Pedone esente da colpa anche se non ha attraversato sulle strisce (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 28 febbraio 2020, n. 5627).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22927-2018 proposto da:

MUSCENTE ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II N 173, presso lo studio dell’avvocato MARIO DE VERGOTTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE COPPOLA;

– ricorrente –

contro

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA in persona dell’Amministratore delegato legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro

DE LISA GIOVANNI, DE LISA ANDREA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2145/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

FATTI DI CAUSA

La ricorrente è stata investita, mentre attraversava la strada, dal motociclo guidato da Andrea De Lisa, il quale percorreva una corsia preferenziale in senso di marcia vietato.

A causa di tale incidente Anna Muscente ha riportato lesioni severe, che hanno richiesto trattamenti medici e comportato una permanente invalidità.

La danneggiata ha agito contro il conducente, il proprietario, Giovanni De Lisa, e la Vittoria Ass.ni, che garantiva quest’ultimo per la responsabilità civile.

Il Tribunale ha riconosciuto l’esclusiva responsabilità del conducente, ex articolo 2054, primo comma, cod. civ. condannando i convenuti al pagamento della somma di 260.486,00 euro.

Su appello di questi ultimi la corte di secondo grado ha, invece, ritenuto un concorso di colpa di Anna Muscente nella misura del 30% riducendo di conseguenza l’ammontare del risarcimento.

La corte di appello ha altresì escluso dall’ammontare la somma di 80 mila euro riconosciuta dal giudice di primo grado a titolo di danno morale.

Contro questa decisione ricorre la Muscente, con tre motivi di ricorso.

Si è costituita la sola Vittoria Ass.ni che, con controricorso, chiede il rigetto della impugnazione.

La Vittoria Ass.ni ha presentato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata è nell’affermazione del fatto che la danneggiata ha concorso colpevolmente a causare il danno, attraversando non sulle strisce, ma in prossimità, e non avvedendosi imprudentemente del sopraggiungere del motociclo.

Inoltre, la corte di merito ha escluso dall’ammontare del risarcimento la somma di 80 mila euro, che il giudice di primo grado aveva riconosciuto come danno morale, aggiungendolo a quello complessivo alla persona, e ciò sul presupposto che il danno morale non sia autonomamente risarcibile.

2.- La Vittoria Ass.ni formula eccezione di improcedibilità del ricorso per Cassazione.

Sostiene, in altri termini, che la ricorrente non ha depositato copia della sentenza notificatale, come imposto dall’articolo 369 c.p.c.

La stessa Vittoria Ass.ni, a dimostrazione di tale eccezione, deposita, di sua iniziativa, la sentenza che avrebbe dovuto essere depositata dal ricorrente (e la indica al documento 1).

L’eccezione è di conseguenza infondata.

Infatti, in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass. Sez. Un. 10648 del 02/05/2017).

3.- Nel merito.

Con il primo motivo la ricorrente assume erronea interpretazione degli articoli 2043, 2054, 1227 c.c. oltre che omesso esame.

La tesi è che la corte di merito ha errato nel ritenere un concorso di colpa della danneggiata, ritenendo in parte dunque superata dal tale concorso la presunzione di responsabilità che l’articolo 2054 c.c. pone a carico del conducente.

Ossia, ritiene la ricorrente che la presunzione di colpa esclusiva del veicolo investitore (come posta dall’articolo 2054 cod. civ.) non è mai stata superata, e non poteva bastare l’eventuale imprudenza del pedone a giustificare tale superamento.

Il motivo è fondato.

Vanno intanto ribadite le regole fissate da questa corte nell’accertamento della responsabilità del conducente di un veicolo che investe un pedone.

Il conducente può “liberarsi” da responsabilità se dimostra di aver fatto di tutto per evitare il danno e dunque se ne dimostra l’imprevedibilità ed inevitabilità; ma anche ove non sia riuscito a fornire tale prova, può avere incidenza sulla sua responsabilità il concorso colposo del danneggiato (tra le tante, Cass. 24024/ 2014; Cass. 8663/ 2017; Cass. 2241/ 2019).

Ossia, il concorso di colpa è situazione riferibile a qualsiasi condotta lesiva, a prescindere dal titolo di imputazione che governa quest’ultima (se oggettiva o presunta), essendo l’articolo 1227 c.c. una norma generale, riferibile a qualsiasi fattispecie di imputazione, poiché regola il contributo dato dal danneggiato al danno da lui subito.

Il principio generale è che il danno si ripartisce quando sia frutto della colpa di entrambi (danneggiante e danneggiato) e questo principio opera anche nel caso di responsabilità “oggettiva” o “presunta” del danneggiante.

