(Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Lombardia, sentenza 27 novembre 2017, n. 168)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE LOMBARDIA
composta dai magistrati
dr. Silvano Di Salvo Presidente
d.ssa Luisa Motolese Consigliere rel.
dr. Vito Tenore Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n.28735/R del registro di segreteria, promosso dalla Procura Regionale presso questa Sezione nei confronti di F. S., C.F. ……, maresciallo A.s.UPS, nato a …….. il……., residente in ……… via ….. n., rappresentato e difeso dall’ avvocato Roberto Invernizzi del Foro di Milano e con quest’ ultimo elettivamente domiciliato presso lo studio sito in via Vincenzo Monti, n. 41 a Milano;
Visto il Decreto Presidenziale di fissazione dell’odierna udienza;
Sentiti, a tale udienza, svoltasi il 20 settembre 2017, dopo la relazione del magistrato relatore, il PM nella persona del dr. Antonino Grasso e l’avvocato Roberto Invernizzi per il convenuto;
Esaminati tutti gli atti ed i documenti di causa;
Visto il codice di giustizia contabile;
FATTO
L’ odierna vertenza ha avuto inizio dalla trasmissione della nota, datata 9.07.2015, da parte del Comando Legione Carabinieri Lombardia alla Procura Regionale presso questa Sezione, con la quale si rappresentava lo svolgimento di attività privata extra-professionale non autorizzata da parte del Maresciallo A.s.UPS (Maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza) F. S..
Con una successiva nota datata 11.08.2015 il predetto Comando ha trasmesso alla Procura Regionale l’atto di costituzione in mora del militare suddetto, avente ad oggetto il risarcimento dei danni patrimoniali e non derivanti dallo svolgimento non autorizzato di attività privata extra professionale.
Dagli atti acquisiti in istruttoria, come esposti nell’atto di citazione, risulta che il militare S.ha ricoperto, dal 26.03.2002 al 27.03.2012, nella società G. s. S.r.l., con sede in Milano, società di servizi di pulizia e disinfestazione di cui era socio, la carica di presidente del consiglio di amministrazione, nonché di consigliere, ed in precedenza, dall’ 8.06.2000 al 26.03.2002, la carica di amministratore unico.
Il predetto militare , dal 18.06.2003 al 27.03.2012 ha ricoperto nella società B. S. con sede in Milano, società di servizi di pulizia e disinfestazione, di cui era socio, la carica di consigliere di amministrazione.
Per questi incarichi, ha riferito la Procura, svolti in costanza di servizio
presso il Nucleo investigativo C.C. di Milano e per i quali l’Amministrazione non ha ricevuto comunicazione né ha rilasciato alcuna autorizzazione, ha percepito compensi per un totale di €60.736,50 di cui € 47.576,00 per quanto concerne la società G. S. ed € 13.169,50 relativamente alla società B.s..
Per tali fatti il militare ha subito un procedimento disciplinare conclusosi con l’inflizione di una sanzione di corpo pari a tre giorni di consegna.
Emesso invito a dedurre da parte della Procura Regionale, sono pervenute deduzioni difensive con richiesta di audizione personale ma fissata la data per la comparizione personale dell’invitato è pervenuta rinuncia alla prevista audizione.
Ritenendo sussistere tutti gli elementi per l’imputazione della responsabilità amministrativa, il Procuratore Regionale ha depositato atto di citazione in data 6 febbraio 2017 nella segreteria di questa Sezione.
Le contestazioni mosse dalla Procura all’odierno convenuto si sostanziano nel ritenere violate una serie di norme: in primis, l’art. 12 della legge n.599 del 1954, successivamente sostituito dall’ art.894 del d.lgs. n.66 del 2010.
Risulta, altresì, violato, nell’ottica accusatoria, l’art.60 del D.P.R. n.3 del 1957- fatto salvo per tutti i dipendenti pubblici dall’art. 53 comma 1d.lgs n.165/2001- ai sensi del quale il dipendente non può esercitare il commercio, l’ industria , né alcuna professione od assumere impieghi alle dipendenze di privati od accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente.
