REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Rel. Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5105-2018 proposto da:
(OMISSIS) CRISTIANO, (OMISSIS) MARIA LUISA, (OMISSIS) ANTONIO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.(OMISSIS) 1, presso lo studio dell’avvocato CARMEN (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONSORZIO PER LE AUTOSTRADE SICILIANE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. (OMISSIS) 31, presso lo studio dell’avvocato FABIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati ELENA (OMISSIS), DOMENICO (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1147/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 28/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CARDINO;
udito l’Avvocato ANTONIO (OMISSIS).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28/11/2017 la Corte d’Appello di Messina ha respinto i gravami interposti dai sigg. Antonio, Cristiano e Rosaria (OMISSIS) e Maria Luisa (OMISSIS) (quali eredi del sig. Alfio Salvatore (OMISSIS)) -in via principale- nonché dal Consorzio per le Autostrade Siciliane -in via incidentale- in relazione alla pronunzia Trib. Messina 15/5/2006, di rigetto della domanda dai primi nei confronti di quest’ultimo proposta di risarcimento dei danni rispettivamente subiti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il 31/10/1996 sull’autostrada Messina-Catania, allorquando, asseritamente «a causa del manto stradale notevolmente usurato e viscido per la pioggia>›, l’Alfio Salvatore (OMISSIS) finiva fuori strada, urtando «contro la roccia lavica che si trovava immediatamente a margine della carreggiata, priva di idonea barriera di protezione».
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i (OMISSIS) e la (OMISSIS) propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il Consorzio per le Autostrade Siciliane.
Con conclusioni scritte del 22/9/2020 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1° e il 2° motivo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia pronunziato movendo da una erronea ricostruzione della dinamica del sinistro, operata all’esito di un’erronea valutazione delle emergenze processuali, atteso che il sinistro è avvenuto in un tratto rettilineo dell’autostrada, a nulla rilevando «la presenza di una curva sinistrorsa ad ampio raggio posta a notevole distanza dal luogo del sinistro».
Lamentano non essersi considerato che allorquando fu ricoverato in Ospedale, il (OMISSIS) -trasportato a bordo dell’autovettura condotta dal (OMISSIS)- risultava affetto da una «modesta amnesia retrograda», che al momento dell’escussione testimoniale in giudizio -stante il tempo trascorso- aveva tuttavia superato, non potendo pertanto riscontrarsi alcuna contraddizione tra quanto dal medesimo inizialmente dichiarato (di non ricordare nulla) e l’affermazione secondo cui al momento del sinistro il veicolo stesse procedendo ad «una “velocità moderata”», che costituisce anzi «la sola prova sulla velocità del veicolo», non rinvenendosi «in atti prove in senso opposto, tanto che la Corte non ne ha potuto fare menzione», avendo «entrambi i testi escussi, sig. (OMISSIS) Stefano e sig. (OMISSIS) Lucio puntualizzato che la perdita di controllo del mezzo è avvenuta improvvisamente escludendo, così, che la fuoriuscita di strada del veicolo possa essere stata determinata da una manovra azzardata e/o da un comportamento comunque imprudente del sig. (OMISSIS)».
Si dolgono dell’erronea valutazione delle condizioni di usura dell’asfalto operata dai giudici di merito, avendo i medesimi «utilizzato soltanto alcuni passaggi della perizia, ma non altri che invece erano di particolare rilievo ai fini della determinazione della responsabilità del Consorzio», nella CTU risultando invero posto in rilievo come siffatte condizioni diminuissero «il coefficiente di aderenza soprattutto se in condizioni di bagnato», quali appunto si avevano il giorno del sinistro.
Con il 3° motivo denunziano «omesso esame » di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, 10 co. n. 5, c.p.c.
Si dolgono essersi erroneamente valutato lo stato di usura del manto stradale emergente dalla CTU e da fotografie allegate, evidenzianti le «marcate fessurazioni orizzontali e verticali della sede stradale» e da cui emergeva «lo strato di collegamento».
