Mandato di arresto europeo. Anche se ha acquisito la cittadinanza italiana, va estradato (Corte di Cassazione, Sezione Feriale Penale, Sentenza 31 luglio 2020, n. 23418).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente –

Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Rel. Consigliere –

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Oussama Belrejeb nato in Tunisia il 10/04/1994;

avverso la sentenza del 23/06/2020 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Maria Silvia Giorgi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia ha dichiarato sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di Belrejeb Oussama alla Repubblica federale tedesca, in relazione al reato indicato nel mandato di arresto europeo, per il reato di “traffico di stupefacenti”, emesso il 09/04/2019 dall’ Amtsgericht di Hof.

A sostegno della decisione la Corte ha rilevato che:

– il m.a.e. è stato emesso sulla base di motivato provvedimento cautelare, conforme ai requisiti formali richiesti dalla legge;

– il relativo contenuto e la documentazione trasmessa dall’Autorità dello Stato di emissione consentono di effettuare il controllo sui presupposti per la consegna;

– sussiste il requisito della c.d. “doppia punibilità”;

– i reati sono puniti dalla legge dello Stato di emissione con pena privativa della libertà personale di durata massima non inferiore al limite stabilito dall’art. 7, comma 3, della legge 22 aprile 2015, n. 69;

– il contenuto dell’euro-mandato e la documentazione pervenuta il 08/06/2020 consentono di affermare che il provvedimento si basa su elementi seriamente evocativi dei fatti-reato ed è adeguatamente motivato;

– non ricorrono altre cause di rifiuto della consegna.

Sotto diverso aspetto, la Corte ha rilevato come ricorrano i presupposti dell’art. 19, lett. c), della legge m.a.e., essendo il consegnando cittadino italiano residente in Italia, di tal che la consegna non può essere rifiutata, ma è subordinata alla condizione che lo stesso venga rinviato nello Stato membro di esecuzione per scontare la pena eventualmente irrogata.

2. Il difensore di Oussanna chiede l’annullamento della sentenza, deducendo violazione dell’art. 17, comma 4, legge n. 69 del 2005 e vizio di motivazione per non avere la Corte analizzato la sussistenza della gravità indiziaria.

Ciò con particolare riguardo al fatto che la Corte aveva richiesto un’integrazione della documentazione originariamente trasmessa, che la A.G. tedesca si sarebbe limitata a replicare senza alcuna aggiunta.

A ciò si aggiunge che Oussama è cittadino italiano, incensurato e radicato nel territorio nazionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato perché si limita a contestare, in modo invero generico, gli elementi di prova raccolti dall’Autorità Giudiziaria straniera, che il m.a.e. ha invece correttamente individuato e posto a fondamento della richiesta trasmessa all’Autorità Giudiziaria italiana.

Nel valutare il presupposto dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 17, comma 4, legge n. 69 del 2005 per accogliere la domanda di consegna in esecuzione di un mandato di arresto processuale europeo, l’Autorità Giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’Autorità Giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona della quale si chiede la consegna.

Non è necessario che il mandato di arresto contenga una elaborazione dei dati fattuali che conduca alla conclusione della gravità indiziaria, ma è sufficiente che le fonti di prova relative all’attività criminosa e al coinvolgimento della persona richiesta – emergenti dal contenuto intrinseco del mandato o, comunque, dall’attività supplementare inviata dall’autorità emittente – siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria sia pure con la sola indicazione delle evidenze fattuali a suo carico, mentre la valutazione in concreto delle stesse è riservata all’Autorità Giudiziaria del Paese emittente (Sez. Un., n. 4614 del 30/01/2007, Rannoci, Rv. 235348; Sez. 6, n. 15935 del 15/04/2015, Jovanovic, Rv. 263086; Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, Stojanov, Rv. 257466).

2. Nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata ha specificato di avere acquisito il mandato di arresto europeo corredato dall’indicazione degli indizi di colpevolezza relativi agli addebiti mossi all’indagato, rappresentati dalle dichiarazioni accusatorie rese da Sefaw Mooad, indagato in altro procedimento, il quale ha riferito che nel periodo giugno- novembre 2019 Oussama ha ricevuto da tale Alaaeddin Shhaideh un chilogrammo circa di marijuana destinato alla rivendita.

Risulta del resto pervenuta alla Corte di appello, in risposta alla richiesta inoltrata il 04/06/2020, nuova documentazione consistente in copia del mandato di arresto europeo e nota esplicativa.

Pertanto la Corte d’appello ha valutato, in modo sintetico ma congruo, il ricorrere dei gravi indizi di colpevolezza per gli addebiti mossi a Oussama, nel rispetto dell’art. 17, comma 4, legge. n. 69/2005, verificando le ragioni del provvedimento adottato dall’Autorità Giudiziaria tedesca e pervenendo alla conclusione, logica e coerente con le finalità del provvedimento stesso, della sussistenza di un compendio indiziario seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna.

A nulla poi rilevano le considerazioni circa la incensuratezza ed il radicamento sul territorio che attengono, semmai, al diverso profilo delle esigenze cautelari e segnatamente del pericolo di fuga, non oggetto della decisione in materia di consegna.

3. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare in favore della cassa delle ammende una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, co. 5, legge n. 69/2005.

Così deciso il 30/07/2020.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.