Colonnello dell’esercito, sentendosi vessato nel suo incarico, chiede in via gerarchica al Ministero della Difesa l’adozione di provvedimenti urgenti. Rigettato (T.A.R. Lazio Roma, Sezione I bis, Sentenza 18 marzo 2019, n. 3624).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

con l’intervento dei magistrati:

Dott.ssa  Concetta Anastasi, Presidente

Dott.ssa  Rosa Perna, Consigliere

Dott.       Fabrizio D’Alessandri, Consigliere, Estensore

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4030 del 2012, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Franco Verde, domiciliato in via digitale come da indirizzo PEC del difensore risultante da pubblici registri;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

dell’atto del Ministero della Difesa prot. (…) del 23.2.2012;

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente all’atto de quo

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2019 il Dott. Fabrizio D’Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

Con ricorso, depositato in data 24.5.2012, parte ricorrente, Colonnello dell’Esercito, impugna l’atto del Ministero della Difesa adottato in ottemperanza della sentenza di questa sezione n. 6274 del 2011 e a riscontro delle istanze inviate all’Ufficio di Gabinetto del Ministro con i tre plichi rispettivamente del 26.2.2008, 11.8.2008 e 27.11.2008.

In particolare, la medesima parte ricorrente con le suddette istanze, formulate ai sensi dell’art. 39/5 del Regolamento di Disciplina Militare, ha chiesto in via gerarchica al Ministero della Difesa l’adozione di provvedimenti urgenti, correttivi e sanzionatori al fine di porre rimedio ad una situazione asseritamente vessatoria, caratterizzata, sempre secondo parte ricorrente , da raggiri, menzogne e maltrattamenti personali, ad iniziare dal 1998 presso il Comando Regione Militare Sud, poi dal 2002 ad oggi presso la Scuola di Amministrazione e di Commissariato dell’Esercito.

A fronte della mancata risposta il medesimo ricorrente ha introdotto dinanzi a questo T.A.R. un’azione avverso il silenzio inadempimento serbato dal Ministero della Difesa.

Con la sentenza n. 6274 del 2011, questa Sezione ha accolto il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione e ha ordinato al Ministero della Difesa di provvedere in ordine alle istanze presentate dal ricorrente entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, ovvero dalla sua notifica, se anteriore.

Il Ministero della Difesa ha conseguentemente adottato la nota prot. (…) del 23.2.2012, impugnata in questa sede.

In quest’ultimo atto il Ministero ha indicato di agire in esecuzione della sentenza n. 6274/2011, indicando che il ricorrente non avrebbe nulla a pretendere, sia sotto l’aspetto dello status o della carriera che dal punto di vista economico.

Parte ricorrente, con il ricorso qui in esame censura la nullità dell’atto gravato per violazione o elusione del giudicato e, comunque la sua illegittimità, per i seguenti motivi di diritto:

Violazione dell’art. 21 septies, comma 1, 2 L. n. 241 del 1990; violazione dei principi di cui all’art. 3 e 97 Cost.; violazione e falsa applicazione dei principi del giusto procedimento e trasparenza amministrativa ex L. n. 241 del 1990; violazione degli art. 2, 3, 7, 8, 9 nonies L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per violazione di norme interne; eccesso di potere per violazione del principio di buon andamento della p.a.; incongruità, contraddittorietà, illogicità, inesattezza, inidoneità e difetto di motivazione, travisamento ed errore di fatto, erronea valutazione e/o inesistenza dei presupposti di fatto e/o di diritto, assenza e/o difetto di istruttoria, sproporzione ed abnormità, illogicità manifesta, straripamento e sviamento di potere, perplessità, disparità di trattamento

Nello specifico, secondo parte ricorrente, con l’atto gravato, l’Amministrazione anziché fornire risposte concrete al ricorrente in merito ai comportamenti persecutori e discriminatori, altro non avrebbe fatto che confermare gravi irregolarità preesistenti: in primo luogo l’istante contesta l’illegittimità della condotta del Ministero della Difesa in merito alle decisioni adottate circa l’impiego in incarichi “non organici” in quanto non gli sarebbe stato attribuito l’incarico appropriato in relazione all’anzianità e alle esperienze militari e professionali.

A suo dire, sebbene avesse avuto diritto ad un incarico organico, cioè fissato nelle Tabelle Organiche della Scuola di Amministrazione e Commissariato, dal 2.7.2002, gli sarebbe stata attribuita una carica non legittima perché non riconosciuta e non inclusa nelle Tabelle Organiche; inoltre tale incarico avrebbe avuto durata di 19 mesi, pertanto, ben superiore al limite massimo di 6 mesi previsto per un incarico fuori organico.

In tal modo veniva sminuito il ruolo del ricorrente, rilevando negativamente nell’attribuzione di punteggi in sede di valutazione per la promozione al grado superiore e, conseguentemente, provocando danni alla legittima progressione di carriera.