Pertanto, ha proseguito l’accusa, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante, ovvero, in difetto, dal percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incrementare il fondo di produttività o di fondi equivalenti.
Il Requirente ha concluso che ai sensi del comma 7-bis dell’art.53 del d. lgs. n .165/2001, l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti.
Nel caso di specie il Procuratore ha ravvisato un comportamento doloso del militare , in quanto lo stesso era pienamente consapevole dei precetti che pongono un divieto assoluto allo svolgimento di attività extraprofessionali per gli appartenenti all’ Arma; in subordine, ne è stata dedotta la colpa grave, come inescusabile violazione dei doveri propri del ruolo.
Il convenuto si è costituito con deposito di memoria in data 27 luglio 2017, con il patrocinio dell’Avvocato Roberto Invernizzi, ed ha confutato in rito ed in merito le imputazioni formulate dalla Procura esponendo le seguenti considerazioni.
Dopo aver ricordato nelle premesse i trascorsi particolarmente brillanti del convenuto, che si è collocato fra i migliori sottufficiali dell’Arma conseguendo la lode in tutti gli anni di servizio, il predetto difensore ha richiamato l’attenzione sulle seguenti circostanze di fatto e di diritto:
– L’ Arma era a conoscenza da anni dell’esistenza della G. s.: ed invero, l’ evento scatenante gli addebiti nei confronti dello S.è stata la pratica attivata dallo stesso per rinnovare il pass di accesso a zone cittadine a traffico limitato, chiesto e rilasciato , relativo a vetture di proprietà delle Società (si veda la e-mail del 4 gennaio 2008 con cui un ufficiale dell’Arma comunica al Comune l’elenco delle auto vetture in uso al personale dipendente al Nucleo Operativo di Milano ed utilizzate occasionalmente per motivi di servizio. In tale elenco compare anche una vettura di proprietà della G. s., utilizzata da S., pag. 4-7, della memoria difensiva) ed in tale contesto rileva l’assenza di qualsiasi occultamento doloso denunciato dal Requirente nella citazione;
– L’ atteggiamento, nel corso del tempo, dell’Arma, la quale, pur informata della situazione per anni, non ha mai sollevato rilievi e solo nel 2015 procedeva a mettere in mora il convenuto.
In via preliminare di merito, il predetto difensore ha, poi, eccepito la prescrizione del diritto a risarcire il supposto danno erariale, evocando la normativa di cui all’art. 1, comma 2, della legge n.20/1994.
È agli atti che lo S. (doc. 27 del fascicolo di parte convenuta) tra il 2007 ed 2012 ha ricevuto bonifici dalla signora T., socia ed amministratore delle società di pulizie, compagna del convenuto medesimo, deducendo di averli incassati in assoluta buona fede.
Per il difensore, dunque, posto che, ai sensi della suddetta norma di legge, le somme percepite dal menzionato convenuto prima del 13 luglio 2010 sono in ogni caso prescritte.
Eccepisce altresì il menzionato difensore il mancato esame delle deduzioni rassegnate nella fase pre-processuale.
Per la difesa, infatti, la citazione, trascurando la maggior parte delle deduzioni, non ha tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti a seguito delle controdeduzioni, e quindi è nulla ex art.87 d. lgs n.174/2016.
Nel merito, il difensore evidenzia la peculiare posizione del proprio assistito, quale socio ed amministratore in società di pulizie.
Il convenuto – espone la menzionata difesa – era socio al 50% delle due società (qualità che non necessita di autorizzazione) mentre il 50% apparteneva alla signora M.P.T., e, peraltro, la gestione di entrambe ha sempre fatto capo alla T. e mai al consocio.
Evidenzia altresì l’Avv. Invernizzi che, dal rapporto della Guardia di Finanza (doc.27 citato), si può rilevare che i bonifici affluiti sul conto del convenuto erano in realtà ordinati dal conto personale della signora T.. Il convenuto, dunque, per la difesa, non ha mai esercitato alcuna professione ma ha solo ricoperto una carica societaria in due società di pulizie; è socio delle stesse al pari con la propria compagna e dette società non hanno mai generato incompatibilità ovvero conflitti di interesse con il rapporto di servizio nell’ Arma.
