Per ricusare un Giudice di Cassazione, non basta il solo mandato al proprio difensore (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 26 marzo 2020, n. 10653).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – Rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sull’istanza di ricusazione dei Consiglieri Dott. Domenico Gallo e Dott.ssa Maria Daniela Borsellino

proposta da:

Spada Ottavio;

visti gli atti, letta l’istanza e la documentazione allegata;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Anna Criscuolo.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il difensore di Spada Ottavio ha depositato, in data 9 marzo 2020, istanza di ricusazione ex art. 37, comma 1, cod. proc. pen. nei confronti del dr. Domenico Gallo e della d.ssa Maria Daniela Borsellino, magistrati in servizio presso la Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, in quanto erano stati componenti del collegio – rispettivamente, in qualità di Presidente e di giudice relatore -, che all’udienza del 30 gennaio 2020 aveva deciso i ricorsi di Spada Carmine e Belletti Emiliano con sentenza n. 7847/2020, depositata il 27 febbraio 2020 (sotto allegata).

Nel rigettare i ricorsi la Corte ha ritenuto sussistente l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., contestata dai ricorrenti, ritenuti responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Analoga censura è stata articolata nel ricorso proposto nell’interesse di Spada Ottavio, sicché risulta evidente che i suddetti magistrati nella qualità di componenti del collegio assegnatario del ricorso presentato da Spada Ottavio sarebbero chiamati a decidere della stessa circostanza aggravante in relazione alla identica associazione.

Richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 2/1999 sulla incompatibilità del giudice chiamato a pronunciarsi in procedimenti diversi e illustrate le ragioni per le quali l’istanza deve ritenersi tempestiva – estraneità del difensore dello Spada al precedente giudizio e conoscenza della precedente decisione solo in esordio di udienza; invito all’astensione, non accolto dai magistrati indicati; preannunciato deposito di istanza di ricusazione con concessione di un termine alla difesa per consultare l’assistito e rinvio dell’udienza al 30 marzo 2020 -, l’istante chiede l’accoglimento dell’istanza.

2. L’istanza è inammissibile per una ragione preliminare e assorbente ovvero per mancanza di legittimazione dell’istante, difensore di fiducia del ricorrente non munito di procura speciale.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte la ricusazione rientra tra gli atti cd personalissimi, che possono essere compiuti, solo dall’imputato personalmente o a mezzo di procuratore speciale.

Essendo la ricusazione atto personale dell’interessato, deve escludersi un’autonoma, parallela legittimazione del difensore, che può proporre istanza di ricusazione solo a condizione di essere munito di specifico mandato, anche se non nelle forme della procura speciale, mentre è insufficiente il solo mandato difensivo (Sez. U, n. 18 de105/10/1994, dep. 1995, Battaggia, Rv. 199805 Sez. 4, del 11/04/2017, Graviano e altro; Sez. 5, n.37468 del 03/07/2014, Rv. 262210).

Di tale orientamento è consapevole lo stesso istante, che, infatti, si qualifica difensore nonché procuratore speciale “giusta procura rilasciata dall’imputato mediante dichiarazione dal carcere”.

Risultando l’istanza sottoscritta dal solo difensore, ne va dichiarata l’inammissibilità con procedura de plano ex art. 610, comma 5- bis, cod. proc. pen. che espressamente richiama l’art. 591, comma 1 lett. a), limitatamente al difetto di legittimazione, con conseguente condanna della parte istante al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile la dichiarazione di ricusazione e condanna la parte istante al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso, il 19 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

Corte di Cassazione – Sentenza 27 febbraio 2020 n. 7847