Lamenta, inoltre, un altro provvedimento a lui sfavorevole consistente nel piano impiego 2004/2008 in cui era stato dato disponibile a sua insaputa. Ciò all’evidente scopo di determinare il trasferimento in altra sede e di attribuire un incarico meno importante e sempre non previsto nelle apposite Tabelle.

In secondo luogo parte ricorrente ravvisa delle irregolarità nella redazione della documentazione caratteristica in virtù dell’illegittimo abbassamento del valore da “ottimo” a “molto buono” in relazione alle qualità personali e professionali e soprattutto dell’abbassamento del valore attinente alla qualifica finale da “eccellente” a “superiore alla media” di cui alla scheda valutativa n. d’ordine 78 del 27.9.2005.

Il ricorrente ravvisa nell’attività dell’Amministrazione una palese incongruenza, irregolarità ed omessa obiettività nella scheda valutativa n. 78 rispetto alle schede valutative n. 77 e 79, oltreché l’assenza di una adeguata motivazione tale da giustificare un’eventuale riduzione della capacità personali e di valutazione del ricorrente nello svolgimento dell’attività di servizio.

Censura, altresì, la tardività della notifica del giudizio complessivo finale e della qualifica finale di “superiore alla media” scritti nella scheda valutativa n. 78 verificatasi dopo più di 3 mesi, stante la rilevanza della tempestività della notifica soprattutto in presenza di un abbassamento di giudizio.

Parte ricorrente lamenta, inoltre, l’inerzia dell’amministrazione nell’effettuare le dovute trascrizioni sullo stato di servizio dei militari.

Il ricorrente evidenzia, altresì, una disparità di trattamento economico avuta dal Comando Scuola per non aver ricevuto la medesima indennità riconosciuta ad altro personale militare,

Il medesimo ricorrente, infine, rileva delle supposte illegittimità relativamente ad aspetti di stato giuridico ed avanzamento di carriera.

Chiede la declaratoria di nullità dell’atto gravato in quanto assunto in violazione di giudicato o, in subordine, l’annullamento dello stesso, l’accertamento dell’illiceità e illegittimità della condotta tenuta dal Ministero della Difesa e la condanna al risarcimento del danno.

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio, in data 31.5.2012, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al ricorso.

Con ordinanza cautelare n. 2072/2012, l’adito T.A.R. ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, ravvisando l’assenza di indici di fondatezza del ricorso in considerazione della ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nel conferimento degli incarichi, nonché la mancanza di ogni profilo di danno grave ed irreparabile.

Con atto depositato in data 20.2.2014 il ricorrente ha chiesto la riunione dei ricorsi pendenti dinanzi al Tar Lazio, Roma, sez. I bis, R.G. n. 12129/2005, 5823/2006 e 4030/2012, per ragione di connessione oggettiva e soggettiva avendo riguardo tutti al rapporto di pubblico impiego.

In particolare, con i tre ricorsi, parte ricorrente avrebbe, a suo dire, censurato la condotta persecutoria e vessatoria dell’Amministrazione durante gli anni di servizio del ricorrente, in particolare a partire dal 1998 al 2008, provocando una lesione alla dignità ed al prestigio militare e professionale di pubblico ufficiale.

Motivi della decisione

1) In primo luogo, il Collegio rileva di non poter in alcun caso disporre la richiesta riunione con i giudizi introdotti dinanzi a questo T.A.R. di cui al R.G. n. 12129/2005 e 5823/2006, in quanto gli stessi sono stati tutti dichiarati perenti, rispettivamente con i D.P. n. 8531 del 25 luglio 2015 e D.P. n. 9378 del 3 settembre 2015.

2) Venendo al merito dell’azione, parte ricorrente dopo aver formulato tre istanze volte a evidenziare una serie di comportamenti ritenuti illegittimi e illeciti tenuti nei suoi confronti dall’Amministrazione nel corso della sua carriera, impugna ora la nota di risposta che ha escluso la fondatezza di quanto lamentato dal medesimo ricorrente motivando, sia pure in modo sintetico, sui diversi aspetti lamentati.

Le doglianze riguardano sia gli atti del rapporto riguardante lo sviluppo di carriera, secondo lo stesso connotati in più riprese da profili di illegittimità, sia alcune pretese economiche rispetto a indennità non riconosciute.

In particolare, il ricorrente evidenzia i seguenti profili:

1. illegittimità dei provvedimenti che nel corso degli anni lo hanno impiegato in incarichi non ritenuti congrui e lo hanno trasferito in sedi non gradite;

2. illegittimità nella redazione della sua documentazione caratteristica, anche con riferimento ai giudizi riportati e con profili di disparità di trattamento, che gli hanno impedito un corretto sviluppo di carriera;

3. inerzia dell’amministrazione nell’effettuare le dovute trascrizioni nello stato di servizio, che anch’essa ha impedito gli sviluppi di carriera;

4. diniego di attribuzione dell’indennità operativa di supercampagna;

5. doglianze riferite agli aspetti di stato giuridico ed avanzamento.

