Sanzionati i medici gemelli che si scambiano l’impiego (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 27 gennaio 2022, n. 2405).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8106-2016 proposto da:

(OMISSIS) MAURIZIO, (OMISSIS) MARZIANO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA (OMISSIS) 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE – ATS DELLA BRIANZA (GIA’ AZIENDA SANITARIA LOCALE DELLA PROVINCIA DI LECCO), in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS) 30, presso lo studio ALFREDO (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati ANNALISA (OMISSIS), GABRIELLA (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 609/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/09/2015 R.G.N. 1140/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2021 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, visto l’art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 28 settembre 2015, la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione resa dal Tribunale di Lecco e rigettava la domanda proposta da Maurizio e Marziano (OMISSIS) nei confronti della ASL della provincia di Lecco, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti disciplinari deliberati a carico dei predetti dal Collegio arbitrale regionale della Lombardia e delle deliberazioni della ASL di Lecco che li avevano recepiti ed in esito ai quali era stata loro irrogata la sanzione della revoca del rapporto convenzionale già in essere con i predetti medici e la stessa ASL.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto insussistenti i denunciati vizi formali relativi al rispetto dell’unico termine a difesa dato dalla fissazione dell’audizione a 20 giorni dalla contestazione, all’effettività dell’esercitato diritto di difesa, alla regolarità della svolta audizione, alla corrispondenza tra gli addebiti contestati e quelli posti a base della sanzione, risultando, tra i primi, ricompresi quelli connessi alla vicenda, assurta agli onori delle cronache televisive, che vedeva uno dei due fratelli (OMISSIS), Maurizio, avvalersi della circostanza di condividere con il fratello gemello, Marziano, il medesimo studio per l’esercizio dell’attività convenzionata oltre che della parziale omonimia per occuparsi stabilmente anche dei pazienti del fratello, al fine di consentire a quest’ultimo di esercitare con agio l’attività libero professionale di odontoiatra presso altro studio collocato dirimpetto a quello dedicato all’attività convenzionata;

ritenuto sussistenti, in quanto adeguatamente provati, gli stessi addebiti ed inconsistenti le giustificazioni date dall’ammissibilità delle sostituzioni, comunque effettuate ad di fuori delle condizioni previste, risultava legittima, pertanto, la sanzione irrogata.

Per la cassazione di tale decisione ricorrono i fratelli (OMISSIS), affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la ASL di Lecco;

Il procuratore generale ha depositato la sua requisitoria, concludendo per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

– Con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost, 7 I. n. 300/1970 e 30 ACN per la disciplina dei rapporti in convenzione, lamentano a carico della Corte territoriale l’erroneità del pronunciamento in ordine alla correttezza formale del procedimento disciplinare, viziato, a loro dire, dalla compromissione del diritto di difesa e dalla non corrispondenza degli addebiti contestati rispetto a quelli assunti a fondamento del provvedimento sanzionatorio.

– Con il secondo motivo, denunciando genericamente la violazione e falsa applicazione di norme di legge e di accordi collettivi in una con l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, i ricorrenti imputano alla Corte territoriale la mancata considerazione della ricorrenza di disposizioni ammissive della sostituzione tra medici di base e dell’acquiescenza nei fatti mostrata dalla ASL ad una simile prassi operativa, idonea ad escludere la rilevanza disciplinare degli addebiti poi sanzionati, qualificati ancora non coincidenti con quelli contestati, per essere la “sostituzione abituale” che la Corte territoriale dichiara essere l’addebito comprovato rispetto alla “sostituzione sistematica” oggetto di contestazione.

– Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c. ed il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettata in relazione alla valutazione circa l’attendibilità di uno dei testi escussi e più in generale all’apprezzamento del materiale istruttorio con particolare riferimento all’inidoneità dei locali ove era esercitata l’attività per essere quella circostanza prevalentemente desunta dalla predetta testimonianza da qualificarsi inattendibile in quanto proveniente da soggetto imputato di interesse privato nella sua attività di vigilanza.

– Il primo motivo deve ritenersi infondato, dovendosi convenire con la lettura operata dalla Corte territoriale sia della normativa posta a presidio della regolarità del procedimento disciplinare – che vede tale normativa limitata, quanto al profilo della garanzia di difesa, alla fissazione dell’audizione dell’incolpato con il rispetto di un termine a difesa, che la Corte territoriale dichiara nella specie rispettato, con affermazione che non trova puntuale smentita nel ricorso de quo, pari a 20 giorni dall’invio della contestazione, per essere stata ritenuta non operante nella fattispecie la disposizione, dettata per i soli procedimenti relativi agli addebiti meno gravi, che assegna il medesimo termine di venti giorni per la presentazione di controdeduzioni, e ciò sulla base di una interpretazione, qui non fatta oggetto di specifica censura, che configura le controdeduzioni come alternative all’audizione, di per sé non soggetta ad alcuna regola quanto al contraddittorio ed alla verbalizzazione – sia della lettera di contestazione, valutata in termini plausibili e, comunque, qui solo genericamente contestati, come complessivamente diretta ad imputare ai ricorrenti comportamenti tutti riconducibili alla vicenda diffusa dai media per cui Maurizio (OMISSIS) provvedeva alla cura dei pazienti del fratello gemello Marziano, nell’unico studio dai due, pur titolari di due distinte convenzioni implicanti l’uso di due studi medici, attrezzato per lo svolgimento dell’attività convenzionata, mentre quest’ultimo attendeva presso altro studio alla propria attività libero professionale di odontoiatra.

– Inammissibili, di contro, risultano il secondo ed il terzo motivo, non misurandosi le censure ivi formulate con le argomentazioni in base alle quali la Corte territoriale, da un lato, ha ritenuto di dover escludere l’ammissibilità in diritto e in fatto di un fenomeno di sostituzione di un professionista ad un altro, correttamente considerato non riconducibile alla previsione contrattuale che contempla una simile evenienza né tale da integrare l’acquiescenza della ASL per aver questa acconsentito a che vi fossero tra i fratelli sostituzioni ritenute ordinarie, in quanto destinato a concretarsi nel sostituirsi di uno di essi nello svolgimento integrale dell’attività dell’altro per consentire a questi l’esecuzione di una diversa attività lavorativa; dall’altro, ha giustificato, facendo plausibile riferimento all’irrilevanza sulla sua posizione di testimone nel presente giudizio della vicenda penalistica che lo aveva coinvolto, la ritenuta attendibilità del teste, valutazione, del resto, rimessa all’apprezzamento del giudice del merito.

– Il ricorso va, dunque, rigettato.

– Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 novembre 2021.

Depositata in Cancelleria, addì 27 gennaio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.