Ed a parte i casi di prevenzione unilaterale (uno dei quali riconducibile all’esercizio di attività pericolose, art. 2050 c.c.).

Potrebbe apparire il contrario, ossia che l’articolo 1227 c.c. presupponga due condotte egualmente colpose (“concorso di colpa”), e nel caso delle ipotesi speciali di responsabilità, segnatamente in quella prevista dall’articolo 2054 c.c., la responsabilità del conducente prescinderebbe dalla colpa.

L’espressione però mira ad indicare il concorso causale colposo del danneggiato, cosi che è riferibile anche alle condotte lesive antagoniste nelle quali la colpa è meramente presunta (e che sia presunta del resto non vuol dire che è esclusa dalla fattispecie).

Tuttavia, ritenuta in astratto l’applicabilità dell’articolo 1227, primo comma c.c. anche ad una ipotesi di responsabilità presunta come quella del conducente, occorre tener conto della particolarità, in questo caso, del titolo di imputazione.

L’articolo 2054 c.c. pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente, il quale deve dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno.

Una tale prova liberatoria può essere fornita certamente allegando l’imprudenza del pedone, ma solo se questa si presenti come condotta imprevedibile (Cass. 8663/ 2017).

In sostanza, il danno non è imputabile (del tutto o in parte) al conducente non semplicemente quando abbia concorso a cagionarlo (in tutto o in parte) il pedone, ma quando la condotta di quest’ultimo, pur se colpevole, non era prevedibile al punto da impedire al conducente di evitare l’investimento.

Qualora la situazione di pericolo è di tale evidenza da poter essere superata con l’uso della normale diligenza, non deve essere ritenuto responsabile dell’incidente chi ha posto in essere la situazione di pericolo.

In sostanza, l’incidenza della condotta del danneggiato va misurata sullo standard di diligenza imposta al danneggiante.

Se costui si libera dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, vuol dire che non è sufficiente la dimostrazione che il pedone era in una qualche misura in colpa, se comunque risulta che il danno era evitabile da parte del conducente.

Può apparire una regola che agevola gli imprudenti, ma scopo della responsabilità non è imporre una morale quanto prevenire gli incidenti.

Dunque, il rapporto tra l’articolo 2054 c.c. e l’art. 1227 cc. è nel senso che la prevenzione è affidata, prevalentemente, al conducente, il quale è esente solo davanti a comportamenti imprevedibili del pedone, non solo colposi, ma, per l’appunto, imprevedibili ed inevitabili.

Ciò detto, se è vero che l’accertamento di questa imprevedibile condotta del pedone è un accertamento di fatto, è altresì vero che esso va condotto secondo le regole suddette, e tenendo conto del rapporto tra le due norme, come sopra illustrato.

Essa va condotta tenendo conto innanzitutto di una condotta esigibile del danneggiato (che non può rispondere di non aver verificato se sopraggiungessero veicoli in senso vietato di marcia, vedi pagina 8 della sentenza), ed in secondo luogo tenendo conto della condotta del danneggiante, e della natura delle violazioni poste in essere, che potrebbero essere tali da porre il conducente stesso nelle condizioni di non poter evitare un evento prevedibile ed evitabile (alta velocità, circolazione contromano, ecc.).

3.1.- Il secondo motivo fa valere violazione degli articoli 1226, 2056, 1227 c.c.

La corte di merito ha ritenuto illegittima, alla luce delle tabelle milanesi, la liquidazione autonoma del danno morale (“gli appellanti hanno ben ragione di dolersi della liquidazione del danno non patrimoniale compiuta dal primo Giudice perché errata nella liquidazione separata ed automatica in favore della ricorrente….. a titolo di risarcimento del danno morale, quale postà di danno ulteriore e diversa dal pure riconosciuto danno biologico”, p. 11).

La ricorrente assume, da un lato, che il giudice di prime cure non aveva effettuato una liquidazione separata, ma una personalizzazione del danno alla persona aggiungendovi quella somma per il danno morale, per altro verso che è errata la prospettiva di ritenere non autonoma quella posta di danno.

Il motivo è inammissibile.

In realtà, la ricorrente non allega alcunché a dimostrazione del danno morale patito, con la conseguenza che la doglianza si limita a contestare il principio astratto della autonoma risarcibilità del danno morale, ma non dimostra la rilevanza della censura.

La ricorrente assume che il danno morale emergeva dalla CTU e che non è stato preso in considerazione. Ma da quanto ella allega risulta un accertamento tecnico sul danno biologico piuttosto che su quello morale, o su ricadute relazionali, che invece sono state considerate, queste correttamente, nella personalizzazione operata dal giudice di merito.

Il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui in motivazione, con rinvio alla corte di appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibile il secondo, rigetta il terzo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.