Con il 4° motivo i ricorrenti denunziano «violazione e falsa applicazione» degli artt. 144 vecchio Cod. strada, 1 D.M. (Lavori pubblici) n. 223 del 1992, in riferimento all’art. 360, 10 co. n. 3, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia argomentato dall’erronea premessa che il tratto di autostrada in argomento fosse «entrato in esercizio nel 1971, epoca in cui vi era ancora un vuoto normativo per ciò che atteneva le barriere di sicurezza», pervenendo quindi ad affermare che il Consorzio non potesse considerarsi responsabile alla stregua di una normativa emanata successivamente e relativa solo alla «progettazione di nuove opere».
Ha pertanto ritenuto nella specie integrato «il caso fortuito esimente», in ragione della ravvisata sussistenza della «prova che fosse stata la vittima -come già motivatamente affermato dal primo giudice- a tenere una condotta di guida inadeguata rispetto alle condizioni ambientali, senza le quali non si sarebbe determinato un così improvviso sbandamento della potente vettura ed un così violento impatto contro la scarpata destra».
Orbene, siffatto assunto è erroneo.
La corte di merito ha infatti omesso di indicare su quali basi abbia ravvisato la condotta nella specie mantenuta dal defunto (OMISSIS) quale causa esclusiva del sinistro in argomento, e come sia pervenuta a considerarla idonea ad “interrompere” il nesso di causalità tra la cosa e il danno.
Nell’affermare che il sinistro è stato nella specie causato dall’eccessiva velocità di crociera mantenuta dal conducente del veicolo, la corte di merito ha invero del tutto trascurato di considerare la resistenza che una barriera protettiva di sicurezza avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo e di vagliare quali conseguenze -differenti o meno- ne sarebbero in tal caso scaturite (cfr. Cass., 12/5/2015, n. 9547).
Non ha cioè giudizialmente accertato se la presenza della roccia lavica ai margini della carreggiata richiedesse nella specie l’apprestamento di soluzioni idonee ad evitare la fuoriuscita di un veicolo, (non deliberatamente voluto ma) da colpa (-quand’anche grave- o da malore) del conducente determinato (cfr. Cass., 29/5/2015, n. 11159), e scientificamente valutato quali sarebbero state le conseguenze dell’urto contro una barriera protettiva, anche in caso di fuoriuscita ciononostante verificatasi (cfr. Cass., 8/8/2007, n. 17377 ).
Nel limitarsi ad apoditticamente escludere che «la presenza delle rocce laviche integrasse una situazione di oggettiva pericolosità tale da imporre la collocazione di barriere», non essendovi dubbio «che la scarpata ascendente, pur se di natura rocciosa, non dovesse proteggersi con apposite barriere, la relativa «esistenza» apparendo invero «connaturata all’ambiente locale» nonché «idonea in sé a svolgere la funzione di contenimento dei veicoli in svio», né potendo d’altro canto «i massi sporgenti dal relativo profilo ma comunque collocati in posizione rialzata rispetto alla sede stradale … considerarsi assimilabili agli “ostacoli fissi isolati” esemplificati dalla norma» di cui all’«allegato 1 al D.M. 223/92», la corte di merito si è invero limitata ad una motivazione in realtà meramente apparente (cfr. Cass., 12/5/2015, n. 9547), e pertanto inesistente (cfr. Cass., 16/2/2021, n. 4030; Cass., 20/11/2018, n. 29898; Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), omettendo di compiere una specifica disamina, richiesta e giustificata -se non da specifiche norme tecniche- dalla norma primaria del neminem laedere, al fine di accertare se e in quale misura l’apposizione di una barriera per quel tipo di strada e di «scarpata ascendente di natura rocciosa», avrebbe potuto impedire la fuoriuscita del veicolo dalla sede stradale o altrimenti comunque ridurne le conseguenze (cfr. Cass., 12/5/2015, n. 9547).
Atteso quanto sopra rilevato ed esposto, in accoglimento p.q.r. del 4°, 5° e 6° motivo di ricorso, rigettati i primi 3 motivi motivo di ricorso nei termini e limiti sopra esposti, nonché assorbiti ogni altra questione e diverso profilo, dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Messina, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese di giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione.
Cassa in relazione all’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese di giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Messina, in diversa composizione.
Roma, 28/09/2020.
Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2021.