorso proposto da:

N.G. nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 12 maggio 2015 della CORTE APPELLO SEZ. DIST. di SASSARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA del 3 maggio 2016, la relazione svolta dal Consigliere Dott. LAPALORCIA GRAZIA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSSI Angelo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore Avv. Mulas M..

Svolgimento del processo

1. N.G. è stato ritenuto responsabile, con doppia sentenza conforme, del reato di minaccia di morte (stai zitto o di squarcio) mediante uso di un coltello a serramanico in danno di C.L., allievo della scuola media in cui l’imputato insegnava. Il fatto era avvenuto perchè il ragazzo disturbava durante l’interrogazione di una compagna di classe.

2. Tra le ricostruzioni della p.o. e quella del N., il quale aveva riferito da un lato di non aver detto ti squarcio, ma ti sguincio, dall’altro che la sua reazione di estrarre il coltello, sollecitata dall’alunno, era stata di tipo scherzoso sicchè nessuno si era spaventato e la cosa si era risolta in una risata generale, i giudici di merito privilegiavano la prima, tanto sulle parole pronunciate dall’insegnante confermate dagli altri allievi e dalla dirigente scolastica alla quale l’episodio era stato riportato, quanto sul fatto che il C. si era spaventato informando subito dell’accaduto la preside.

3. Con il ricorso l’imputato deduce con due distinti motivi violazione di legge e vizio di motivazione. Sotto il primo profilo non si sarebbe tenuto conto degli argomenti prospettati con l’atto di appello in ordine all’inoffensività della condotta (la frase pronunciata era diversa da quella ritenuta e comunque scherzosa) e in ordine al fatto che il coltello era stato mostrato non contemporaneamente, ma dopo la richiesta dell’alunno, per nulla intimorito.

4. Sotto il secondo profilo il ricorrente osserva che la sentenza è carente ed illogica laddove attribuisce credibilità assoluta alla p.o. benchè i compagni avessero prospettato una diversa ricostruzione dell’accaduto e non tiene conto degli elementi a favore dell’imputato (la risata della classe che aveva posto fine allo scambio verbale tra docente ed alunno e l’univoca percezione dell’atteggiamento non pericoloso del N.).

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile in quanto reitera questioni già prospettate e disattese dai giudici di merito senza vizi logico-giuridici.

2. Infatti la questione dell’applicazione dell’art. 612 c.p. e dell’idoneità intimidatrice della condotta dell’imputato è stata correttamente affrontata e motivatamente risolta in senso positivo dai giudici di merito traendo argomenti dalle dichiarazioni della p.o. confermate da quelle, convergenti, degli altri ragazzi presenti e riscontrate da quelle, de relato, della dirigente scolastica, secondo le quali l’insegnante, infastidito (a suo stesso dire seccat’) dal comportamento del C. durante l’interrogazione di una compagna, gli aveva detto ti squarcio e poi, quando il ragazzo gli aveva risposto se ha il coltello lo faccia, aveva estratto il coltello, lo aveva aperto ed esibito all’allievo.

3. A fronte di tale ricostruzione che, come ritenuto in sentenza senza vizi logici, dà conto di una minaccia seria che aveva spaventato il ragazzo, resta disancorato dal dato processuale l’assunto difensivo che i compagni di classe avrebbero fornito una versione diversa e che non si sarebbe tenuto conto del tono scherzoso e del clima goliardico in cui l’imputato, sollecito dal C., aveva estratto ed esibito il coltello (elementi che sembrano oggetto soltanto di dichiarazioni del N. stesso in sede di esame), risolvendosi nella prospettazione di una interpretazione alternativa del risultato della prova non consentita in questa sede.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni previste dall’art. 616 c.p.p. , con determinazione in Euro 1000, non essendo il gravame esente da profili di colpa e tenuto conto della natura delle ragioni di doglianza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2016.