Affidamento, affiliazione ed assistenza dei minori (T.A.R. Lazio Roma, Sez. III Ter, Sentenza 21 luglio 2014, n. 7795).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6292 del 2014, proposto da

M.N.R. elettivamente domiciliata in Roma, via Ippolito Nievo n. 61 presso lo studio degli avv.ti Marco Grazioli e Giuseppina Menicucci che la rappresentano e difendono nel presente giudizio

contro

– MINISTERO DEGLI ESTERI, in persona del Ministro p.t., domiciliato a Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio;

– AMBASCIATA D’ITALIA A NAIROBI, in persona dell’Ambasciatore p.t., domiciliata a Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege la rappresenta e difende nel presente giudizio;

per l’annullamento

del provvedimento prot. n. 59/14 del 28 marzo 2014 con cui l’Ambasciata d’Italia a Nairobi ha respinto la richiesta di visto per turismo presentata dalla ricorrente in favore della minore A.M.D.;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e dell’Ambasciata Generale d’Italia a Nairobi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 19/04/14 e depositato il 09/05/14 M.N.R. ha impugnato il provvedimento prot. n. 59/14 del 28 marzo 2014 con cui l’Ambasciata d’Italia a Nairobi ha respinto la richiesta di visto per turismo presentata dalla ricorrente in favore della minore A.M.D..

Il Ministero degli Esteri e l’Ambasciata d’Italia a Nairobi, costituitisi in giudizio con comparsa depositata il 21 maggio 2014, hanno chiesto il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 26 giugno 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

M.N.R. impugna il provvedimento prot. n. 59/14 del 28 marzo 2014 con cui l’Ambasciata d’Italia a Nairobi ha respinto la richiesta di visto per turismo presentata dalla predetta in favore della minore A.M.D..

Dall’esame del provvedimento impugnato emerge che il visto è stato respinto perché la sentenza di affidamento della minore in favore della ricorrente, emessa dalla Corte distrettuale di Karan presso Mogadiscio, non sarebbe conforme ai principi di ordine pubblico in materia di affidamento minorile in quanto non specificherebbe la durata dell’affidamento ed i doveri dell’affidatario.

Con la seconda censura la ricorrente prospetta l’illegittimità del provvedimento impugnato in relazione ai vizi di violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento dei fatti in quanto la minore sarebbe stata correttamente affidata all’esponente attraverso l’istituto della “kafalah” che è previsto dal diritto islamico a tutela del minore e non sarebbe in contrasto con l’ordine pubblico italiano.

Il motivo è fondato.

Dall’esame degli atti di causa emerge che la Corte del distretto di Karan in Somalia il 12/11/13 ha emesso una sentenza con cui è stato disposto, in favore della ricorrente, l’affidamento in kafalah della minore D.A.M.; la minore è stata, poi, temporaneamente affidata in Somalia alla madre della ricorrente.

Quest’ultima ha chiesto, in favore della minore, il visto d’ingresso per turismo nel nostro Paese; la richiesta è stata così qualificata dall’Ambasciata in quanto il recepimento della normativa UE esclude l’istituto del ricongiungimento familiare per i parenti dei cittadini Europei (la ricorrente ha la cittadinanza italiana).

Con il Provv. 28 marzo 2014 l’Ambasciata ha respinto l’istanza ritenendo nella fattispecie l’affidamento in kafalah non conforme all’ordine pubblico italiano.

Ciò posto il Tribunale ritiene che il diniego opposto dall’Ambasciata sia illegittimo in quanto non coerente con la normativa e, soprattutto, l’orientamento della giurisprudenza nella materia in esame.

Premesso che la presente fattispecie ha ad oggetto l’impugnazione di un diniego di visto per turismo (da ciò deriva la giurisdizione del Tribunale adito), va rilevato che in più occasioni la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare la compatibilità dell’istituto della kafalah con l’ordine pubblico italiano evidenziando, in particolare, che “non può essere rifiutato il nulla osta all’ingresso nel territorio nazionale, per ricongiungimento familiare, richiesto nell’interesse di minore cittadino extracomunitario affidato a cittadino italiano residente in Italia con provvedimento di kafalah pronunciato dal giudice straniero nel caso in cui il minore stesso sia a carico o conviva nel paese di provenienza con il cittadino italiano ovvero gravi motivi di salute impongano che debba essere da questi personalmente assistito” (Cass. SS.UU. n. 21108/2013; nello stesso senso Cass. n. 6204/2014).