Deduce altresì il difensore costituito che, nella fattispecie non vi sarebbe stata nessuna violazione di norme, in quanto l’ art.12 della legge n.599/1954 non sanzionava affatto il possesso della carica di amministratore, mentre l’accostamento degli artt. 894 d.lgs. n.66/2010 e 12 della legge n.599/1954 è erroneo, perché il divieto di rivestire la carica di amministratore è stato introdotto, per i sottoufficiali, solo con l’entrata in vigore del d.lgs. n.66/2010 menzionato e non ha in alcun modo impedito il puntuale espletamento, in modo imparziale, della prestazione contrattualmente dovuta alla P.A.
A tal proposito il predetto difensore evidenza che la stessa Amministrazione, come dettagliatamente rappresentato nella memoria difensiva, nell’ aprile 2013 (doc.25 del fascicolo di parte convenuta) ha ammesso che << nel caso di specie non si è configurato un pregiudizio erariale a carico dell’Amministrazione Militare per il quale l’Ufficio possa procedere al recupero di eventuali somme in analogia agli ordinari criteri>>.
Il patrono ha, quindi, concluso chiedendo in via principale, di accertare e dichiarare la nullità della citazione ex art.87 d.lgs. n.174/2016, accertare e dichiarare la prescrizione delle pretese mosse in citazione, e, in subordine, rigettare la richiesta di condanna al pagamento delle somme a favore dell’Arma, perché infondata nel merito; in ogni caso, ha chiesto che venga esercitato il potere di riduzione dell’addebito con ogni conseguenza di legge; il tutto con vittoria di spese e compensi professionali di causa.
All’ odierna pubblica udienza la Procura attrice ed il difensore del convenuto hanno ribadito e sviluppato le rispettive argomentazioni.
Il Procuratore Regionale ha concluso per la condanna come in citazione, mentre il patrono ha insistito per il rigetto della domanda attrice in quanto infondata in fatto ed in diritto, quindi la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Prima di valutare la fondatezza o meno della domanda attorea il Collegio deve farsi carico di esaminare le eccezioni sollevate in rito ed in merito dal convenuto.
In via preliminare di merito il patrono di parte convenuta ha eccepito la prescrizione del diritto a risarcire il supposto danno erariale.
Il Collegio osserva che poiché la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere – art.2935 c.c.- facendo applicazione di tale disposizione al caso di specie, solamente con gli accertamenti ispettivi si è avuta contezza dei fatti poi concretatisi nelle note trasmesse al Requirente con conseguente iniziale decorrenza del termine prescrizionale dal suddetto accadimento.
Il termine prescrizionale, invero, può iniziare a decorrere solo quando il presunto danno subito dalla P.A. ha acquisito i caratteri della certezza, della concretezza ed attualità, quando cioè la produzione del danno si manifesta all’esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (v. III Sezione Centrale D’ Appello n.98/2002, questa Sezione n.448/2006).
Detto termine prescrizionale, anche a non voler condividere le suddette argomentazioni, non può ritenersi decorso alla luce del recente orientamento delle Sezioni Riunite di questa Corte, secondo cui l’omessa denuncia ad opera del dipendente non fa decorrere il termine prescrizionale anteriormente al disvelamento del fatto dannoso originario consistente nella specifica condotta omissiva della denuncia delle prestazioni professionali svolte senza autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza. (SS.RR.n.2/2017/QM.)
L’ eccezione è dunque da respingere perché infondata.
Infondata è anche la seconda eccezione, concernente il mancato esame delle deduzioni.
Anche in questo caso, per giurisprudenza consolidata, sulla scia della decisione delle Sezioni Riunite di questa Corte, n. 7/1998/QM, la mancata replica in citazione alle deduzioni dell’indagato non costituisce motivo di nullità dell’atto introduttivo del giudizio.