Il petitum immediato dell’azione riguarda la declaratoria di nullità della nota impugnata o, in subordine, l’annullamento dell’atto gravato, l’accertamento dell’illiceità e illegittimità della dell’Amministrazione con conseguente obbligo dell’Amministrazione di provvedere e la condanna al risarcimento del danno.

Il ricorso formulato e le censure introdotte, parimenti alle istanze in precedenza rivolte alle formulate, in realtà, più che come rimedio giuridico volto a evidenziare profili di nullità e illegittimità di specifici atti – rispetto ai quali il Collegio non potrebbe che dichiararne la tardività dell’impugnazione – o a rivendicare specifiche pretese economiche, indicandone l’entità e le decorrenze, o comunque a far valere precipue posizioni di diritto soggettivo inerenti al rapporto di servizio, si palesano come una sorta di esposto volto a evidenziare una serie di comportamenti ingiusti e vessatori asseritamente subiti nel corso degli anni dal ricorrente.

Il tutto in un quadro di sviluppo delle doglianze difficilmente conciliabile con l’ottica impugnatoria sulla base di specifici motivi di ricorso ed entro specifici termini decadenziali che contraddistingue il giudizio amministrativo nel caso di impugnativa nei confronti di determinati atti dell’amministrazione, e, comunque, con la necessità di una precisa definizione del petitum e della causa petendi dell’azione.

2) Al riguardo, il Collegio deve analizzare i vari aspetti dell’azione, iniziando con l’affermata violazione del giudicato da parte dell’atto gravato.

In disparte la questione processuale che l’azione volta censurare la violazione del giudicato andava azionata nel rito camerale in sede di giudizio ottemperanza, o comunque ai sensi dell’art. 117, comma 4, c.p.a., ancorché associata con motivi inerenti all’illegittimità dei medesimi atti successivi alla sentenza formulati in via subordinata (vedi Cons. Stato, Ad. Plen. n. 2/2013), nel caso in esame non si ravvisa alcuna violazione del giudicato derivante dalla sentenza di questa sezione n. 6274 del 2011.

La sentenza in questione, che ha accolto il ricorso avverso il silenzio inadempimento, si è limitata alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio tenuto sull’istanza ordinando all’amministrazione di provvedere in modo espresso, senza accertare in nessun modo la fondatezza dell’istanza e, anzi, senza entrare in alcun modo nel merito sostanziale delle pretese.

In tal senso, l’unico obbligo di giudicato nascente dalla pronuncia era quello di riscontrare l’istanza mediante un atto espresso, cosa che l’Amministrazione ha fatto con l’atto impugnato. Né parte ricorrente ha ben precisato in cosa consisterebbe tale violazione di giudicato, ovverosia su quali punti la risposta dell’amministrazione risulterebbe meramente omissiva o elusiva.

La censura di nullità per violazione o elusione di giudicato è, quindi, infondata.

3) Quanto alle altre doglianze il Collegio rileva come, innanzitutto, l’atto impugnato non ha carattere provvedimentale, limitandosi a ribadire il corretto operato dell’amministrazione in riferimento a provvedimenti precedentemente assunti riguardanti lo status, la carriera e l’impiego del militare.

Al tempo stesso l’azione del ricorrente non è volta all’annullamento degli atti susseguitesi nel corso della sua carriera e lamentati come illegittimi ma solo della risposta all’amministrazione alle sue istanze, ancorchè la stessa si limiti a ribadire la legittimità dell’operato con un atto sostanzialmente meramente confermativo.

In pratica la pretesa di parte ricorrente è generica e di tipo propulsivo, essendo volta non tanto a porre nel nulla alcuni atti dell’amministrazione – di cui non ha chiesto espressamente l’annullamento e rispetto ai quali sono ormai decorsi i termini per ricorrere – né direttamente a ottenere la soddisfazione di circostanziate pretese economiche, bensì mira a ottenere, impugnando la risposta all’istanza, l’attivazione dell’esercizio del potere dell’amministrazione, sostanzialmente al fine di ottenere il riesame di quanto da quest’ultima operato nei suoi confronti, pretesa, come è noto, non esigibile in sede di impugnativa di legittimità nell’ambito del giudizio amministrativo.

In altri termini, di fronte alla risposta dell’Amministrazione, che ha ribadito la legittimità dell’operato, la parte ricorrente non può pretendere di ottenere un riesame di tutte le sue pretese impugnando un atto che, sebbene a seguito di una sentenza del giudice amministrativo sull’obbligo di provvedere, si limita a confermare la legittimità dell’operato della P.A., così superando interamente l’ottica impugnatoria.