Con la sentenza n. 21108/2013 la Suprema Corte ha, in particolare, evidenziato che:

– la kafalah è un istituto di diritto musulmano che – stante il divieto coranico dell’adozione (recepito in tutti gli ordinamenti di diritto musulmano con l’eccezione della Tunisia, della Somalia e dell’Indonesia) e in ossequio al precetto che fa obbligo a ogni buon musulmano di aiutare i bisognosi e in particolare gli orfani – consente a una coppia di coniugi, o anche a una persona singola, di custodire e assistere minori orfani o comunque abbandonati con l’impegno di mantenerli, educarli ed istruirli, come se fossero figli propri fino alla maggiore età, senza però che l’affidato entri a far parte giuridicamente della famiglia che lo accoglie e senza che all’affidatario siano conferiti poteri di rappresentanza o di tutela che rimangono attribuiti alle pubbliche autorità competenti;

– la kafalah, pertanto, costituisce una misura di protezione dei minori orfani o abbandonati e come tale è riconosciuta anche negli strumenti internazionali (art. 20, della convenzione di New York sui diritti del fanciullo, sottoscritta il 20 novembre 1989 e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991, n. 1761; articoli 3 e 33 della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996);

– in ogni situazione nella quale venga in rilievo l’interesse del minore deve esserne assicurata la prevalenza sugli eventuali interessi confliggenti. Tale principio è espressamente affermato nell’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 24 novembre 1989, ratificata con la L. 27 maggio 1991, n. 176 , e ribadito con l’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che, ai sensi dell’art. 6 del trattato di Lisbona, ha lo stesso valore giuridico dei trattati, ed è, altresì, desumibile anche dagli artt. 2 e 30 Cost. ;

– d’altra parte la contrarietà o l’elusione della disciplina dell’adozione internazionale (contenuta nel titolo terzo della L. n. 184 del 1983 , come modificata con la L. 31 dicembre 1988, n. 476, art. 3) sarebbe ipotizzabile se dalla kafalah si volessero far derivare effetti nel nostro ordinamento identici o analoghi a quelli dell’adozione, ma non nel caso in cui, nel rispetto della disciplina vigente nel paese di provenienza del minore affidato, il provvedimento di kafalah, anche dopo l’avvenuto ricongiungimento con il cittadino italiano, non svolga altra funzione che quella di giustificare l’attività di cura materiale e affettiva del minore, con esclusione di ogni vincolo di natura parentale o anche di sola rappresentanza legale.

Dal citato orientamento della Corte di Cassazione emerge, pertanto, che le fonti normative ivi richiamate e, soprattutto, la preminente esigenza di tutela del minore depongono per l’inipotizzabilità del contrasto dell’istituto della kafalah con l’ordine pubblico italiano e con la normativa in materia di affidamento ed adozione dei minori prevista dal diritto interno.

Ne consegue che l’impianto motivazionale posto a fondamento del gravato diniego, avente – per altro – ad oggetto un visto per turismo e, quindi, l’ingresso del minore nel nostro Paese per un periodo di tempo limitato, non è legittimo anche perché le circostanze ivi richiamate (mancata specificazione della durata dell’affidamento e dei doveri dell’affidatario) non assumono significativa rilevanza in senso ostativo all’accoglimento dell’istanza dal momento che la kafalah è istituto che non necessariamente prevede una durata massima ed, inoltre, l’ambito dei doveri dell’affidatario è desumibile dal provvedimento giurisdizionale che ha disposto l’affidamento e, comunque, dallo stesso istituto della kafalah che, come già precisato, è preordinata ad assicurare la cura materiale e affettiva del minore, con esclusione di ogni vincolo di natura parentale o anche di sola rappresentanza legale.

La fondatezza della censura in esame impone l’accoglimento del ricorso (previa declaratoria di assorbimento dell’ulteriore motivo avente ad oggetto vizi meramente procedimentali) e l’annullamento dell’atto impugnato.

La particolarità della questione giuridica oggetto di causa giustifica, ai sensi degli artt. 26 D.Lgs. n. 104 del 2010 e 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato;

2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

Michelangelo Francavilla, Presidente, Estensore

Maria Grazia Vivarelli, Consigliere

Claudio Vallorani, Referendario.