Diversamente opinando la fase istruttoria verrebbe trasformata surrettiziamente in contenziosa, introducendo un contraddittorio anomalo tra accusa e difesa ed imponendo all’attore un obbligo motivazionale previsto solo a carico del giudicante.
Pertanto, deve ritenersi, in armonia con le disposizioni attualmente vigenti – art.87 del codice di giustizia contabile – che il Pubblico Ministero possa controdedurre anche in maniera sintetica alle deduzioni difensive dell’imputato (in questi termini v. sentenza III^ Sezione Centrale D’ Appello n.381/2017 e n. 157/2017 della II^ Sezione Centrale D’Appello).
Ed il Procuratore regionale, nella fattispecie all’ esame, ha in realtà adeguatamente confutato le argomentazioni esposte dal convenuto, sia in ordine alle eccezioni in rito e nel merito, sia in ordine agli altri aspetti rappresentati dalla difesa dello S..
Si passa al merito della controversia.
Il quadro normativo che regolamenta l’esercizio di attività extraprofessionali da parte del personale militare è il seguente.
Le attività extra professionali sono disciplinate dall’ art. 894 e seguenti del D.LGS. n.66/2010, che ha sostituito la legge n. 599/1954, noto come “Codice dell’ordinamento militare ” (C.O.M.).
Le relative disposizioni applicative sono contenute nella circolare del Ministero della difesa III/9^/5^ del 31.07.2008.
La regola generale prevede che <> (art.894 del C.O.M.).L’incompatibilità fra prestazione lavorativa del militare e le attività lavorative extraprofessionali deriva più in generale dal principio di esclusività stabilito dall’ art.98 della Costituzione secondo il quale << i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. >> ed in questi termini anche l’art. 60 del DPR n.3/57 in forza del quale il dipendente non può esercitare il commercio, l’industria, né assumere impieghi alle dipendenze di privati ovvero accettare cariche in società costituite a fini di lucro.
Si è visto nella parte in narrativa che la richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla parte pubblica è stata determinata dalla condotta del chiamato in giudizio, che l’attrice ritiene connotata da dolo ovvero da colpa grave,
Parte convenuta, a sua volta, ha ampiamente rappresentato, tramite il proprio difensore, negli scritti depositati ed in dibattimento, che il proprio comportamento è stato sempre improntato a correttezza e ad assoluta buona fede.
Venendo ai fatti di causa in dettaglio, si passa ad esaminare in concreto la dinamica fattuale alla luce della normativa richiamata, della documentazione versata in atti, fondata su riscontri materiali, e sulla articolata rappresentazione come svoltasi in dibattimento.
Emergono, a parere del Collegio, due aspetti fondamentali per decidere la controversia, costituiti l’uno, dal quadro normativo in materia, come appena delineato e, l’altro, dal corredo probatorio necessario per sostenere l’imputazione di responsabilità.
La legge n.599/1954,all’ art.12, in vigore fino al 2010, come sostituita dal nuovo codice militare , stabiliva che :
…, l’art.12 menzionato non sanciva alcuna incompatibilità tra il rapporto di servizio dei sottufficiali e la carica di amministratore in società e questa incompatibilità è stata introdotta per i sottufficiali solo a partire dal 2010.
Il divieto era dunque limitato all’ esercizio di professioni, mestieri, industrie e commercio.
Il convenuto, come ampiamente risultante da tutti gli atti di causa, non ha mai svolto alcune di dette attività.
Lo ha sempre sostenuto e non è mai stato smentito sul punto.
La norma appena menzionata sanzionava la violazione del divieto di incompatibilità limitatamente ai soli ufficiali. E dunque la condotta dello S.risulta sufficientemente chiara nella sua realtà fenomenica risultando la stessa delineata da quanto emerge dalla documentazione acquisita in atti.
Egli è stato formalmente amministratore delle due società solo con riferimento ai due anni successivi all’entrata in vigore del C.O.M.; circostanza che non ha impedito il puntuale e corretto espletamento delle prestazioni contrattualmente dovute dal lavoratore alla P.A. e quindi sostanzialmente non infrangendo quel dovere di esclusività – di cui l’art.53 è espressione – né sottraendo tempo al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Arma a cui lo stesso è appartenuto.