Più nello specifico, il Collegio rileva come, per quanto riguarda le pretese inerenti lo sviluppo di carriera, l’inquadramento, l’impiego incarichi non ritenuti congrui, il contenuto delle valutazioni espresse nei motivi di ricorso il Collegio rileva come la posizione giuridica del militare, a fronte di provvedimenti che determinano il suo “status” giuridico, attribuiscano determinati incarichi o dispongano trasferimenti, così come avverso le valutazioni attribuite nella documentazione caratteristica non è di diritto soggettivo, bensì di interesse legittimo.

A fronte di questi atti sono configurabili posizioni di interesse legittimo, tutelabili, in quanto tali, mediante l’esperimento di un’ordinaria azione costitutiva, volta all’annullamento della determinazione asseritamente lesiva, che l’interessato ha l’onere di formulare nei previsti termini di decadenza;

In tale contesto non è ammissibile un’azione di doglianza generale finalizzata a contestare l’azione passata dell’amministrazione, così come un’azione di accertamento volta alla rimozione di atti autoritativi rimasti, a suo tempo, inoppugnati (Tar Lazio, Roma, sez. I, 4 febbraio 2019, n. 1388; Tar Campania, Napoli, sez. VI, 17 novembre 2018, n. 6644, Tar Toscana, Firenze, 24 settembre 2018 n. 1208 e Tar Lazio, Roma, sez. I bis 14 dicembre 2016, n. 12487) e la parte non può rimettere surrettiziamente in discussione i predetti provvedimenti, superando la preclusione costituita dalla mancata impugnativa.

Infatti, pur a prescindere dalla circostanza che parte ricorrente non ha formalmente impugnato i singoli atti inerenti allo sviluppo di carriera la nota di risposta impugnata non è idonea certamente a riaprire i termini dell’impugnativa dei vari provvedimenti di cui viene lamentata l’illegittimità. Quest’ultima lungi dall’aver riprovveduto sulle diverse situazione evidenziate da parte ricorrente, si è limitata a ribadire la legittimità dell’operato dell’Amministrazione militare.

Stante quanto indicato, il Collegio si sofferma su due doglianze più inerenti al rapporto di lavoro, rispetto alle quali si potrebbe dubitare dell’ottica impugnatoria, ovverosia il profilo delle mancate trascrizioni nello stato di servizio e quello dell’indennità cosiddetta di supercampagna.

Quanto al primo aspetto, anche le lamentate mancate trascrizioni nello stato di servizio andavano fatte valere nell’ambito dei procedimenti in cui venivano in rilievo in ordine ai mancati sviluppi di carriera e, comunque le doglianze si palesano infondate alla luce dei chiarimenti resi nell’atto impugnato che indica come il trasferimento nel ruolo normale, ai sensi dell’art. 45, 1 e 2 comma, lettera c) del D.Lgs. 30 dicembre 1997, n. 490, risulta correttamente trascritto nello specchio I alla voce n. 38, con l’esatta indicazione dei termini di decorrenza e dei riferimenti normativi, come attestato dallo stato di servizio.

Stessa cosa per l’avanzamento a scelta nella posizione di servizio permanente “a disposizione” formato per l’anno 2008, trascritta nello specchio I alla voce n. 59. Corretta risulta, al contrario la mancata trascrizione del voto di laurea, ai sensi del Regolamento per le matricole del regio esercito, edizione 1941, né l’incarico svolto come “Membro sostituto di addetto al nucleo tecnico-logistico e della qualità della vita”, in quanto non configurabile come incarico autonomo, né a quest’ultimo riguardo parte ricorrente ha apportato argomentazioni in diritto idonee a suffragare l’illegittimità della mancata iscrizione.

Quanto alla censura riferita all’indennità cosiddetta di supercampagna per gli anni 2003 e 2004, posizione economica rispetto alla quale si potrebbe configurare un diritto soggettivo che esula dall’ottica impugnatoria, il motivo di ricorso si rileva del tutto generico e non circostanziato, non indicando i fatti che dovrebbero fondare tale pretesa, né la presenza dei presupposti necessari a far sorgere il diritto, non potendo quindi tale pretesa trovare fondamento.

Per le suesposte ragioni il ricorso rigettato.

4) Va conseguentemente rigettata l’istanza risarcitoria, che comunque in ogni caso non sarebbe stata fondata perché parte ricorrente dopo aver articolato la domanda in modo generico, senza allegare funditus ila presenza dei presupposto per il risarcimento, non ha dato la benché minima prova dell’an dell’esistenza di un danno né alcun elemento di valutazione del quantum.

5) Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente alle spese di giudizio quantificate in Euro 1.500,00, oltre accessori se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e terzi.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 18 marzo 2019.