Si è visto che tale carica è stata rivestita solo in via formale, “sulla carta”, mentre la gestione e l’amministrazione delle società facevano in realtà effettivamente e concretamente capo alla compagna dello S., tanto che la ottima qualità e quantità del servizio, senza limitazioni o condizionamenti derivanti da fatti o condotte esterne, è provata dalle schede di valutazione e dagli attestati di servizio riguardanti il convenuto, da cui è agevole constatare il corretto e costante adempimento da parte del militare dei propri obblighi istituzionali (v. copia del libretto personale, doc 9 del fascicolo di parte convenuta da cui emerge che nei 36 rapporti informativi ha sempre riportato valutazioni eccellenti).
Anche con riferimento alla sussistenza del danno che sarebbe derivato alla “amministrazione” (che in realtà risulta solo nominale), è pacifico che quest’ultimo deve essere provato e non può essere ravvisato automaticamente nel solo fatto della violazione di una norma.
Grava sull’attore l’onere di provare che un comportamento illegittimo abbia costituito un illecito, fatto complesso nel quale alla violazione della norma si accompagna ed anzi consegue in termini di causalità la produzione di un danno all’erario.
Si è visto nella parte in narrativa che la relazione della Guardia di Finanza menziona i bonifici affluiti sul conto del convenuto, ma ordinati dal conto personale della signora T..
Dalla documentazione in atti non risultano bonifici provenienti da nessuna delle due menzionate società a favore di S., e ciò darebbe conferma che – salva prova contraria, non fornita nella fattispecie – si tratta di fondi personali consegnati al proprio partner.
A ciò va aggiunto, con il rilievo connesso al predetto excursus normativo, che solo tre di tali bonifici sono successivi al 2010.
Peraltro, lo S.era ed è socio al 50% delle quote azionarie delle due società e come tale, mancando prove in atti sulla certezza dei flussi, ben potrebbe aver ricevuto tali proventi dalla partner in quanto socio ed è noto che investire in quote od azioni societarie, e ricavarne proventi o utili, non sia vietato da alcuna norma e non genera, ex se, illecito alcuno. Tanto che, come rappresentato negli scritti difensivi, diversamente i pubblici dipendenti non potrebbero effettuare investimenti nemmeno nelle borse valori o, comunque, nel mercato azionario.
Non esiste dunque, alla stregua di tali valutazioni, la prova della riferibilità del danno oggi lamentato al convenuto ed in ogni caso non può dirsi raggiunta la prova dell’efficacia condizionante della condotta del convenuto stesso rispetto all’evento–danno, che, in base agli elementi probatori e alla documentazione versata in atti, abbia i requisiti dell’alto od elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica.
Il Collegio respinge, pertanto, la domanda attrice, nel rilievo della mancata prova del danno ed in ogni caso per l’assenza di quella grave colpevolezza comunque necessaria per giungere ad una affermazione di responsabilità.
Conclusivamente, il Collegio ritiene che il convenuto vada assolto da ogni addebito e per l’ effetto liquida, ai fini del rimborso previsto dall’art.3 comma 2 bis del d.l.23 ottobre 1996 n.543, convertito con modifiche nella legge 20 dicembre 1996 n.639, la somma che il Ministero della Difesa-Arma dei Carabinieri è tenuta a versare, per onorari e diritti di difesa del convenuto, nella misura di €2.500,00 comprensiva di diritti ed onorari oltre il 15% per spese generali, IVA e CPA, come per legge, tenuto conto della mancata presentazione, al riguardo, della nota spese.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Lombardia, ogni diversa eccezione, istanza deduzione o richiesta disattesa, respinge la domanda della Procura Regionale e per l’effetto assolve F. S.da qualsiasi addebito.
Le spese si liquidano come da motivazione.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Cosi deciso a Milano, nella camera di consiglio del 20.09.2017
L’ estensore Il Presidente
Depositata in segreteria il 27 novembre 2017
IL PREPOSTO
Salvatore Carvelli.
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